venerdì 22 maggio 2020

Gli ultimi giapponesi


Da tempo scriviamo che appare allarmante il fatto che di Rai, di Servizio Pubblico, si parla e si scrive poco o nulla (come oggi, appunto). Molti condividono l’opinione secondo la quale sta venendo sempre meno la sua centralità e rilevanza nel panorama sociale, culturale e tecnologico del Paese. Si rischia di confondere l’aumento del numero di telespettatori dovuto al Coronavirus con la sua legittimità o necessità.

Siamo indotti, nostro malgrado, a cominciare a pensare che ci dobbiamo abituare a sostanziali mutamenti. Il primo, piccolissimo, riguarda questo blog: dobbiamo rivedere le maiuscole e minuscole che adoperiamo quando scriviamo di servizio pubblico. Finora abbiamo sempre utilizzato le maiuscole: il Servizio Pubblico, e così abbiamo inteso sottolineare la specificità, l’unicità, l’essenzialità e l’indispensabilità di un servizio audiovisivo di carattere generalista e universale con l’obiettivo specifico di fornire al Paese informazione, educazione e intrattenimento. Aggiungiamo: nell’interesse generale e senza finalità di lucro.

Ebbene, consapevoli di addentrarci in un terreno molto complesso e delicato, progressivamente e inesorabilmente siamo indotti a ritenere che tutti questi servizi “al“ pubblico vengono proposti, in modo differenziato, articolato e seppure con finalità commerciali (perseguite anche da Rai), anche da altri soggetti che talvolta sono anche migliori di quelli offerti da Viale Mazzini. Il Servizio Pubblico, per come lo abbiamo conosciuto, difeso e sostenuto finora, sarà e dovrà essere necessariamente diverso. Questo processo, già presente da tempo e avvertito non solo su questo blog, volente o nolente si sta facendo strada sempre più velocemente e la crisi drammatica del Coronavirus potrebbe accelerarlo. Gli ingredienti ci sono tutti: la politica anzitutto che annaspa da tutte le parti ed essa stessa è nel pieno della sua crisi esistenziale tra governi “tecnici e di emergenza”. In secondo luogo per conto suo l’Azienda sembra tutta avviluppata al suo interno, alle prese con gli eterni giochetti del totonomine, di chi c’è e di chi ci sarà, in buona compagnia di tanta parte della stampa che si occupa di Rai solo quando si tratta di scrivere gossip o avventurarsi in qualche fantomatica quanto misteriosa storia di mail, di viaggi per interviste di complesso significato. Dal suo interno, arrivano voci di preoccupazione per il presente e per il futuro: non ci sono soldi per investimenti in nuovi prodotti e servizi per la produzione e la sola politica industriale che si sta perseguendo è quella dei tagli o dell’ efficientamento.  Infine, ma non meno importante, il solito tema delle risorse, in particolare, del canone che rimane in attesa della prossima bordata indirizzata alla sua riduzione o taglio.

Per tutto il resto, tra Task force di varia natura, Direzione Nuovi format e gruppi di lavoro tutti chiusi al loro interno, non si avvertono segni di vita. Dall’esterno, riferito a tutti coloro che gravitano intorno al  sistema dell’audiovisivo, non arrivano indicazioni, idee, suggerimenti, proposte: l’ultima volta che qualcuno  ha sollevato un battito di ciglio è stato un incontro promosso dal Senatore Di Nicola lo scorso autunno sul futuro della governance di Viale Mazzini. Dopo di ché, da ricordare, solo l’appello www.manifestoperunanuovarai.it che sta raccogliendo crescenti adesioni (da alcuni giudicato con la puzzetta sotto il naso ma intanto nessuno ha proposto di meglio).  Infine i prodotti, i contenuti: il grande sport è pressoché  scomparso ben da prima del Covid;  l’intrattenimento è fermo a Checchennina, da Domenica in o L’eredità, mentre infuriano repliche e fondi di magazzino e Un Posto al sole festeggia 24 anni di anzianità; di cinema lasciamo perdere: per vedere un buon film in prima serata su Rai Uno è necessario aspettare Natale con la Principessa Sissi. Non resta che attendere il prossimo Sanremo o il discorso del Presidente della Repubblica per poter ribadire con enfasi che “la Rai è leader negli ascolti”. Rimane la radio e l’informazione. Della prima si parla e si scrive poco, eppure nonostante che le reti Rai non siano tra le prime, raggiunge buona parte della popolazione e concorre in modo rilevante alla formazione del “sentimento nazionale” . Sull’informazione si può dire che a fronte di oltre 1500 giornalisti in organico (dei quali circa 200 a Rai News 24) si potrebbe fare di meglio e di più.

Questo blog non vorrebbe far parte della nutrita e affollata schiera degli ultimi giapponesi che non si accorgono che la guerra, prima ancora di cominciare, è già finita. Gli avversari potrebbero aver già vinto e non ce stiamo accorgendo. Forse, potrebbe esserci ancora speranza però, per questo, ci vuole coraggio.
bloggorai@gmail.com

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