Questa mattina ci occupiamo di cultura. Leggiamo un testo di
Pupi Avati pubblicato oggi su La Stampa (ripreso da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere) : “Cambiamo la tv. È ora di far crescere
culturalmente il Paese … E allora mi chiedo perché in questo tempo sospeso fra
il reale e l'irreale, come in assenza di gravità, i media e soprattutto la tv e
soprattutto la Rai, ... in un momento particolare per il Dio Mercato al quale
dobbiamo la generale acquiescenza all'Auditel, non approfittino di questa
tregua sabbatica di settimane, di mesi, per sconvolgere totalmente i loro
palinsesti dando al Paese l'opportunità di crescere culturalmente. Perché non
si sconvolgono i palinsesti programmando finalmente i grandi film, i grandi
concerti di musica classica, di jazz, di pop, i documentari sulla vita e le
opere dei grandi pittori, dei grandi scultori, dei grandi architetti, la
lettura dei testi dei grandi scrittori, la prosa, la poesia, la danza? Insomma
perché non diamo la possibilità a milioni di utenti di scoprire che c'è altro
al di là dello sterile cicaleccio dei salotti frequentati da vip o dai soliti
opinionisti? Perché non proporre quel tipo di programmazione che fa rizzare i
capelli ai pubblicitari? Perché non approfittiamo di questa speciale
opportunità per stravolgere i vecchi parametri contando sull'effetto
terapeutico della bellezza? Il mio appello va al Presidente, al Direttore
Generale e al Cda della Rai affinché mettano mano a un progetto così ambizioso
e tuttavia così economico”.
Sottoscriviamo pienamente questo appello: utilizzare
il canale 54 di Rai Storia per farlo diventare un canale Rai Cultura potrebbe costare
poco e rendere moltissimo soprattutto per il bene del Servizio Pubblico, per il
bene del Paese, per il bene di tutti noi. Come detto nei giorni scorsi: una iniziativa
del genere sarebbe dovuta partire dall’interno della Rai, sarebbe dovuta
nascere nel cuore e nella testa di chi ha in mente un’Azienda diversa, ora più
di prima. In tutto questo si racchiude esattamente il cuore dei problemi di Viale
Mazzini: una governance rinchiusa su se stessa, afona, che si limita a gestire
il dopo e quasi mai il prima. Sembrano tutti capaci ad essere bravi il giorno
dopo.
A proposito di cultura: domani si terrà il Dantedì e volentieri
pubblichiamo il testo del comunicato di TecheRai: “L’omaggio delle Teche Rai per
il “Dantedì”, 25 marzo.
Una sola voce per tutte le reti Rai: quella del Sommo Poeta.
Rai e Rai Teche, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del
Ministero dei Beni culturali, partecipano al “Dantedi” di mercoledì 25 marzo
con l’iniziativa “Dante per un giorno”. Le principali reti televisive del
Servizio Pubblico, durante tutto l’arco della giornata, manderanno in onda
pillole d’archivio di grandi attori che leggono alcune terzine della “Divina
commedia”: da Vittorio Gassman a Giorgio Albertazzi, da Anna Proclemer a
Carmelo Bene, da Benigni a un’inedita Samantha Cristoforetti. Vere e proprie
incursioni nel palinsesto generalista che porteranno nelle case degli italiani
i versi più famosi della Commedia, e le voci più grandi del teatro e del cinema
italiano”.
Per tutto il resto oggi di interessante c’è solo un articolo
a firma Marco Mele sul Quotidiano del Sud con il titolo “Il piano industriale
Rai finisce in quarantena” dove si legge della situazione all’indomani
del congelamento del piano da parte del Cda Rai avvenuto la settimana scorsa. Sul
tema vale la pena riportare un trafiletto di Dagospia: “Il livello di
sopportazione dei dem per la Rai di Salini è ben oltre il livello massimo a
maggior ragione dopo il rinvio dell'implementazione del piano industriale (dal
Nazareno considerano lo stop al piano come la fine anche della gestione
Salini). "Per ora restiamo in silenzio. Ma questa situazione d'emergenza
finirà...". Ecco, appunto: l’emergenza, speriamo presto, finirà e allora
sarà necessario tirare qualche conto. Speriamo presto.
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