mercoledì 4 marzo 2020

La guerra dei Virus


In Media Stat Virus. 
Ormai è accertato: ci sono in giro due virus. Il primo è quello “cattivo” che fa male alle persone, il secondo pure e forse, per certi aspetti, è pure più pericoloso. Dal primo, come dispone il Governo, ci si può difendere con misure preventive come, ad esempio, non salutarsi con baci, abbracci e strette di mano (è consentita una strizzatina d'occhio, da usare con prudenza, potrebbe essere equivocata). Dal secondo ci si può difendere riducendo la quantità di esposizione ai vari cellulari, radio, televisori e giornali. Attenzione: abbiamo scritto quantità, non qualità perché è obbligatorio e doveroso essere informati, aggiornati, approfonditi.

Gli “untori” del secondo agente patogeno sembrano essere principalmente la televisione e i “social”. In entrambi la quantità complessiva, il volume totale, di informazioni, immagini, commenti e pareri è tale da aver ingenerato quella che ormai viene definita “infodemia”. Con una particolare aggravante: si diffonde con una velocità di gran lunga superiore al VirusCorona.

Cosa ci si deve attendere dal Servizio Pubblico in questa circostanza è una domanda che ci pone da giorni ma ancora non abbiamo trovato risposta. Abbiamo di fronte l’editoriale del direttore del Corriere, Luciano Fontana, di domenica scorsa: rispondendo ad un lettore che chiedeva di non parlare in prima pagina del virus, scrive “informare è necessario, altrettanto necessario farlo con oggettività, serietà e senza provocare allarmi che vadano oltre la realtà”. Sarebbe utile se qualcuno, a Viale Mazzini o pure a Saxa Rubra, si ponesse lo stesso problema di dialogare con il proprio pubblico, ci mettesse la faccia e parlasse ai cittadini, a coloro che pagano il canone per dire qualcosa … qualsiasi cosa di sensato e ragionevole, di utile e necessario.  Invece, ci si perde nella nebbia dell’incertezza, di segnali confusi come quello del Cda di domani che si svolgerà un pezzo a Milano e un altro pezzo a Roma dove,  peraltro, non ci saranno le attese nomine dei Tg, tanto per alimentare ulteriormente polemiche.

Come pure non ci sarà l’attesa votazione per il consiglio Agcom e come potrebbe essere rinviato il referendum costituzionale previsto il prossimo 29 marzo.

Come abbiamo scritto ieri, cerchiamo di ricostruire cosa è successo in Rai durante questa prima metà mandato del vertice in carica. Iniziamo con un tema strategico: le tecnologie. Anzitutto per la parte che gli dedica il famoso Piano Industriale (su questo specifico aspetto torneremo con una nota a parte). Il Piano è tutto concentrato sulla ristrutturazione interna, la verticalizzazione delle reti, e affronta solo in parte residua la sfida tecnologica quando invece è noto che proprio su questo terreno verrà combattuta la madre di tutte le battaglie audiovisive con il passaggio dal broadcast al broadband. Da ricordare anzitutto che siamo entrati da poche settimane nel pieno vortice dello switch off al DVB-T2 che, a quanto sembra, non suscita particolare interesse a Viale Mazzini (e uno tra i pochi dirigenti, Roberto Serafini, che di questo argomento ne sapeva qualcosa – eufemismo – è stato lasciato uscire con incentivo !!!). Come ci ha detto un autorevolissimo dirigente “… tanto  che gli frega … quando si vedranno le conseguenze negative … loro saranno fuori”. In ordine, negli ultimi mesi, è successo che: Piero Gaffuri, direttore  Trasformation Office, si è dimesso; il CTO Stefano Ciccotti si è trasferito a Via Teulada; Clara Isola e Giorgio Fatale sono incentivati; Alberto Morello, direttore del CRIT di Torino, uscito e, infine, tra poco potrebbe lasciare anche Gianluca Balestrieri. Evidente che in alcuni casi ci potrebbero essere privatissimi motivi personali che non dovrebbero riguardare nessun altro se non gli interessati. Ma altrettanto evidente che questo esodo potrebbe avere conseguenze negative per l’Azienda. E chi ne ha la responsabilità in prima persona?

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