In Media Stat Virus.
Ormai è accertato: ci sono in giro due
virus. Il primo è quello “cattivo” che fa male alle persone, il secondo pure e
forse, per certi aspetti, è pure più pericoloso. Dal primo, come dispone il
Governo, ci si può difendere con misure preventive come, ad esempio, non salutarsi
con baci, abbracci e strette di mano (è consentita una strizzatina d'occhio, da usare con prudenza, potrebbe essere equivocata). Dal secondo ci si può difendere riducendo
la quantità di esposizione ai vari cellulari, radio, televisori e giornali.
Attenzione: abbiamo scritto quantità, non qualità perché è obbligatorio e
doveroso essere informati, aggiornati, approfonditi.
Gli “untori” del secondo agente patogeno sembrano essere
principalmente la televisione e i “social”. In entrambi la quantità
complessiva, il volume totale, di informazioni, immagini, commenti e pareri è
tale da aver ingenerato quella che ormai viene definita “infodemia”. Con una
particolare aggravante: si diffonde con una velocità di gran lunga superiore al
VirusCorona.
Cosa ci si deve attendere dal Servizio Pubblico in questa
circostanza è una domanda che ci pone da giorni ma ancora non abbiamo trovato risposta. Abbiamo di fronte l’editoriale
del direttore del Corriere, Luciano Fontana, di domenica scorsa: rispondendo ad
un lettore che chiedeva di non parlare in prima pagina del virus, scrive “informare
è necessario, altrettanto necessario farlo con oggettività, serietà e senza
provocare allarmi che vadano oltre la realtà”. Sarebbe utile se qualcuno, a Viale
Mazzini o pure a Saxa Rubra, si ponesse lo stesso problema di dialogare con il
proprio pubblico, ci mettesse la faccia e parlasse ai cittadini, a coloro che
pagano il canone per dire qualcosa … qualsiasi cosa di sensato e ragionevole,
di utile e necessario. Invece, ci si
perde nella nebbia dell’incertezza, di segnali confusi come quello del Cda di
domani che si svolgerà un pezzo a Milano e un altro pezzo a Roma dove, peraltro, non ci saranno le attese nomine dei
Tg, tanto per alimentare ulteriormente polemiche.
Come pure non ci sarà l’attesa votazione per il consiglio
Agcom e come potrebbe essere rinviato il referendum costituzionale previsto il
prossimo 29 marzo.
Come abbiamo scritto ieri, cerchiamo di ricostruire cosa è
successo in Rai durante questa prima metà mandato del vertice in carica.
Iniziamo con un tema strategico: le tecnologie. Anzitutto per la parte che gli
dedica il famoso Piano Industriale (su questo specifico aspetto torneremo con
una nota a parte). Il Piano è tutto concentrato sulla ristrutturazione interna,
la verticalizzazione delle reti, e affronta solo in parte residua la sfida tecnologica
quando invece è noto che proprio su questo terreno verrà combattuta la madre di
tutte le battaglie audiovisive con il passaggio dal broadcast al broadband. Da ricordare
anzitutto che siamo entrati da poche settimane nel pieno vortice dello switch
off al DVB-T2 che, a quanto sembra, non suscita particolare interesse a Viale
Mazzini (e uno tra i pochi dirigenti, Roberto Serafini, che di questo argomento
ne sapeva qualcosa – eufemismo – è stato lasciato uscire con incentivo !!!).
Come ci ha detto un autorevolissimo dirigente “… tanto che gli frega … quando si vedranno le
conseguenze negative … loro saranno fuori”. In ordine, negli ultimi mesi, è
successo che: Piero Gaffuri, direttore Trasformation
Office, si è dimesso; il CTO Stefano Ciccotti si è trasferito a Via Teulada; Clara
Isola e Giorgio Fatale sono incentivati; Alberto Morello, direttore del CRIT di
Torino, uscito e, infine, tra poco potrebbe lasciare anche Gianluca
Balestrieri. Evidente che in alcuni casi ci potrebbero essere privatissimi motivi
personali che non dovrebbero riguardare nessun altro se non gli interessati. Ma
altrettanto evidente che questo esodo potrebbe avere conseguenze negative per l’Azienda.
E chi ne ha la responsabilità in prima persona?
bloggorai@gmail.com
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