lunedì 16 marzo 2020

Il treno della coesione sociale


Una buona notizia: è stato deciso uno stanziamento straordinario di 40 milioni a favore della Rai per compensare i minori introiti pubblicitari e la sospensione del canone. Ottimo: da utilizzare subito, ad esempio per investirli nei due obblighi del Contratto di Servizio che sarebbero quanto  mai necessari in questo momento, il canale inglese e quello istituzionale.

Ieri un nostro caro e affezionato lettore ha scritto di non sentirsela di esprimere critiche alla Rai in questo momento, evidenziando che si avverte una reazione all’emergenza. Cerchiamo di chiarire il punto di vista di questo blog: si tratta di proporre, di evidenziare ciò che si dovrebbe o non si dovrebbe fare in questo momento proprio per sottolineare la straordinaria opportunità che viene offerta al Servizio Pubblico di riprendere e consolidare il suo ruolo fondamentale nei confronti dei cittadini. Le drammatiche ore e giorni che siamo attraversando offrono infatti la possibilità di essere sulla scena mediatica in modo unico e imparagonabile con quello degli altri operatori.  Sta partendo il treno della coesione sociale come forse mai prima era accaduto: i cittadini, i telespettatori, si organizzano da soli, esprimono la loro partecipazione e vitalità in mille modi, chiedono informazione credibile e qualificata, aggiornata e tempestiva. Si tratta allora di dare vita a spunti anche “creativi” in grado di accompagnare quanto avviene nel Paese in questo momento. Pensiamo alla straordinaria opportunità offerta dalle dirette streaming su YouTube, pensiamo ai flash mob che si organizzano dovunque e alla stessa ora, pensiamo a come fornire un “canale video di ritorno” alle voci e ai volti che a milioni danno fiato alla volontà di andare avanti. Questo è e potrebbe essere Servizio Pubblico,  oltre a già quanto avviene. È fin troppo facile essere abili e capaci il giorno dopo nell’ordinaria amministrazione. La differenza sta nell’esserlo il giorno prima, nella capacità di anticipare e non seguire i fenomeni.  
Si dovrebbe poter dire “Lo ha detto la Rai” e non semplicemente  “Lo ha detto la televisione”.

Ci scrive un altro lettore: in una edizione del Tg3 dei giorni scorsi sono stati intervistati due virologi che hanno fornito due impostazioni completamente diverse sull’opportunità di fare i tamponi a tutti. Scrive il  nostro lettore, e condividiamo pienamente: è necessario che il Sevizio Pubblico adotti una linea, un modello di comunicazione “istituzionale” semplice, chiaro e univoco per non consentire il diffondersi del virus della disinformazione e il diffondersi delle balle via What’sUp. I soggetti che parlano ufficialmente e dai quali si attendono notizie certe sono:  il Governo (nel bene o nel male ma questo è altro discorso),  poi l’Istituto Superiore di Sanità, poi la Protezione Civile e a seguire tutti gli altri.  Non si può e non si deve ingenerare confusione alimentando polemiche utili solo a chi le sostiene. L’Italia deve attenersi a precise disposizioni internazionali dettate dall’OMS e non si può derogare in nome di qualche punto di share. Punto.

A proposito di virologi. Ieri abbiamo scritto che sarebbero state contrattualizzate in Rai due figure, un ex generale dei Carabinieri e un virologo. Sul primo qualcuno si chiede a cosa dovrebbe servire visto che già c'è un dirigente che si occupa di sicurezza, invece non siamo riusciti a sapere il nome del secondo personaggio misterioso. Sarebbe assolutamente necessario sapere chi è, il suo curriculum, il suo approccio al problema che stiamo affrontando, cosa intende fare e che tipo di orientamento propone. Non è irrilevante, non è indifferente.

Altro argomento (che abbiamo affrontato dall’inizio di questa crisi): i minori, le scuole e la formazione a distanza resa obbligatoria dalla chiusura delle scuole e università. Oltre al potenziamento delle trasmissioni nelle reti dedicata appositamente ai bambini e ragazzi, sarebbe utile e necessario predisporre e diffondere una specie di “manifesto” dell’impegno Rai sul fronte editoriale e tecnologico: sapere esattamente come, dove e quando si possono utilizzare materiali (basta pensare all’enorme archivio di Teche Rai e quanto potrebbe essere utile a questo fine) e supporti, fornire tutorial per come attivare procedure e sistemi di comunicazione e relazione tra gruppi.   
  
Da leggere oggi: un fondo di Aldo Grasso sul Corriere dal titolo “La tv fa un passo indietro, con i social c'è un reality di massa” e si legge poi “Ma se la tv è costretta a fare dei passi indietro, i social prosperano. Sono mezzi individuali, che non richiedono le classiche strutture dell'industria tv. E un ambiente dove ci si arrangia. Nascono i generi della quarantena social: la cucina va per la maggiore, insieme al fitness e alla musica. C'è chi ha organizzato un vero e proprio palinsesto quotidiano di dirette social con i vari influencer chiamati all'azione. In questa specie di flusso di coscienza collettivo digitale si mischiano ammirevoli iniziative di beneficienza, occasioni di visibilità, creatività nei nuovi linguaggi, forme di autopromozione”.
Ecco, esattamente in questi termini alla Rai si offre una possibilità più unica che straordinaria: di essere soggetti di una mutazione genetica più forte del Coronavirus, di un cambiamento epocale come forse mai è avvenuto prima. Non si tratta di criticare, ma di pensare ad un futuro possibile del Servizio Pubblico che, comunque, ci verrà addosso.

Infine: molte polemiche in corso sulle disposizioni interne a Viale Mazzini sulle ferie arretrate di dirigenti e giornalisti e sulla creazione di questa “newsroom” affidata ad Antonio Di Bella. Ieri in molti ci hanno riferito una frase ricorrente: “azienda in difficoltà” (forte eufemismo). Torneremo sull'argomento.
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