“… il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i
popoli informati possono fare scelte libere…La comunicazione, infatti, non è
solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti
umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto”.
Ieri mattina abbiamo letto prima l’articolo di Repubblica
con il titolo “La Rai censura i referendum" e poi le parole rivolte
dal Papa agli operatori dell’informazione e della comunicazione. A volere essere
indulgenti, il vertice Rai si meriterebbe una bella scomunica … così ... a priori ... tanto
per fargli capire l’antifona. La parola “referendum” gli si strozza in gola,
pure quando la cronaca politica gli offre un assist formidabile con La Russa
che sostiene “… farò propaganda affinché la gente se ne stia a casa”.
Questa mattina a Via Asiago è previsto il Cda e vedremo
se qualcuno batte i pugni sul tavolo per far capire che così non va. Il Servizio
radiotelevisivo è “pubblico” e non al “servizio” del Governo di turno. Ma, in verità,
non stupisce tanto il silenzio della Rai quanto di chi dovrebbe vigilare: al
netto della paralisi della Vigilanza impossibilitata ad operare (seppure ci
sono sempre i parlamentari che la compongono che potrebbero prendere iniziative
forti) il silenzio grave è dell’Autorità Garante (AgCom) che pure dovrebbe intervenire,
subito. Perché tace?
C’è un tema che ci sta ronzando per la testa da alcuni
giorni e, casualmente, proprio nei giorni scorsi è comparso un titolo su Repubblica
che casca a proposito: “La Rai di destra senza idee prende la strada facile
del trash”. La domanda è: cosa si intende per “trash” e quanto “trash” c’è
nelle trasmissioni Rai? Ovviamente, non ci interessa porre la stessa domanda
per quanto riguarda Mediaset.
Intendiamoci subito, in premessa: non ci interessa tanto e
solo porre questioni “morali” seppure non sono certo irrilevanti per il Servizio
Pubblico e potrebbero avere grande dignità. La televisione non è mai neutra in questo
ambito e non a caso vi abbiamo proposto di vedere o rivedere Il Quinto Potere
di Sidney Lumet. Chiunque si occupa di televisione dovrebbe sapere a
memoria scene e citazioni fondamentali tratte dal film. In particolare, laddove
nella storia raccontata si cerca di ottenere grandi ascolti con quanto di
peggio sia in grado di far alzare lo share. Ci interessa invece sapere e capire
se è vero che pure la Rai è interessata a questo fenomeno e non solo di “questa”
Rai di destra come scrive la Vitale su Repubblica. Ne abbiamo già parlato
quando abbiamo sollevato il dubbio sul “successo scintillante” di Sanremo 2025,
ovvero il Festival del Governo “cuoricini … cuoricini”. In soldoni: quale è il
rapporto tra “trash” e ascolti? Questo “genere” non codificato ma molto
praticato è una macchina da ascolti?
La questione “esistenziale” su cosa si intende per “trash”
in televisione se la era già posta Barbara D’Urso quando venne repentinamente
abbandonata da Canale 5: “Posso fare una domanda? Mi spiegate, perché ancora
non l’ho capito, che cosa significa fare televisione trash? Questo oggi è trash
ma domani non lo è più. Quello che fa la d’Urso è trash ma quello che fa un
altro non lo è. Questo è trash, questo no. Oggi sì, domani no. Ma che è? Guardando
la televisione adesso, il trash non c’è più. Io non sono più in televisione –
momentaneamente – ed è sparito il trash. Sono magica”. Ora però sembra, si
legge, che proprio la D’Urso potrebbe approdare sugli schermi Rai: leggiamo su
Repubblica “Il fatto è che la Regina del trash è considerata ai piani alti dell’emittente
di Stato un jolly indispensabile per risalire la china. Benvenuta a bordo … e
che bordo!!!
Chiediamo aiuto alla Treccani su cosa si intende per “trash”:
“prodotto (libro, film, spettacolo televisivo e sim.) caratterizzato da cattivo
gusto, volgarità, temi e soggetti scelti volutamente e con compiacimento per
attirare il pubblico con quanto è scadente, di bassa lega, di infimo livello
culturale: un film, una trasmissione t.; per estens., di cattivo gusto: un
arredamento, una scenografia trash. 2. s. m. Orientamento del gusto basato sul
recupero, spesso compiaciuto e esibito, di tutto quanto è deteriore, di cattivo
gusto, di pessima qualità culturale: il diffondersi del t.; i teorici del t.;
il t. televisivo; la sottocultura del trash”.
Ci avviciniamo alla Rai e la prendiamo da lontano: ricordate
la famosa trasmissione di Raffaella Carrà in onda dal 1983 dove si chiedeva
quanti fossero i fagioli contenuti in una scatola? Già da allora qualche germe
del “trash” si stava seminando e da varie parti in tanti anni, non solo di
destra, sembra aver germogliato. Ieri notte, ancora una volta (sembra che il
tema interessa alquanto) su RaiTre si parlava e si approfondivano le “problematiche”
del noto locale milanese oggetto di attenzioni di polizia giudiziaria per giochini
e traffici di droghe e prostituzione. Si trattava di “trash”? Quando su Rai Due
a Belve spesso e molto volentieri si gira intorno al “porno soft” con domande “maliziose”
e ricche di sottintesi pruriginosi siamo nel “trash”? E, tanto per rimanere nel
genere, riponiamo una domanda: Il gioco dei pacchi su Rai Uno con le sue
evidenti e indiscutibili caratteristiche di gioco d’azzardo puro, a suo modo, si
può considerare “trash”??? Andiamo avanti.
bloggorai@gmail.com
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