Non ci volevamo credere eppure è successo. Un incubo si è materializzato. Nosferatu,
Frankestein, Dracula, il Lupo Mannaro, la saponificatrice di Correggio e il Mostro
di Nerola si sono dati appuntamento al Quartiere Prati dove ora si trova dispersa
l’ex sede di Viale Mazzini ed hanno convenuto di creare un nuovo Mostro, una
orribile larva che si insinua dentro i meandri di “questa” Rai.
Sabato sera Rai Uno ha mandato in onda in prima serata uno “speciale”
di Techedeche pure con un sottotitolo “A gentile richiesta”. Tutto questo dopo
il meschino fallimento di “Ne vedremo delle belle” chiuso in anticipo quando all’ultima
puntata ha raccimolato il 12,7 con 1,9 mln di telespettatori. Techedeche invece
sabato sera ne ha visto incollati sullo schermo 1,7 mln con l’11,8% di share. Se
qualche genio dell’ex Viale Mazzini avesse voluto fare di più e meglio, poteva
proporre Sandokan, la Tigre di Mompracen, i Promessi sposi o la 28a replica di
Montalbano (una puntata qualsiasi porta a casa almeno il 18% con quasi tre milioni
di telespettatori).
Uno che in genere la tocca piano sulla Rai, Aldo Grasso,
oggi scrive sul Corriere “Mai vista tanta povertà di linea editoriale …Siamo prigionieri
del ricordo, incapaci di guardare avanti; forse perché il passato è più
rassicurante, più consolatorio; forse perché la nostalgia è canaglia; forse
perché la televisione è una fabbrica della nostalgia. Ormai l'atto stesso di
guardare la tv è uno sguardo rivolto solo all'indietro”.
La Rai per Villa Arzilla, con il suo pubblico di età media stabilmente
over 60 e passa, attenzione non nasce con Telemeloni. Le gradi stagioni dei tanti
personaggi e di tanti programmi stagionati che animano gli schermi Rai sono in
corso da anni, da decenni: da Bruno Vespa a Mara Venier, da Un Posto al sole alle
riedizioni di un Don Matteo a caso e così via trotterellando. C’è un problema
non solo e non tanto di ascolti, non solo e non tanto di “pubblico della Tv”
che progressivamente, lentamente e inesorabilmente abbandona il teleschermo Rai
ma un banale, semplice, problema di proposta editoriale complessiva, di tutte le
reti generaliste del Servizio Pubblico. La crisi di RaiDue è ormai consolidata,
quella di RaiTre pure: quando un programma raggiunge il 4% di share lo considerano
quasi un successo e stappano prosecco millesimato. Eppure, di tutto questo, ottusamente
molti (qualcuno in particolare) fanno finta di non sapere, si girano dall’altra
parte, non gli scappa un Comunicato stampa nemmeno sotto tortura.
L’altro giorno il Corriere ha pubblicato un pezzo con il titolo
“Se con Barcellona-Inter le tv private fanno servizio pubblico” riferita alla
partita andata inonda in chiaro su Tv8 con ascolti importanti: il 27,9% e
circa 5,6 mln di telespettatori. Lo abbiamo già scritto: il “genere” grande
calcio è stato abbandonato dalla Rai se non per le partite della Nazionale trasmessa
solo per obbligo di Legge, altrimenti forse nemmeno più quella. Il problema è
che il calcio costa e soldi non ce ne sono. Secondo quanto si legge su Italia
Oggi, a firma Claudio Plazzotta, a Rai e Mediaset non converrebbe investire in
un “genere” di questo tipo, specie per un evento “one shot” dove gli introiti
pubblicitari potrebbero non essere tali da giustificare l’investimento,
piuttosto invece si tratta di una importante operazione di immagine per l’emittente
che li trasmette. Domandina: ma la Rai non ne ha bisogno di qualche piccola
operazione di immagine?
Torniamo al titolo di cui sopra ed estendiamo la domanda: chi fa oggi “servizio pubblico radiotelevisivo”? Forse, non più e non solo la Rai. Forse, era proprio questo il disegno oscuro che si voleva realizzare: una Rai subalterna, marginale, accessoria che, quando pure va bene, appare complementare ad altri disegni, ad altri interessi.
bloggorai@gmail.com
ps: chissà se "qualche" consigliere avesse mai voglia di rispondere alla nostra lettera su Rai Way. Se mai gli dovesse servire, abbiamo ampia documentazione che gli prestiamo volentieri.
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