Nei giorni scorsi abbiamo fatto un titolo con “Vietnam”. Ci
siamo sbagliati: in quel caso si trattava di un esercito di contadini scalzi
agguerriti e determinati guidati da un
valoroso generale, Võ Nguyên Giáp, contro il più formidabile esercito del
mondo. In questo caso, a Viale Mazzini, si assiste ad una guerra che non è
nemmeno per bande ma per “aggregati occasionali”. Quanto successo ieri in Cda
non meriterebbe attenzione più di tanto: cose simili se ne sono già viste. Con una
differenza sostanziale: l’AD ha pieni poteri conferiti dalla Legge e non da
ieri. Il tema è che non li ha saputi,
potuti o voluti esercitare.
Ieri abbiamo citato il Giulio Cesare: ci aggiorniamo e
provate voi a sistemare i vari personaggi sulla scena per capire chi è Bruto e chi Cassio. Foa, astenendosi su tutta la linea, riferito a Salini ha motivato il voto «per
i modi, i contenuti, i percorsi di scelta, la mancanza di trasparenza,
l'assenza totale di interlocuzione con l'amministratore delegato, la fumosità
nelle procedure, i pasticci incomprensibili». La Borioni si è astenuta “per non
fare figli e figliastri”. Laganà avrebbe chiesto lo “spacchettamento” delle
singole votazioni, ottenendola e determinando così le maggioranze variabili.
Della Coletti sorvoliamo. Per il resto, ogni personaggio ha recitato la sua
parte. Ci soffermiamo solo su due aspetti. Il primo riguarda la Borioni (PD)
che aveva minacciato di votare contro e da tempo è in rotta di collisione con l’AD.
Leggiamo in proposito da La Stampa “convinta nella notte dalla linea più
morbida di Franceschini, ha sostenuto che la sua astensione non è un atto
d'indulgenza verso Salini che non «sa gestire l'Azienda»”. Ma, ci chiediamo, se
questo è il suo pensiero, che senso ha astenersi? Il senso c’è e lo vedremo più
avanti.
Altro discorso riguarda il consigliere espresso dai
dipendenti Rai. Anzitutto non si capisce affatto il senso della battaglia per
lo spacchettamento del voto. Si trattava e si tratta di una iniziativa globale
e complessiva, nel solco di quello che dovrebbe essere l’avvio del piano industriale (verso il quale a suo tempo ha votato contro).
E come tale andrebbe giudicata e votata. Per quanto sappiamo, è come dire “si …
però Tizio va bene invece Cacio no ..comunque
… vedremo ... chissà ...”. Su Repubblica, Giovanna Vitale scrive : ”vero ago della contesa, ha fatto un po' e un po' “. È
apprezzabile e stimabile il suo lavoro ma si fatica spesso a comprendere l’indirizzo
di alcune sue scelte.
Come altro si può leggere quanto avvenuto ieri?
Anzitutto da non dimenticare
A) che si tratta di nomine attese e rinviate da mesi
B) che avrebbero dovuto comprendere anche le testate
C) che avrebbero dovuto comprendere anche la
formalizzazione di obblighi da Contratto di servizio come, ad esempio, il
canale in inglese e quello istituzionale (che avendo giornalisti al suo interno
ed essendo già stata affidata la direzione a Ferragni dovrebbe rientrare nel
pacchetto testate).
Aggiungiamo un D) per dovere di cronaca e riprendere
quanto detto prima a proposito del PD: siamo alla vigilia del voto del 26 gennaio dove tutti sono in attesa di terremoti politici. Ci dice un nostro autorevole
interlocutore “siamo a Bisanzio e, paradossalmente, Salini ha fatto bene a
rinviare le nomine dei Tg, il giorno dopo le elezioni tutto potrebbe cambiare,
comprese le sorti della sua direzione”. Ok ...ora tutto è chiaro.
Cerchiamo di mettere in fila alcune considerazioni. La
prima si riferisce a Foa: la guerra è dichiarata formalmente. Dopo lo scontro
sulla questione della mail truffa (della quale attendiamo gli esiti giudiziari),
la convivenza tra i due sullo stesso piano del palazzo è assai ardua. In che
termini si può immaginare il governo dell’Azienda in queste condizioni? Il Piano
industriale: si vorrebbe fare credere che queste nomine sono il primo passo. Sono stati nominati soli 4 direttori delle
macrodirezioni lasciando l’interim delle testate: un pasticcio che basta la
metà. Queste sarebbero le condizioni con le quali si avvia il Piano? Per non
dire poi dell’uscita del suo direttore operativo, Piero Gaffuri, che avrebbe
dovuto rappresentare la cinghia di trasmissione di tutta l’innovazione prevista
nel Piano. Perché non si è provveduto subito alla sua sostituzione?
La tecnicalità regolamentare del Consiglio non mette l’AD
al riparo delle riflessioni sul suo ruolo e sul suo operato, pure sotto l’aspetto”politico”.
Sostenere che nessun nome è stato bocciato con un consiglio sparpagliato è un
eufemismo che cela una debolezza strutturale
assai rilevante. Negarlo è dir poco miope. Se a questo si aggiunge che la “maggioranza
variabile” che ha ottenuto (in alleanza con FdI) non risponde affatto alla maggioranza
di Governo che lo dovrebbe sostenere, il pasticcio è ancora più grave. Per uno che
(notizia mai smentita) si è recato da Zingaretti per aver l’ok alla bollinatura
del PD, non c’è che dire: una novità assoluta. Infine: Sanremo. Ieri si è
svolta la conferenza stampa di presentazione del Festival, senza la direttora
di RaiUno, Teresa De Santis, responsabile di buona parte del progetto di
Sanremo, compresa la direzione di Amadeus. Nota: ieri in Cda si doveva
affrontare la nota di indirizzo della Vigilanza sul conflitto di interessi
degli agenti. Rinviata !!!
Interessante leggere una nota dell’ADN: “Al di là dei singoli voti espressi oggi dal Cda, le nomine di testate e reti proposte dall'ad Rai Fabrizio Salini sono una realtà. E l'amministratore delegato, a quanto si apprende dal suo entourage, è molto soddisfatto perché le nomine di oggi rappresentano il primo passo per la realizzazione del piano industriale. Nessun nome è stato bocciato, fanno notare dall'entourage di Salini. E comunque si è trattato di un parere non vincolante. L'ad ha esercitato i suoi poteri.” Il neretto non è nostro. L’interesse è nel leggere che A) le nomine sono una realtà B) l’AD ha esercitato i suoi poteri.
Last minute: il PD ora è sul piede di guerra per “monitare”
ogni minuto politico dei telegiornali. È bene che sia così, però ci dovrebbe
spiegare pure perché, con loro al Governo, non provvedono immediatamente alla nomina del nuovo consiglio AgCom
e del sottosegretario alle Tlc. Sono loro, in particolare AgCom, i veri arbitri
del problema. Anche in questo caso, i conti non contano, contano le “quote”
alle quali, tutti, sottolineo tutti, sembrano molto interessati.
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