La visita a Roma lo scorso settembre di Sir Tony Hall, CEO
della BBC, ha preannunciato venti di guerra, non solo per l’emittente
britannica di Servizio Pubblico. Ieri pomeriggio, ore 16.00, sul sito della BBC è comparsa una dichiarazione: “BBC News taglierà circa 450 posti di lavoro
nell'ambito di un risparmio di £ 80 milioni”. Ha dichiarato capo della BBC News Fran Unsworth “La BBC deve affrontare
il modo in cui il pubblico sta cambiando… Dobbiamo rimodellare la BBC News per
il prossimo decennio in un modo che consenta di risparmiare notevoli quantità
di denaro. Stiamo spendendo troppe risorse per la trasmissione lineare
tradizionale e non abbastanza per il digitale".
Abbiamo già scritto
nei giorni scorsi a proposito della crisi che attraversa il Servizio Pubblico
britannico, sia nella dimensione di mercato, sia nella dimensione politica,
aggravata ulteriormente con l’attuale Governo di Boris Johnson che ha
esplicitamente dichiarato di volere rivedere alcuni pilastri fondamentali dell’assetto
economico e normativo della BBC, a partire dal canone obbligatorio. Sul piano
editoriale, da tempo gli inglesi hanno avviato una profonda riflessione sul
ruolo e sui compiti del Servizio Pubblico
nel contesto di una trasformazione sociale e tecnologica che allontana e divide
sempre più i suoi telespettatori.
Da osservare che
pure dall’altra parte del Canale le cose non vanno in modo tanto diverso: i
primi giorni di gennaio abbiamo riportato la notizia dello spegnimento di due
canali da parte di France Telé (France 4 destinata ai ragazzi e France Ô
destinata alle ex colonie) con l’obiettivo di conseguire risparmi da destinare
agli investimenti sul digitale. Anche i francesi sono alle prese con problemi
analoghi sia per la parte economica (riduzione della pubblicità e aumenti dei
costi) sia con le nuove dimensioni di mercato (Netflix in crescita costante
fino a diventare il quinto canale nazionale). Infine, da alcuni anni, sono
anche loro alle prese con il dibattito su una riforma dell’intero sistema
audiovisivo nazionale.
A farla breve: in
Europa il tema del futuro del Servizio Pubblico è avviato con soluzioni ancora
incerte e molto problematiche. Da noi invece, siamo ancora a carissimo amico e
proprio dalla politica non giungono segnali. Il famoso punto 14 del programma
di Governo (L’Italia ha bisogno di una seria legge sul conflitto di
interessi e di una riforma del sistema radiotelevisivo improntato
alla tutela dell’indipendenza e del pluralismo. Più in generale, il Governo
porrà in essere politiche di promozione del pluralismo dell’informazione”) è
rimasto nel cassetto e nessuno ne ha notizia. Non parliamo poi del Piano
Industriale Rai e degli adempimenti previsti dal Contratto di Servizio e vedi solo l’art. 25.i che prevede “un piano di riorganizzazione
che può prevedere anche la ridefinizione del numero delle testate
giornalistiche nonché la riprogettazione e il rafforzamento dell’offerta
informativa sul web”.
Per non dire del
silenzio sulla prossima elezione del Consiglio AgCom del quale non si sa nulla
sul possibile accordo politico. E poi qualcuno sostiene che la Rai sia in
difficoltà … vorrei ben vedere !!!
Posto poi che le
difficoltà laddove potrebbero non esserci qualcuno se le va a cercare e magari
le trova pure. Nei giorni scorsi abbiamo scritto dell’enfasi su Ricchi e Poveri
a Sanremo (notiziona !!!) Ieri abbiamo letto che il nuovo direttore di Rai Uno ha il
sogno nel cassetto di portare Raffaella Carrà sulla prima rete e magari in
prima serata. Speriamo solo che sia solo
un suo sogno … magari avrà mangiato cinghiale la sera prima … Però la dice
lunga su cosa ha in mente qualcuno a Viale Mazzini sull’offerta editoriale del
servizio Pubblico che non perde occasione di rivolgersi più all’usato sicuro
che al nuovo promettente.
Del resto, il
silenzio dei Tartari è sempre più forte … oggi Cda … già si sente il clamore!!!
bloggorai@gmail.com
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