Anzitutto il solito ringraziamento ai tanti lettori che pure ieri hanno letto il post su Lucrezio Caro nonostante non ci fosse alcun riferimento (diretto) a temi Rai.
Chi vi scrive, molti anni addietro, ha avuto la fortuna di
lavorare a Rai Uno. Era un periodo molto particolare: la Rai dei Professori. Un
periodo interessante, proficuo, animato. Era un periodo in cui c’erano molti “programmisti
registi” interni che producevano programmi, partecipavano attivamente ai processi
ideativi. Successe poi, nel 1988, che arrivò un certo signore (che preferiamo
non citare) che cominciò a proporre l’idea delle “esternalizzazioni” di tutto
quanto era possibile e immaginabile, per prime le persone. Tutto divenne un “centro di acquisto”,
si spalancarono le porte agli agenti e alle produzioni esterne e alle messe in onda “chiavi
in mano”. Da allora si è diffuso e rafforzato il germe, il virus, della disaffezione,
dell’impoverimento della cultura aziendale che hanno reso forte e credibile il
Servizio Pubblico. Citiamo solo un’area
(e non a caso): la “antica” Direzione Tecnica che negli anni ha costruito una
rete tecnologica di indiscusso valore. Allora succede in questi giorni che, grazie ad una scellerata
campagna di incentivi all’esodo concessi a pioggia, sono usciti dirigenti (non
citiamo i nomi per rispetto di scelte personali) nell’area tecnologica di
comprovata capacità ed esperienza che sarà tutt’altro facile da sostituire. Doveroso citare tra i tanti: Roberto Serafini come pure, prima di lui, Alberto Morello. Quanto tempo ci vuole a formare persone come loro, a fargli acquisire tutta l'esperienza e l'autorevolezza necessarie a competere in questo campo? Ci
ha scritto un autorevole lettore: il problema è certamente in coloro che escono,
ma, ancor più per coloro che rimangono. “Sono i piani di successione che non sono
stati elaborati, le procedure di passaggio di consegne che non sono state
definite”. Questo uno dei frutti avvelenati del Piano industriale. La
sensazione, diffusa all’esterno ma anche (per quanto ci risulta) anche molto
dall’interno è che la Rai abbia più o meno consapevolmente abdicato al suo ruolo in questo settore,
peraltro proprio alla vigilia di appuntamenti importanti e inderogabili (passaggio
al DVB-T2).
Nei giorni scorsi per
l’ennesima volta, abbiamo sollevato il problema degli ascolti. Sabato è uscito
l’articolo di Repubblica dove venivano snocciolati i numeri. Lo stesso giorno,
la Rai replicava di essere “leader degli ascolti”. Ora, si sa, la matematica
è opinabile e i numeri ognuno se li potrebbe
interpretare come meglio crede. Rimane il fatto che, in questa
circostanza, alcuni prendono per buoni
quelli rilevati dallo studio Frasi e ne fanno conseguire un’azione politica. C’è
da immaginare che qualcuno si possa prendere la briga di confrontare i dati
pubblicati per capire dove c’è qualcosa che non torna. Per quanto ci riguarda,
pubblichiamo spesso i dati Auditel digitale dove pure le cose non sembrano proprio
andare meglio per Rai. Quei dati non dovrebbero essere contestabili: Rai
partecipa ad Auditel. Ieri le pagine dei giornali erano tutte occupate da dichiarazioni
bellicose del PD che chiedevano conto all’AD Salini delle mancate nomine in
programma ormai da mesi, in particolare quelle nei Tg dove si lamenta mancanza
di pluralismo nell’informazione politica. Domani è previsto un CdA e ancora non
è noto se succederà qualcosa (nei giorni scorsi si sapeva che ci sarebbero
state solo nomine alle reti e non ai Tg).
Oggi sui quotidiani silenzio totale … domani è un altro giorno
bloggorai@gmail.com
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