Eccoci allora a queste ore. Ieri è andato in onda uno spettacolo suggestivo del quale vi abbiamo dato conto nei due tempi in cui si è svolto. Suggestivo quanto surreale: non è stato detto nulla di quanto si doveva e non si è parlato di quanto di poteva o viceversa. Ognuno, la politica e la Rai, hanno fatto il gioco delle parti loro assegnato. Domande arraffazzonate e risposte proporzionate. Le prime reggevano le seconde per sommaria sintesi di confusione tra Contratti di servizio vecchi e nuovi, piani industriali scaduti e da rinnovare e modelli organizzativi già votati e aggiornati. Una confusione totale dove si annaspava con soia e gioia. La politica ha fatto finta di essere diversa da quella che è e la Rai ha fatto finta di essere quella che non è. La politica è, un partito più o uno in meno, quella che ieri non ha affondato il coltello sulla piaga più purulenta: i perversi rapporti che legano l’Azienda con il Governo. Si tratta della stessa “politica” (o parte di essa) che lo stesso AD ha ammesso implicitamente di avere incontrato. La Rai anche ieri, ancora una volta, come nel passato, ha fatto finta di volere essere un’Azienda normale che non è mai stata e forse mai potrà essere. Quale altra azienda al mondo non rispetta i patti, i contratti, come invece avviene almeno in parte con il Contratto di Servizio e non viene sanzionata? E quale “politica” al mondo si dimentica di farlo rilevare? Sarebbe sufficiente solo questo per chiudere il capitolo e passare oltre. Inoltre, quale altra Azienda al mondo si rivolge al suo futuro guardano indietro al suo passato? E quale altra politica al mondo che avrebbe il compito di “vigilare” sul suo funzionamento non pigia il pulsante rosso dell’allarme quando avverte che le cose non vanno come dovrebbero andare pure per sue colpe e responsabilità? Chi ha le redini del futuro della Rai? Chi decide su quali risorse potrà contare? E chi si assume la responsabilità del suo possibile declino?
Quello andato in onda ieri e che, purtroppo, vedremo ancora è un drammatico gioco degli specchi a somma zero: non ci sarà un vincitore ma tanti perdenti. Banale retorica? Forse si ma non ci viene di meglio.
Quello che si legge pure oggi sui giornali è “peggio mi sento” … fuffa, polvere delle quale presto ci si dimenticherà: lettere anonime, circolari interne sulla partecipazione dei giornalisti a mostre, sagre e convegni, tagli non concordati con le OO.SS, incontri con i politici entro i limiti “non” previsti dalla Legge, nel senso che si fa tutto ciò che non è vietato e non si fa tutto ciò che è consentito. Un tema su tutti: il taglio dell’edizione della notte della TgrR Se è giusto meno quanto deciso dall’AD si potrebbe valutare in relazione a tanti criteri (di opportunità/necessità sociale e politica, economici, di ascolti) che invece non avviene semplicemente perché non si vuole affrontare un “obbligo” appunto di Contratto di servizio che è esattamente quel Piano editoriale che tutti sanno che ci dovrebbe pur essere ma che tutti preferiscono che non ci sia. Evidente che il problema non sono i pochi minuti dell’edizione notturna della TgR che si limita a riproporre i servizi andati in onda alle 19.30 quanto più, tanto per ricordare qualche numero, gli otre 700 giornalisti della testata oppure i 240 giornalisti di Rai News rispetto ai 140 del Tg1. Il tema, appunto, è la copertura giornalistica informativa nell’arco delle 24 ore, su tutte le reti e su tutte le piattaforme e valutare se oltre 1700 giornalisti sono pochi, tanti o sufficienti.
Sul “nuovo” modello organizzativo, come abbiamo detto, stiamo cercando di rendere più leggibili le fotografie delle slides che cortesemente ci sono state inviate. Chissà, forse non è un caso che siano opache e confuse, magari rispecchiano la stessa opacità e confusione di quanto vogliono illustrare. E forse è la stessa confusione che regna intorno a questo modello ormai preso come zattera di salvataggio in mancanza di meglio.
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