mercoledì 11 giugno 2025

RAI: prima e dopo, pubblico e privato, bene o male?

by Bloggorai ©

Trent’anni, esattamente trent’anni addietro, la domenica di questa mattina, gli italiani andarono a votare per 12 referendum, dei quali quattro interessavano la televisione ed uno, in particolare poneva il quesito sulla privatizzazione della Rai. Come abbiamo scritto ieri sera, il referendum ottenne la maggioranza dei votanti con quasi 14 milioni di si. Si tratta di un capitolo di Storia italiana, di Storia del Servizio Pubblico ancora non scritto del tutto: è rimasto incompiuto, anomalo e anonimo e nessuno si prende la paternità o la responsabilità di capire e sapere perché l’esito del referendum è rimasto lettera morta. E pensare che tra i “sostenitori” del Si c’era un certo Sergio Mattarella, oggi autorevole e stimato Presidente della Repubblica.

Cosa è successo? Perché il PdS di allora e il PD di oggi se ne sono completamente dimenticati? E perché oggi solo un paio di quotidiani di area governativa se ne ricordano? Proviamo a fornire qualche ipotesi.

AA. Il referendum è abrogativo e il quesito poneva la domanda sull’abolizione di quella parte della Legge 223 del 1990 laddove si specificava “a totale partecipazione pubblica”. In altre parole con il Si veniva abrogata una parte della vecchia Legge ma non se ne proponeva una nuova.

BB. Ne consegue che, subito dopo, il Parlamento avrebbe dovuto approvare una Legge specifica laddove invece i nuovi equilibri politici raggiunti con il Centrodestra al Governo (Berlusconi) non lo rendevano possibile.

CC. Il tema “privatizzazione” era (ed è tuttora) urticante per molti: una buona parte la sosteneva e la sostiene tutt’ora (seppure sottobanco) e solo una piccola parte si oppone ma non lo dice.

Fatto sta che da allora, 30 anni addietro, è avvenuta e completata la mutazione genetica di tutto il sistema radiotelevisivo italiano che, di fatto, è entrato pienamente nell’orbita del “mercato” e del “privato” a tutto scapito della cultura e della missione del Servizio Pubblico universale e generalista. Forse, non era più necessario sventolare lo “spauracchio” della privatizzazione economica o finanziaria, era sufficiente adattarsi a quella editoriale. La “privatizzazione” editoriale della Rai, di fatto, è avvenuta e si è consolidata pienamente. Il “modello” commerciale a cui si ispira per buona parte della sua offerta editoriale almeno in prima serata  è solido e ben strutturato e il fragile equilibrio sulla ripartizione della torta pubblicitaria sembra stabile. Del resto, la posta correlata alla privatizzazione Rai inserita nei referendum del’95, quella sulla raccolta pubblicitaria, venne bocciata sonoramente con oltre 15 milioni di No. Argomento chiuso. Da allora una pietra tombale è stata posta sull’argomento, su quasi tutti gli argomenti connessi e così siamo arrivati ai giorni nostri, alla Legge Renzi che tutti vorrebbero abolire e che intanto applicano pure quando si poteva e doveva fare altrimenti (vedi MFA).  

Andiamo avanti. Dobbiamo mantenere un punto che riteniamo di assoluto interesse strategico per il futuro del Servizio Pubblico: tra pochi giorni Stefano Ciccotti, attuale CTO Rai, uscirà dalla Rai e ancora, per quanto sappiamo, nessuno sa nulla su chi potrà succedergli. Il suo settore, le tecnologie, rappresentano un pilastro fondamentale su cui poggia tutta l’architettura dell’Azienda. Il CTO governa l’innovazione, gli investimenti fondamentali di prodotti e strutture, e guarda obbligatoriamente al futuro tecnologico della Rai (nonostante le volpi dell’Ufficio Studi Rai che se ne dimenticano quando scrivono di IA). Chi prenderà il suo posto? Sarà un interno o andranno a pescare sul “mercato”? La caratura professionale e la postura aziendale, la cultura di “servizio pubblico” di chi verrà scelto sarà decisivo per capire se e come la Rai sarà in grado di affrontare questo futuro. Ricordiamo sempre che sul tavolo Rai c’è il dossier Rai Way che non è e non dovrebbe essere una questione di alchimia finanziaria come a qualcuno piacerebbe ma di politica industriale della Rai che però si fatica a comprendere quale possa essere. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: qualcuno si prende la briga di rimettere in discussione l’oneroso contratto di Servizio tra Rai e Rai Way arrivato oggi ad oltre 210 milioni? Nella memoria sindacale che abbiamo citato ieri questo tema appare in secondo piano e non c’è alcun riferimento al futuro del CTO.

Nota a margine: ieri sera è andato in onda una sorta di scontro ideale tra il “bene” con Che ci faccio io qui di Domenico Iannaccone e il “male” di Belve Crime con Francesca Faggiani. Vedremo gli ascolti da che parte si schiereranno. Intanto registriamo un tratto comune: sia il prodotto di RaiDue che quello di Rai Tre sono realizzati da produttori esterni (Fremantle e Hangar). Ci chiediamo sempre perché la Rai non è in grado di produrre e realizzare per conto proprio prodotti del genere. Il format è sempre lo stesso ed è molto semplice: un intervistatore intervista un intervistato. Punto.

bloggorai@gmail.com

PS: per chi lo avesse perso, consigliamo di rivedere il Post di ieri sera ( https://bloggorai.blogspot.com/2025/06/rai-uno-specialino-con-qualche-spuntino.html ) con la parte su “Azienda pubblica e interessi privati”.

A proposito di Storia, stiamo raccogliendo appunti, note, diari, memorie e quant’altro possa raccontare la propria esperienza in Rai. C’è tanta Storia da scrivere.

 

 

Nessun commento:

Posta un commento