venerdì 26 luglio 2024

RAI: stato primordiale di confusione


“Grande la confusione sotto il cielo. Dunque, la situazione è eccellente”. (M.T.T.)

Ne abbiamo viste, lette e sentite tante in quasi 40 anni di RAI, dentro e fuori, ma a nostra memoria una situazione come quella attuale non riusciamo a ricordarla.

Con ordine: tensioni per il rinnovo del Cda dentro e fuori il Governo. Disordine nei conti con il canone in alto mare. Disordine concettuale, culturale ed editoriale: vedi il caso Angela. Disordine interno all’Azienda. Risultato del referendum sul rinnovo contrattuale. Infine, disordine sul presente e sul futuro della RAI: la notizia di oggi è vecchia ma sempre attuale: un sottile e perfido disegno di privatizzare, in un modo o nell’altro, in parte o in tutto, la RAI ovvero il Servizio Pubblico.

Allora: ieri pomeriggio è rispuntato fuori il tentativo del colpo di mano con artefici insospettabili. Una parte del Governo, FdI in particolare, preme per chiudere subito la partita nomine RAI: è consapevole che allungare il brodo avvantaggia gli avversari, quali che essi siano. In parte, ma solo in parte, trova alleata FI. La Lega, formalmente ma solo formalmente, si oppone e batte i pugni sul tavolo. Come abbiamo già scritto da tempo: le ipotesi percorribili sono solo due: o FdI e FI hanno forza e coraggio di fare subito il colpo di mano tagliando fuori la Lega oppure trovano un accordo con Salvini mettendo sul piatto altra merce di scambio appetibile, forse anche fuori Viale Mazzini. Nel primo caso per loro significa mettere in conto aumentare la tensione politica ai limiti della rottura politica. Conviene? E’ praticabile? E' conveniente? Non ci sembra poi tanto. Di converso, il corollario di questo ragionamento è trovare un accordo: la Lega vuole più peso e visibilità in RAI. Come può essere possibile, con chi? Il recente endorsement su Sergio ha aperto una pista: lui come DG, come peraltro già autocandidato. Poi, in subordine, c’è Marano. Ma Rossi a queste possibilità non ci pensa proprio, avere un controllore al fianco gli fa venire l’orticaria. Sempre che sia sempre lui l’uomo predestinato e non è per nulla scontato, nonostante quello che molti ripetono.

Allora: è possibile che mercoledì possa avvenire, sia pure solo alla Camera (presidente Fontana, Lega) il colpo di mano? No, non lo riteniamo possibile, e in questo ragionamento siamo confortati da nostre autorevoli fonti. In sintesi, ci hanno provato ma non ci sono riusciti: li hanno visti arrivare!

Proseguiamo. In questo quadro grava una minaccia dirompente: il canone 2025 che la Lega vorrebbe ridurre/abolire.  Chiunque arriverà a Viale Mazzini dovrà fare i conti con questa intimidazione in grado di mettere ulteriormente in ginocchio l’Azienda. Difficile sottovalutare questo elemento.

Disordine culturale: il caso Angela vs Temptation Island la dice lunga su come intendono il Servizio Pubblico a Viale Mazzini. Il programma di Angela è stitico e noioso ma ciò non significa che non sia necessario. Rincorrere lo share su questo terreno, il trash e il soft porno, è l’anticipo della fine: loro sono più bravi, hanno più “cultura” e tradizione.  

Disordine interno all’Azienda. Il “popolo” RAI ha detto no e non solo all’ipotesi economica dell’ipotesi di accordo. Potrebbe avere detto no ad una gestione dell’Azienda incapace a prospettare un futuro di crescita e sviluppo. Nei giorni scorsi Sergio e Rossi esultavano: “L’accordo sottoscritto è un passaggio importante che pone le basi per affrontare con la piena partecipazione di tutti i dipendenti il percorso di trasformazione in digital media company … Riteniamo che l’intesa con i sindacati sia un risultato importantissimo – dicono la Presidente Marinella Soldi, l’Amministratore Delegato Roberto Sergio e il Direttore Generale Giampaolo Rossi – un punto di partenza ineludibile…”. No, evidentemente il “popolo RAI” non la pensa nello stesso modo. Poco fa la CGIL ha diffuso un comunicato: “… nuova ipotesi di rinnovo di contratto (il voto dei lavoratori è sacro e si rispetta) ma non possa più non riguardare il futuro complessivo dell'azienda, del suo ruolo nel Paese, della sua governance e del suo sostentamento a partire dalla vicenda del canone, della ulteriore vendita di quote di Rai Way. La situazione di grande confusione che circonda l'azienda, la criticità della sua situazione economica non possono più essere svincolate dalle questioni contrattuali e della gestione quotidiana dell'azienda”. Se qualcuno pensava di chiudere in bellezza questo capitolo di storia RAI portandosi a casa lo scalpo dell’accordo sindacale, ha fatto male i conti.

Infine, la notizia vecchia ma sempre buona: il serpeggiante desiderio occulto di privatizzare la RAI. Questa mattina resuscita il tema un articolo de Il Foglio con il titolo “Meloni vuole privatizzare un po’ di RAI”. Merita leggerlo e conservarlo. Però, non è una novità e non solo a destra. Tra i primi a sollevare l’argomento fu un certo Romano Prodi già nel lontano 1995 quando dichiarò chiaro e tondo che avrebbe votato si, insieme a D’Alema, per la privatizzazione della RAI. Dopo lui altri e forse meglio seguirono questa pista che non è mai stata del tutto abbandonata. Recentemente, sempre la Lega, ha lasciato intendere che è un’ipotesi suggestiva: a gennaio scorso il ministro Giorgetti ha annunciato un piano di privatizzazioni in tre anni per 20 miliardi. Non ha parlato esplicitamente di RAI ma un occhio a RAI Way è sempre aperto.

Chiudiamo: scriva la Baccaro oggi sul Corriere: “E l’opposizione? Nel silenzio del PD che non sa se restare nel Cda, si muove il M5S”. Il che è tutto dire. La Floridia parla anche a nome di Conte?

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