venerdì 29 ottobre 2021

La Rivoluzione Rai non sarà un pranzo di gala

Foto di Radoan Tanvir da Pixabay

Nebbia fitta sui colli della Val Tiberina. Abbiamo qualche dubbio che anche su Viale Mazzini il meteo possa promettere qualcosa di buono. Però, si sa, le previsioni non sempre ci azzeccano.

Questa mattina siamo stati svegliati da una telefonata minacciosa: “Fai attenzione! Su Repubblica c’è un’intervista a Fuortes”. Prima di scendere a valle, al Circolo Arci, preghiamo un nostro amico di farci avere il testo. Leggiamo il titolo del pezzo firmato da Giovanna Vitale “Nella mia Rai i partiti non bussano più. Canone per i cellulari”. Ohhh mamma mia !!! Partiamo subito male: “La mia Rai”... la “sua” Rai ??? Facciamo finta che il titolista si è sbagliato, magari l’AD voleva dire altro. Lasciamo perdere, dettagli. Andiamo al sodo: Fuortes è stupito e non si sa bene perché, invece è soddisfatto perchè in Cda c’è armonia e con la Presidente c’è un intesa perfetta, poi perché il modello organizzativo di Salini “…è una grande opportunità…” poi perché sta per iniziare una “rivoluzione”, poi perché la politica non sta bussando alla sua porta… poi perché l’informazione è solo un pezzo del Servizio Pubblico… poi perché la Rai non è sull’orlo del predissesto (“ma no” ipse dixit), infine perché, a proposito delle “modeste proposte” fatte in Vigilanza “non si è mai sognato di dire che…” semmai “..ho fatto un altro ragionamento”. Amen. C’è poco da dire o commentare. Di fronte a tanta sicumera viene solo il dubbio che nel torto siamo noi.

Ci viene in mente un signore che di grandi trasformazioni se ne intendeva assai e che ebbe a dire “La rivoluzione non è un pranzo di gala”. Già. Il problemino, semplice semplice, è che questa “cosa” non è e non potrà mai essere una cosa che nemmeno somiglia ad una “rivoluzione”. Non lo potrà mai essere per il semplice fatto che è la perfetta sintesi di idee, poche, vecchie e confuse. Anzitutto non ci sono proprio idee o invenzioni: non c’è nulla di nuovo rispetto a quanto già noto (se vogliamo essere didascalici dal marzo 2019, epoca Salini Foa) da molti anni. Non c’è uno straccio di novità che sia una. La trasformazione da modello organizzativo orizzontale in verticale, per come lo stesso AD ammette, in alcuni paesi è già esistente ma non si specifica il contesto sociale, politico, culturale e aziendale in cui questo è presente e come funziona. Avete presente la BBC? Avete presente che, ad esempio, non contiene pubblicità? 

Sintesi di idee vecchie per il solo semplice fatto che il mondo, il mercato dell’audiovisivo, è molto più avanti dei “modelli organizzativi”. Si combatte a colpi di investimenti poderosi, di idee produttive (avete idea della Direzione Nuovi Formati Rai cosa ha prodotto da quando è stata istituita?) e di tecnologie innovative. Come è pensabile, ragionevolmente, che questo “modello” in questa Azienda, in queste circostanze politiche e sociali, possa competere con gli OTT, con Netflix, con il broadband incalzante. Paradosso nei paradossi: è stata creata la direzione di “genere” Rai Play, cioè proprio la struttura già esistente e che difficilmente si può definire un “genere” a se stante: starebbe a dire che Elena Capparelli, già direttore, potrebbe essere nominata direttore di se stessa e fornire sempre a se stessa i programmi per la piattaforma che lei stessa dirige. Abbiamo chiesto spiegazioni e abbiamo ottenuto una risposta convincente “Si sono sbagliati” magari nello scrivere il comunicato stampa. Ma non si sono affatto sbagliati quando gli hanno tagliato il budget nei mesi scorsi. 

Poi sempre a firma di Giovanna Vitale, ieri abbiamo letto su Repubblica che “ …rimasti in vita come genere autonomo (?) solo grazie all’intervento del rappresentante dei dipendenti, Riccardo Laganà, che in cambio ha votato a favore in CdA”. Qualcosa ci sfugge: lo stesso Laganà che a marzo 2019 ha votato contro il Piano nel suo complesso, ieri ha votato a favore di un “cambio” di qualcosa già esistente e funzionante (la direzione Documentari di Duilio Giammaria)? Boh!!!

Comunque, terminiamo al cuore del problema: tra le nuove direzioni c’è quella “approfondimento”. Cosa vuole dire? Cosa dovrebbe approfondire? A chi dovrebbe rivolgere i suoi prodotti? Alle reti, alle testate, a tutta l’Azienda? Chi verrebbe chiamato a dirigerla? Anche qui appare del tutto evidente che lo stesso termine si possa e si debba ricondurre all’ambito giornalistico: si approfondiscono fatti e avvenimenti della cronaca quotidiana o magari pure quelli delle Guerre puniche ma dubitiamo che la nuova Direzione possa “approfondire” le fenomenologia di Ballando con le stelle o la 29a replica di Montalbano magari con un titolo suggestivo tipo “Perché il Commissario non si decide su quale debba essere al sua fidanzata e magari sua futura moglie?” No, questo no, questo potrebbe essere un tema da Ufficio Studi Rai che però, a quanto ci risulta, potrebbe essere chiuso e ciò che ne resta finire sotto il Marketing. Geniale!!! Se c’era una cosa positiva del vecchio Piano Salini (peraltro sempre imposto dal Contratto di Servizio) era proprio questo. C’è qualcosa di diabolico che si aggira lungo i giardini di Viale Mazzini dove pure Mefistofele appare un’anima buona.

Dunque, il tema vero è e rimane l’informazione che non è e non può essere “solo un pezzo" del Servizio Pubblico”. Gli altri temi, tutto il modello “Fuorlini” (Fuortes+Salini) cioè tutto il resto è fuffa, acqua fresca ripassata in padella. Detta come la dice lui, l’informazione viene letta come “un pezzo” tra i tanti, più o meno importanti che possano essere. L’AD lo sa bene che non è così e se ne guarda bene da metterci mano e per questo affronta questo tema come “un pezzo” qualsiasi dell’Azienda. Ha solo detto, a questo proposito che “…presto Rai News avrà nuova veste e nuovi studi”: presto nuovi studi ??? Poi che a dicembre ci sarà il nuovo sito di Rainews.it.  Fuortes sa benissimo che questo tema sarà centrale nelle prossime settimane e mesi in vista di ciò che potrebbe succedere tra il Quirinale e il Governo. Se veramente crede in ciò che si legge nel titolo di Repubblica (“Nella “mia” Rai i partiti non bussano più”) o è uno sprovveduto o pecca di ingenua presunzione: è pensabile che il “pezzo” informazione o il “genere” intrattenimento possa essere affidato a qualcuno senza che la “politica” ci possa mettere bocca e che questa decisione la lascino prendere a lui? Troppa grazia… San Gennaro pensaci tu! 

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