Sgombriamo subito il campo da luoghi comuni. Il primo: Somos todos caballeros y caballeras!!! Se mai fossimo accusati di aver scippato la pensione ai vecchietti di fronte all’Ufficio postale, fino al terzo grado di giudizio possiamo sempre sostenere di essere innocenti e poi ci penserà la Cassazione a emettere la sentenza definitiva. Quindi, non parleremo oggi di professionalità, di onestà, di sobrietà, delle nobili origini familiari, delle frequentazioni, delle amicizie palesi e occulte, dei mariti o delle mogli (seppure ex) e cercheremo, al solito, di scrivere di principi, di criteri, di logica, di programmi e progetti.
Il secondo luogo comune è la scelta di utilizzare risorse
interne che dovrebbero premiare le professionalità e far risparmiare tanti euro.
È vera solo la seconda parte di questo pensiero perché la prima, come vedremo, spesso e volentieri è stata disattesa.
Il terzo luogo comune è “poteva anche andare peggio” come ci
hanno detto in molti. Si è vero, però poteva anche andare meglio e non si capisce
mai perché mai debba sempre prevalere il peggio al meglio. Mistero.
Prima di proseguire, però, vi racconto di cosa può succedere
in un’Azienda seria. Alcuni anni addietro il sottoscritto è stato contattato dai
cosiddetti “cacciatori di teste” che ricercavano una persona per una posizione
di vice direttore delle relazioni esterne di una primaria Azienda nazionale (della
quale, nei primi incontri non sapevo nulla). Superati i primi colloqui, ad un
certo punto mi viene comunicato che al termine della selezione siamo rimasti in
tre e che la decisione finale verrà presa dallo stesso Direttore. Il giorno
stabilito, mi presento nella sede di rappresentanza di Roma, ufficio ai Parioli
megagalattico, tavolo lungo 10 metri. Dopo rapidi e formali convenevoli, a
bruciapelo mi dice “Gentile dottor …, per cortesia, mi può far vedere la sua
rubrica telefonica?”. Il Direttore avverte una mia espressione di sorpresa e mi
dice, con tono brusco e tranchant “Senta, questo colloquio per me ha un senso
solo per sapere la qualità e la quantità dei suoi contatti professionali dai
quali posso misurare la sua esperienza e conoscenza del settore dove dovrà
lavorare”. Gli porgo la mia agenda, la scruta attentamente, pagina per pagina,
e poi me la restituisce. “Grazie, arrivederci, le faremo sapere”. Fine della storia:
sono rimasto in Rai e, tutto sommato, è andata benissimo così, senza rimpianti
e senza rancore, mi sarei dovuto trasferire lontano da Roma. Morale della
favola: in ogni professione, l’esperienza e la conoscenza, la dedizione e il sacrificio
personale sono criteri fondamentali, primordiali, assoluti. A Viale Mazzini forse
no e non da ieri.
Nella vicenda delle nomine comunicate ieri in Cda dall’Uomo Fuortes
al Comando ©Bloggorai, per interpretarle bene occorre partire dal fondo, dalla nomina
del capo ufficio stampa (che poi tanto non è affatto in fondo). La persona incaricata si chiama
Stefano Marroni: di lui sappiamo che è nato nel 1956 (prossimo alla pensione),
laureato in medicina, ex Tg2 ed ex marito di Bianca Berlinguer. Nulla da
eccepire. Ci chiediamo solo, semplicemente, quali criteri sono stati adoperati
per scegliere lui piuttosto di altri: citiamo un nome a caso, Dante Fabiani, da
anni caporedattore all’Ufficio Stampa di Viale Mazzini. Di lui si conosce bene
il suo impegno, la sua professionalità e la sua piena conoscenza di tutto il
mondo dei colleghi che ruotano intorno alla Rai. In poche parole, la persona
giusta al posto giusto per assumere quel ruolo. Cosa aveva in meno di Marroni
o, al contrario, cosa aveva Marroni più di lui? Come sono stati esaminati i CV
e da chi? Con quali dannati criteri? La verità è semplice: Fuortes non si è inventato
nulla di nuovo: in Rai puoi fare pure l’elemosiniere del Papa, avere una storia
aziendale impeccabile e in Paradiso non ci vai nemmeno spinto da un Caterpillar.
Punto, andiamo avanti e rimaniamo sempre in tema comunicazione.
Era noto che si doveva procedere alla successione di
Marcello Giannotti alla direzione relazioni esterne. C’era tutto il tempo per
valutare correttamente altre candidature ma, in primo luogo, c’era tutto il
tempo per definire una strategia di comunicazione, un modello, uno stile, un
progetto adeguato e modellato sulle indicazioni della politica aziendale
complessiva che si intende perseguire. La comunicazione non è una variabile indeterminata,
fa parte delle scelte strategiche di rilevante interesse aziendale, non è e non potrà mai essere una funzione accessoria, secondaria o subordinata. Inoltre, è una funzione attinente
la percezione della più grande azienda di comunicazione del Paese e che si
riferisce al più grande pubblico che si possa immaginare: i radiotelespettatori,
coloro che pagano il canone. La scelta è caduta su Pierluigi Colantoni, del
quale si legge nel suo profilo aziendale che “Dal 2014 ad oggi ha ottenuto,
assieme alla squadra RAI, oltre 100 riconoscimenti a livello internazionale
(Clio Awards, Promax, Global BDA, Ebu Connect) incluso il prestigioso premio
come Best Creative Team of the Year. Nel 2020 è nominato Direttore della
Direzione Sviluppo Nuovi Formati”. Complimenti, un vero genio creativo, anche
se dei Nuovi Formati non ci risultano tracce significative (magari ce li siamo
persi, nel caso fosse chiediamo venia)! Più difficile trovare qualcosa su di
lui riferita al momento magico che ha vissuto quando Gubitosi era DG. A quel
tempo, di fronte alla sua improvvisa comparsa sulla scena venne appunto definito
“il genio della lampada” perché “è bravo”. Ma questo è un dettaglio
irrilevante. Può essere rilevante invece sapere e capire come è stato “pesato”
il suo CV sempre rispetto ad altri candidati/e interni/e. Ieri mattina, prima
del Cda, si era sparsa la voce di una candidata nota più per il cognome del
marito ma, tant’è, non è stato sufficiente. Rimane agli atti la forza del pensiero,
la determinazione di “io sono io e voi … no”. Punto, a capo.
Veniamo ora alla nomina più pesante e significativa:
Giuseppe Pasciucco che lascia il posto di CFO a Marco Brancadoro e assume la responsabilità
di Capo Staff dell’AD al posto di Roberto Ferrara che ora si va ad occupare di
canone e beni artistici. Qualcosa abbiamo accennato nel post di ieri sera ma
possiamo aggiungere qualcosa di più, dopo aver ascoltato qualche parere. Giuseppe
gode di buona stima e apprezzamento: “è una brava persona”. Ci mancherebbe
altro, non si discute di questo ma di ben altro. Cosa significa il suo
spostamento? Perché Fuortes lo ha voluto rimuovere e collocare al suo fianco? Come
abbiamo accennato, prevalgono alcune letture: la prima vuole che Fuortes ha
assoluta necessità di avere accanto una persona interna di sua fiducia in grado
di tenere sott’occhio i conti aziendali che sembrano, al momento, la sua sola
missione. Appena insediato Fuortes era pronta un'altra persona, ora discretamente spostata ad altro incarico al VII piano. La seconda lettura vorrebbe che si volesse individuare una “cinghia
di trasmissione” tra l’AD e l’Azienda più “morbida” di quanto sarebbero stati
altri candidati. Fuortes già non sembra godere di grandi simpatie (con quel suo
stile un pò così.. con quello sguardo un po' cosà...).
Da ricordare che tra i tanti compiti del CFO c’è il tema della
gestione delle risorse da canone e pubblicità, due fronti si quali sono attese
forti turbolenze. Lo spostamento di Pasciucco, rinforza o indebolisce questo
prossimo fronte di battaglia? Inoltre, Pasciucco è anche Presidente di Rai Way,
e ora? Poi, come abbiamo pure scritto, l’AD ha “abolito” la figura del DGC che
con Matassino riuniva tante funzioni operative che ora potrebbero essere
vacanti.
Ce n’è poi una più perfida e malevola che riferiamo solo
titolo di cronaca e rimanda lontanamente e vagamente ad un possibile mondo di
riferimento che gravita intorno a Viale Mazzini che, in questo momento, potrebbe
avere qualche interesse ad avere uno zampino “amichevole” dentro Viale Mazzini.
Qualcuno ci suggerisce di ricordare, proprio qualche mese addietro, che tra i candidati
a fare l’AD Rai c’era un certo Carlo Nardello. Nulla di male, per carità… anzi…
Somos todos caballeros. Respingiamo questa lettura al mittente: fantascienza,
fantapolitica/finanza, illazioni gratuite, voci fuori dal cor fuggite.
Infine, giustamente, molti hanno lamentato la totale assenza
di donne tra i nominati. Nulla di nuovo e non un problema di ieri: laddove non
ci sono criteri, laddove vige solo il principio della discrezionalità difficile
attendersi qualcosa di diverso. Fuortes si è trovato un ambiente già
determinato: il rapporto tra uomini e donne dirigenti in Rai non è cosa di
questi giorni, viene la lontano, molto lontano e ben pochi hanno voluto
affrontarlo e risolverlo. Punto, a capo.
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