Pertanto, in fervida e vibrante attesa che qualcuno,
qualcosa, dia segnali di esistenza in vita anche noi, (relativamente e a tempo
determinato) ci mettiamo in rispettosa pausa.
Non prima di riprendere un paio di appunti. Il primo che ci
galleggia con ostinata frequenza riguarda gli impegni disattesi dal Contratto di
Servizio da poco scaduto e ce ne sono venuti alcuni. In ordine: art. 12 (canale
in lingua inglese), art. 17 (informazione sul refarming), art. 25 alla lettera
C (rimodulazione testate giornalistiche), alla lettera I (canale istituzionale)
e infine, fondamentali, le lettere U e V sul piano Industriale e editoriale
(dove si prevede la rimodulazione dei canali non generalisti).
Il secondo appunto è più recente: ieri La Repubblica (e agenzie
nel giorno precedente) hanno riportato la notizia di un sondaggio realizzato
dal Consorzio Opinio per Rai sulle intenzioni di voto in vista delle prossime elezioni
amministrative nelle grandi città capoluogo. Al di là dell’attendibilità e rilevanza
di questo tipo di sondaggi (sul loro utilizzo poi ci sarebbe da aprire non solo
un dibattito ma convocare l’Assemblea ONU) ci vengono in mente un paio di osservazioni.
La prima si riferisce al soggetto che lo ha realizzato: il consorzio dei noti Piepoli,
Masia e Noto che già in passato (e forse tuttora) hanno realizzato quell’interessantissimo
report settimanale sull’opinione pubblica degli italiani e al suo interno due
pagine dedicate alla percezione di Rai. Ne abbiamo scritto più volte fintanto
che, misteriosamente, è sparito dai radar. La seconda osservazione si riferisce
al committente: la Rai. Perché Viale Mazzini commissiona (e paga) un sondaggio
di tal genere e poi non lo adopera e diffonde adeguatamente nelle sue testate
giornalistiche come, ad esempio, fa Mentana che allo stesso argomento e con
altri dati gli dedica quasi una intera edizione del suo Tg?
bloggorai@gmail.com
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