Prima di tornare sulle rive del Mekong (… adoro l’odore del Napalm 51… ) ovvero del Tevere, non meno insidioso, dove forse abbiamo intravisto l’UomoFuortesalComando©Bloggorai mettere l’elmetto da combattimento, proponiamo una breve riflessione sul tema comunicazione Rai.
Ieri è stata diffusa una lettera di saluto e ringraziamento di Marcello Giannotti alla vigilia della sua uscita dalla Rai e al termine della sua esperienza come Direttore della comunicazione. Merita alcune considerazioni, al di la delle personali valutazioni.
Chi si occupa di comunicazione, in modo più o meno professionale, conosce (o dovrebbe) conoscere bene i suo meccanismi, le sue leggi scritte o non scritte, i suoi riti e i suo miti, le sue consuetudini, le sue liturgie e i suoi tic più o meno nevrotici che possano apparire. Fare il comunicatore non è solo una professione complessa, delicata, fiduciaria, ma anche un lavoro di fine artigianato, di precisione chirurgica, dove ogni parola detta o scritta oppure taciuta o ammiccata può avere grande rilevanza. Anche lo sguardo, il corpo, comunicano.
Fare il comunicatore può implicare, per paradossale che possa apparire, anche l’uso del silenzio (ne abbiamo già accennato qualcosa in uno degli ultimi post), della negazione e della smentita (strumento molto sensibile e talvolta pericoloso per la nota legge secondo la quale una smentita vale due notizie). Fare il comunicatore di professione implica di sapere bene, o dovrebbe, che il suo ruolo ha pari dignità, spessore e rilevanza degli altri suoi colleghi direttori, non da meno della finanza, della tecnologia, delle relazioni istituzionali e così via. La Direzione Comunicazione ha un valore, una funzione di assoluto rilievo strategico, ancora di più se riferita alla più grande Azienda di comunicazione del Paese. Chi ha il titolo di Direttore della comunicazione conosce bene, o dovrebbe, i fondamentali della sua professione dove, tra questi, c’è anche il capitolo delle relazioni personali esterne ed interne all’Azienda. A lui è stata attribuita (non sappiamo se vera o meno) una definizione dei suoi colleghi quando si era da poco insediato: i “corridoristi”, cioè coloro che si aggirano per i corridoi di Viale Mazzini in una specie di “ammuina”. Chissà se gli è stata di aiuto nella creazione del suo ambiente di comunicazione. Infine, chi comunica sa bene che i processi di relazione (comunicazione) prevedono anche l’uso di un manuale non scritto ma pur sempre valido che consiste nella corretta, formale, capacità di comunicare con tutti, sempre, anche con chi la pensa in modo diverso dal tuo.
Ciò premesso, quando termina una fase, quanto si conclude un periodo, quanto si cambia pagina e si chiude un capitolo occorre fare qualche domanda anche oltre la sua persona: come è stata “comunicata” la Rai in questi tre anni, al suo esterno e al suo interno? Cosa è stato comunicato e cosa invece è stato taciuto? Quale è stata la sua strategia di comunicazione e quali risultati ha conseguito? La Rai che Salini e Giannotti lasciano è migliore o peggiore di quella che hanno trovato? La comunicazione della Rai, specie durante il Covid, ha avuto un ruolo, una funzione determinante nella formazione del pensiero collettivo, della cosiddetta “opinione pubblica”. Durante la crisi come e in che modo si è intervenuto per approfondire, per sollevare dibattito? E’ stato fatto un bilancio, una riflessione su questo argomento che certamente rimarrà nei libri di storia? Era questo il saluto che ci si poteva attendere da un comunicatore.
Nella sua lettera di saluto Giannotti chiude con gli auguri al suo successore (tutti e due “dylaniati” ??? un lapsus o un errore di battuta???) che ne avrà certamente bisogno, forse più di quanto ne ha avuto bisogno lui. E poi aggiunge “It’ all folks”, No, forse proprio no, non sono solo canzonette. Ci sono tante altre cose tra cielo e terra di quante non riusciamo nemmeno ad immaginare.
Bene, grazie Marcello Giannotti, arrivederci.
Andiamo avanti. Oggi sul Il Foglio compare un articolo surreale con il titolo “Guerriglia in Rai” con la firma di Salvatore Merlo e si riferisce allo sciopero che ieri ha bloccato la messa in onda di tanti programmi (di questo argoento ne parleremo più dettagliatamente). In apertura riporta un virgolettato attribuito all’AD Fuortes: “Devo fare tutto subito” e più avanti si legge “..mettere in piedi in un colpo solo quella rivoluzione che non si è fatta negli ultimi venti anni: non soltanto il piano industriale ma anche l’accorpamento dei telegiornali che fece saltare i suoi predecessori Gubitosi e Campo Dall’Orto, e poi la riduzione dei canali e la vendita di Rai Way …”. Guarda un pò che gira che ti rigira riciccia sempre la storia della vendita della quotata di Via Teulada. Abbiamo definito questo articolo “surreale” non tanto e non solo per quanto descritto quanto più perché con questo termine si vorrebbe riferire di un ambiente “Che supera, che oltrepassa la dimensione della realtà sensibile; che esprime o evoca il mondo dell’inconscio, della vita interiore, del sogno” (Treccani). No, forse non è proprio così quanto invece è, o dovrebbe sembrare, quanto mai reale, concreto, visibile, tangibile. Si tratta di un mondo che forse Fuortes non immaginava nemmeno che esistesse e con il quale, gli piaccia o meno, dovrà fare i conti tutti i giorni da ora e per i prossimi mesi e anni. Auguri.
Piccola curiosità a margine. Chissà se, come e in che modo il nuovo direttore della comunicazione Colantoni (sul quale ci sarà da dedicare un capitoletto) e il nuovo capo ufficio stampa Stefano Marroni hanno potuto aiutare Merlo a scrivere il pezzo? E chissà se Merlo gli ha telefonato o chiesto aiuto?
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