Confidiamo sulla comprensione dei lettori di Bloggorai se
spesso indugiamo su alcuni temi e arriviamo con un leggero ritardo, peraltro
necessario e comprendere e verificare. Premessa: a suo tempo, ci siamo impegnati
fortemente nel sostenere una candidatura interna Rai come nuovo AD e, tra i
tanti motivi che la supportavano, c’era la necessità di trovare una persona che
conoscesse bene i “dossier” del Servizio Pubblico e fosse immediatamente
operativa. Abbiamo perso la battaglia ma non la guerra, valeva la pena
combatterla: era ed è un principio valido che ora comincia ad evidenziarsi in
modo netto.
Prima però di parlarvi del recente incontro tra Fuortes e le
Organizzazioni sindacali (OO.SS) vi debbo proporre qualche nota introduttiva
che spaziano dal Papa al Quirinale passando per Cologno Monzese (Mediaset). Iniziamo
con il Vaticano: nei giorni scorsi il Santo Padre ha sollevato il coperchio del
diavolo ed ha rivelato che, per quanto gli risulta, durante la sua recente
malattia, si stava tramando alle sue spalle ipotizzando già il prossimo
Conclave per la sua successione. Nulla di nuovo: da secoli oltre le mura
Leonine si complotta e si ordiscono trame sofisticate. Quello che colpisce, in
queste circostanze, è una congiuntura temporale in cui avviene e che non
interessa solo il Vaticano.
Se si congiura in quella Sede, si può fare di meglio e di
più in altre più terrene. Si tratta dell’elezione del prossimo presidente della
Repubblica dove, a quanto sembra, trame e complotti cominciano ad essere il
sottofondo musicale che regolerà tutto lo scenario politico prossimo venturo e,
giocoforza, in quota parte, interesserà anche la Rai. Lo abbiamo visto nei
giorni scorsi con le dichiarazioni di Prodi che, giustamente dal suo punto di vista,
ricorda il complotto dei 101 del PD che lo hanno pugnalato alle spalle e dei
cospiratori non si conosce tuttora un solo nome che ne abbia rivendicato con orgoglio
la partecipazione. Sostiene sempre Prodi che non solo sono ancora tutti nel PD
ma sono pure cresciuti. Come pure abbiamo letto di alcuni nomi che si vorrebbero/potrebbero
candidare. Ne citiamo due a caso: Gentiloni e Berlusconi. Il primo, ex marxista
leninista al Colle e secondo alcuni sostenuto anche da Gianni Letta, sarebbe la prova provata che la generazione che ha fatto il
‘68 è stata proficua ed è stata in grado di produrre un bel pezzo di classe
dirigente (direttori di grandi giornali, di grandi enti statali, aziende, intellettuali
etc). Il secondo nome sarebbe la prova provata che la televisione rende bene,
in politica come negli affari. Quello che intendiamo sostenere è, semplicemente,
che sull’altare dei grandi complotti, sui grandi disegni che tracciano le sorti
dell’umanità, tutto è possibile e non si fanno prigionieri, non sono previste
zone franche.
Questa mattina, a tal proposito, da leggere su Il Foglio un interessante
e illuminante articolo di Valerio Valentini con il titolo “Rai vs. Mediaset? Giorgetti e il PD si coccolano il Cav.” E giù a descrivere come e perché sia gli uni (la Lega
o parte di essa) sia gli altri (il PD o parte di esso) possano convergere su un
punto di interesse comune: garantirsi il consenso di FI (o parte di essa) in
vista dei voti necessari ad eleggere il prossimo Presidente della Repubblica. Citiamo
l’occhiello “Giorgetti spinge la “norma Anti Rai. PD
e FI cercano un’intesa pensando al Colle”. Tutto questo, ovviamente,
al netto dei prossimi risultati delle imminenti amministrative di ottobre che,
fatalmente, potranno incidere sule evoluzioni del quadro politico nazionale.
Ecco che, fatalmente, sullo sfondo, si intravvede il palazzo
di Viale Mazzini, piccola e modesta cartina di tornasole dei grandi temi nazionali.
Ed ecco come trovare una possibile interpretazione del perché il Governo intenderebbe
sostenere una norma del nuovo TUSMAR che, di fatto penalizza Rai a vantaggio di
Mediaset sulla pubblicità, magari compensata con la (forse solo temporanea) rassicurazione
sul canone. Questa è la confusione che
regna sopra il cielo di Roma (Vaticano compreso). Ed ecco perché abbiamo scritto
che a Fuortes non faranno toccare palla sui grandi temi che interessano il
futuro della Rai e, ben che vada, gli faranno fare l’amministratore di
condominio con la speranza di non chiudere l’esercizio in passivo.
Ha scritto ieri De Rita sul Corriere: “Densa, frastagliata,
difficile da gestire è l'agenda di cui la classe dirigente italiana deve farsi
carico per i prossimi sette-otto mesi. E per averne contezza basta redigere
l'elenco dei problemi sociopolitici e delle decisioni politiche oggi all'ordine
del giorno. …rischiamo davvero di dover vivere i prossimi sette o otto mesi
senza un ancoraggio a un'agenda precisa e razionalmente dominabile. Rischiamo
molta confusione, quando dovremo esplicitare un massimo di chiarezza e
razionalità; rischiamo addirittura che una fase politica alta diventi occasione
per un ulteriore cedimento alla confusione collettiva”. Già… siamo solo all’inizio
e questo Blog è stato facile profeta: lo abbiamo scritto da tempo non sospetto.
E veniamo ora a quanto accaduto o scorso lunedì 22, appunto,
a Viale Mazzini. Non lo avete letto e non lo leggerete forse da nessuna parte
ma l’AD Fuortes ha incontrato i sindacati dei lavoratori Rai, proprio pochi
giorni dopo lo sciopero che ha bloccato la messa in onda di tanti programmi. I
temi dibattuti sono stati: il rinnovo del CCL, lo smart working, il Piano
industriale ed editoriale, le sedi regionali, gli investimenti ed altri temi di
natura strettamente sindacale. Ci soffermiamo per un momento su un tema
centrale: scrivono i Sindacati “…sollecitato l’AD ad
un confronto serio su un piano Industriale ed editoriale che rimetta in carreggiata
l’Azienda … sfida digitale… rimanerne fuori o avere un ruolo da semplice comprimario
rischierebbe di mettere ulteriormente ai margini il Servizio Pubblico”.
Ha risposto Fuortes “…in tempi ragionevolmente
brevi, sarà sua cura presentarlo…”. Ora ci sarebbe da scrivere un
capitolo dell’Enciclopedia Britannica su questa affermazione a partire dalla
sua “costruzione”, dalla sua genesi istituzionale (per quanto previsto in
primis dalla Concessione) e aziendale. È noto a tutti, infatti, che il Piano
Industriale (scaduto) è parte integrante e interna al Contrato di Servizio che
dovrà essere appunto rinnovato e solo al suo interno che si potrà e si dovrà
rimettere mano alle sue linee guida, salvo dover affermare, come in parte
Fuortes ha già fatto, di rispolverare il vecchio Piano Salini (che poi non era
nemmeno suo). Necessario ripeterci e lo faremo ancora in futuro: che senso ha
di parlare di nuovo Contratto di sevizio e di conseguenti Piani se non si
espone un qualsivoglia progetto, visione o missione della nuova Rai che, volenti
o nolenti, si dovrà pur fare … nel mentre e nel quando che altri lo stanno già
facendo?
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