Ieri sera, durante la trasmissione de La7 condotta dalla Gruber, un signore che in fatto di Rai e dintorni la sa lunga, Franco Bernabè (non molto tempo addietro indicato tra i favoriti del Governo per la carica di AD di Viale Mazzini) ha dichiarato appunto che, in relazione ai prospettati aumenti vertiginosi sulle bollette energetiche si potrà pensare a inserire il canone Rai nella fiscalità generale, esattamente come auspicato a suo tempo dal PD. A sostenere ulteriormente questa ipotesi, da ricordare bene, c’è una precisa indicazione di Bruxelles che, nelle normative a tutela della concorrenza del mercato energetico ha previsto che si debba “ripulire” la bolletta energetica dalla riscossione di oneri impropri, cioè non connessi alla finalità del servizio prestato agli utenti.
Il primo a
sollevare il problema fu, a maggio scorso, il Messaggero (anche questa mattina
torna sull’argomento con il titolo “Più trasparenza e meno voci: ecco come
cambierà la bolletta” e noi Bloggorai seguimmo a ruota il tema, quasi da soli,
nella totale perplessità anche dei vari direttori di Viale Mazzini che
cascarono dal pero (capite bene perché uno in particolare ci ha tolto il
saluto). Fatto sta che appena insediato, quando venne audito in Vigilanza,
Fuortes si affrettò a dichiarare che “non è intenzione di questo Governo
mettere mano alla riscossione del canone in bolletta”. Forse fu improvvido e
imprudente: non sapeva cosa si stava preparando nella bassa cucina giù nel
seminterrato del Palazzo buono. Magari, a sua insaputa, non lo avevano avvisato
che non se la sarebbe cavata solo con le buone intensioni.
La traduzione in soldoni di questa possibile (a questo punto,
molto verosimile) manovra è che per le casse della Rai si prospettano perdite
rilevanti in ordine al ritorno di una evasione del canone stimata intorno ai 250
milioni di Euro ai quali, per possibile trascinamento si potrebbe aggiungere la
contrazione del canone speciale dovuto dagli esercenti attività commerciali (attualmente
in bilancio per circa 84 mln), argomento spinosissimo in relazione alla possibile
pioggia di disdetta post Covid e in relazione all’offerta di sport da part dei vari
DAZN e Amazon Prime. O
Ora si tratta di dibattere se e quanto questa idea del PD possa
giovare sul futuro dell’Azienda, posto che ancora nulla si sa di come il partito
intenda disegnare questo futuro non solo in termini di riforma della sua governance
(proposte Fedeli /Orlando) ma dell’intero perimetro delle telecomunicazioni e
del mercato audiovisivo dove Rai opera pienamente. A questo proposito, in Commissione
Senato, dai prossimi giorni dovrebbero prendere avvio le audizioni per cercare
di riassumere e giungere ad un testo condiviso le sei propose di legge attualmente
presentate da quasi tutti i partiti, tutte finalizzate sostanzialmente alla
sola riforma della legge 2002 del 2015.
Invece, a pensare alla riforma del sistema delle telecomunicazioni
ci pensa anzitutto l’Europa che chiede la riforma del TUSMAR (del quale abbiamo
parlato più volte) e ci pensa benissimo a tutto danno della Rai: nelle sue nuove
norme, infatti, si legge la revisione degli affollamenti pubblicitari che, di fatto,
penalizza Viale Mazzini e gli fa gravare una concreta minaccia di taglio di
circa 150 mln di introiti pubblicitari. Nei giorni scorsi l’AD di Rai Pubblicità
e il direttore delle RI sono stati ascoltati in proposito e sarà possibile che
presto si potrà sapere cosa avranno riferito.
Ci sembra che possa bastare a dipingere un quadretto niente affatto confortante per la Rai e, a tutto dispetto del cognome che porta, il nuovo AD si potrebbe trovare ben presto in una situazione di Deboles e a dover fare i conti (sic!) con una prospettiva finanziaria molto preoccupante. A questo punto, la partita non sarà solo “semplicemente” sul ripianare un buco di 57 mln ma nell’impiantare un pur flebile seme di investimenti, anzitutto tecnologici, in grado di generare una qualsivoglia strategia di sviluppo. Altro che crisi: per competere, per crescere, per non rimanere indietro mentre tutti avanzano in modo impetuoso, occorrono soldi, tanti soldi, e nessuno, nessuno, finora è stato in grado nemmeno di immaginare da che parte possano provenire.
Ogni tanto
qualche nostro affezionato lettore ci critica per eccessivo pessimismo. Magari hanno
pure ragione, ma cerchiamo, per quanto possibile, di limitarci ad osservare e commentare
quanto noto e pubblico. Nulla di più e nulla di meno. Se invece ci addentriamo
nel campo delle previsioni, si, hanno ragione, siamo fortemente pessimisti: non
vediamo nulla di buono all’orizzonte. E non sarà una “diversa narrazione” della
Rai a nascondere la polvere sotto il tappeto.
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