Care lettrici, cari lettori, scusate il ritardo e mettetevi comodi, molto comodi: come al solito il lunedì andiamo lunghi.
Quella che vi stiamo per raccontare (ieri vi abbiamo anticipato uno scooopppinooo!!!) è una notizia forse piccola ma significativa della quale nessuno ha parlato. Apparentemente è leggibile solo agli “addetti ai lavori”, agli specialisti di beghe televisive anche un po’ sofisticate ma, si sa, il veleno è sempre nei dettagli e possibilmente nella coda.
Premessa: per cercare di comprendere, anche solo vagamente, i problemi che affliggono la Rai è fondamentale ricorrere almeno a tre ambiti conoscitivi: la politica, la tecnologia e l’editoria. Ma non ve la cavate solo con così poco: sono necessarie altre competenze molto specifiche: la psicologia e l’antropologia. Altrimenti non ne tirate fuori un ragno dal buco (e non si capisce mai perché bisogna tirare fuori quella piccola quanto utile bestiola dalla sua comoda tana). In ordine: la sola politica può spiegare i grandi fenomeni e forse cercare di dirigerli, può interpretare la complessità dei mutamenti economici e sociali, può tratteggiare il futuro sul quale vuole dirigere il Paese. La tecnologia, che solitamente è più veloce della politica, almeno nella normazione, segue logiche sue proprie in parte sostenute e indirizzate dal mercato, in altra parte per dinamiche intrinseche alla ricerca e alla sperimentazione. La parte editoriale invece ha rilievo solo in quanto messa in relazione al pubblico verso i quale si riferisce che, come noto, è assai mutevole nella quantità e composizione, nonché molto suscettibile delle circostanze “culturali” nella quale interviene.
Ciò che invece rende tutto molto più arduo nel dibattito sul Servizio Pubblico radiotelevisivo nazionale è il dover fare ricorso ad altre scienze molto più complesse e sofisticate come, appunto, la psicologia e l’antropologia culturale. In verità potremmo anche aggiungere la comunicazione come scienza delle relazioni tra individui ed avrebbe tutta la sua dignità al fianco delle anzidette. Cerchiamo di semplificare. Anzitutto quindi la psicologia come scienza del comportante umano (H. Harlow) sia nella sua dimensione individuale quanto in quella collettiva; poi l’antropologia come scienza delle relazioni tra culture e società. Infine, per quanto riguarda la scienza della comunicazione appare quanto mai necessaria perché riassume e condensa nel “messaggio” tutto il contenuto delle scienze precedenti: se non riesci a “comunicare” e quindi a far giungere il contenuto al/ai destinatario/i tutto si riduce a pura accademia, a rimanere circoscritto ai pochi ma buoni.
Allora, questa la notizia: nell’ambito del processo del refarming delle frequenze in vista della transizione al DVB-T2, dal prossimo 20 ottobre sulle reti Rai e Mediaset verranno ”spenti” 15 canali con la vecchia codifica MPG4 (9 Rai e 6 Mediaset). Dove sta il problema? Semplice: che Rai spegnerà canali tematici “rilevanti” (Rai 4, Rai 5, Rai Movie, Rai Premium, Rai Gulp, Rai Yoyo, Rai Storia, Rai Sport+ HD, Rai Scuola) per un totale di ascolti stimati intorno al 6% del totale Rai. Mediaset invece spegnerà 6 canali (tre Tv e tre radio: TGCom24, Italia 2, Boing Plus e Radio 105, R101 TV e Virgin Radio TV) cioè … poco più di nulla.
La cosa ci è apparsa subito sospetta e ci ha riportato ad una antica polemica con autorevoli direttori di Viale Mazzini a proposito del rapporto con il MISE quando sostenevano la teoria dell’accordo, del dialogo, del coordinamento con il Ministero laddove invece questa teoria non era scritta da nessuna parte: la Concessione prima e il Contratto di Servizio poi non impongono nessun obbligo in tal senso. Si tratta di mere scelte di carattere “politico” e, aggiungiamo, psicologiche e antropologiche e quanto meno tecnologiche ed editoriali. Ecco il dunque: non c’è sorpresa del fatto che a Mediaset fanno i furbetti (ci ha detto un autorevole osservatore: “Chiagnen’ e ‘fottonoo”). Loro hanno in mente una logica antropologicamente avversa a quella Rai: loro mirano al profitto, e Rai (???) no. Mediaset ha a cuore gli inserzionisti pubblicitari e gli azionisti, Rai (???) no. Non è una differenza da poco e lo si riscontra con i temi dei quali parliamo spesso e volentieri: la revisione del TUSMAR e il canone inserito nella fiscalità generale (come vorrebbe il PD). Ecco allora che torna in mente la premessa: per comprendere certi avvenimenti occorrono tanti strumenti e laddove se ne adopera uno solo (in questo caso quello tecnologico) difficile cogliere il quadro generale. Difficile non osservare che ora il Mise è presieduto da un certo Giorgetti, espressione di un partito dell’attuale Governo che proprio tanto amico della RAi non sembra esserlo. Citando ancora una volta Petrolini: “Io non me la prendo con te che disturbi ma con chi ti sta accanto e non ti butta di sotto”. Tutto chiaro?
Veniamo ora ad un'altra notizia che da giorni avevamo in canna: Cattelan su Rai Uno in prima serata con la sua seconda ed ultima puntata. Superato l’imbarazzo nel vedere il programma (da incorniciare il duetto con Serena Rossi con “Hai proprio rotto il c…&%$£% “) e mettendo a parte considerazioni di varia natura (gli ascolti risibili che pure ieri sera sono stati al di sotto delle attese) ci interessa proporvi altre osservazioni.
Premessa n.1: Fuortes in questo caso non c’entra nulla, è tutto frutto di quel genio di Salini &Co (Co. inteso Coletta). Premessa n.2: per deliziarmi la serata mi stavo rivedendo un film cult dei fratelli Coen: “Questo non è un paese per vecchi”. Anzitutto da notare lo spot che introduceva il programma: Vodafone che presentava Cattelan che, a sua volta, presentava Netflix. Un capolavoro di fine strategia editoriale che fa bene il paio con Fiorello nello scorso Sanremo con TIM. Ma, si sa, pecunia non olet e se poi con questa pecunia ci paghi la corda con la quale ti vuoi strozzare è una tua scelta, basta saperlo. Ma ancora questo è un dettaglio sul quale, peraltro, ci potremmo dedicare pagine di Blog. Ci interessa invece capire quale possa essere la “logica”, il pensiero progettuale, la proposta editoriale che c’è dietro un programma del genere. Torniamo qualche passo indietro, alla presentazione del vecchio piano industriale di Salini (che non era il suo) quando si sosteneva che Rai Uno andava “ringiovanita”, cercando di arginare la deriva della terza e quarta età dei telespettatori che la condannava, fatalmente, ad un progressivo declino di ascolti.
Parafrasi “ RaiUno, e forse tutta la Rai, … non vorrebbe essere una televisione per vecchi”. Ecco allora che è verosimile che i vari geni della lampada che albergano a Viale Mazzini si inventano e propongono di ringiovanire la rete con Cattelan, immaginando pure un suo probabile inserimento al prossimo Sanremo (ai lettori di Bloggorai non sarà sfuggito che siamo stati tra i pochi a notare la stranezza dell’immediata riconferma di Amadeus pochi giorni dopo l’insediamento di Fuortes &Co.). Dunque, un plausibile “pensiero” o proposito editoriale sia stato esattamente quello di proporre un volto “giovane” ad un pubblico che tanto giovane non è (over 54). Da questo punto di vista l’operazione è fallita: ogni pubblico cerca e trova ciò che ritiene a sua immagine e somiglianza, in un determinato contesto sociale e culturale.
Vedi il modello Netflix che ti propone esattamente quello che a te piace vedere (non si tratta proprio di “algoritmi etico” come piace tanto alla consigliera Bria). Il tema è noto: come intercettare e interpretare la domanda di contenuti editoriali da “servizio pubblico”, cioè come modellare un’offerta credibile, autorevole e concorrenziale con le altre offerte di mercato (broadcast e broadband) non solo di RaiUno ma di tutta l’Azienda Rai. Ha ragione, in parte, i direttore di RaiUno quando sostiene che non gli interessano gli ascolti ma si dovrebbe pure mettere in pace con se stesso e con i suoi colleghi quando invece strombazzano i successi di alcune trasmissioni fondati solo sui numeri di Auditel e non sui contenuti proposti. Questo però non sembra essere un tema rilevante nella mente di alcuni. Navigazione a vista, quota periscopica ..del domani non c’è certezza.
Non mi è ben chiaro perché ma mi torna in mente il duetto Cattelan/Rossi di ieri sera “Hai proprio rotto il c…&%$£% ” e mi sto ancora chiedendo a chi fosse riferito. Bah.. andiamo avanti … sono solo canzonette.
bloggorai@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento