giovedì 13 febbraio 2020

Il silenzio


Questa mattina molti autorevoli colleghi della carta stampata riposano dopo le fatiche di Sanremo. Siamo tentati anche noi di portare il gatto a fare una passeggiata al mare. 
Magari più tardi, quando farà più caldo. Intanto però proponiamo un paio di riflessioni.

La prima: fra pochi giorni si vota in Parlamento per il nuovo consiglio AgCom e, al momento, l'accordo tra i partiti sembra in alto mare. "Si potrebbe chiudere durante il fine settimana" ci dice un autorevolissimo interlocutore. Vedremo.

Pochi giorni dopo, il 21, è previsto il Cda dove, forse... forse, si potrebbero fare le nomine alle testate giornalistiche. Anche su questo, ci viene confermato, non sembra esserci accordo politico ed è probabile che ci possa essere ulteriore rinvio.

Cosa induce a pensare tutto questo “operoso” silenzio? Anzitutto, tanto per dire una cosa nuova, che la politica è in simbiosi con la Rai e viceversa. Tanto si agita il fantasma della crisi di Governo e tanto si addensa la nebbia al settimo piano di Viale Mazzini. Con una piccola differenza: ogni ora, giorno che passa, tanto più si stabilizza e si profila il compimento di questa governance Rai. Chi, infatti, avrebbe la forza, la lucidità e la programmaticità di porre mano al ricambio dell’attuale Cda Di Viale Mazzini? Nessuno. In primo luogo il PD che proprio in questi gironi è alle prese non solo con la faida dei transfughi di Renzi &Co ma deve pure sostenere la campagna elettorale per Gualtieri e non è proprio una bazzecola. Questo potrebbe, come sostiene anche questa mattina il prode Anzaldi, indurre Zingaretti ad essere un filo più prudente sul tavolo Rai e magari accontentarsi di quello che passa il convento (vedi i vari Coletta a Rai Uno come pure a Rai Tre etc etc). 

In secondo luogo, il M5S è alle prese con una profonda crisi di identità e consensi, con una forza contrattuale rilevante solo in Parlamento (e non è poco) mentre sul fronte TLC e Rai (vedi pure la consigliera “in quota”) da tempo non emette segnali di fumo. Non li emette non tanto e non solo nella contingenza (nomine) ma più ancora è totalmente afono sul progetto di Servizio Pubblico che si vorrebbe “rinnovare”. Dopo la recente sortita, quasi a titolo individuale, del senatore Primo Di Nicola, su ipotesi di riforma della governance, più nulla. La Lega, seppure con il vento in poppa di sondaggi favorevoli, al momento non da segnali di vita. Punto. Un quadretto  sintetico quanto desolante.  Per tutto il resto, silenzio totale. A parte qualche balbettio del Collegio sindacale che improvvisamente si sveglia e chiede i conti sul trenino delle trasferte a Sanremo e nulla si sa di ben più gravi inadempienze (vedi indirizzo della Vigilanza sugli agenti). Come pure non si sa nulla di tanti altri problemi gravi (ascolti, canone, applicazione del Contratto di Servizio etc) nonché di altri meno gravi ma non meno rilevanti (che fine ha farro la storia della trasferta della Maggioni in Medio Oriente? Come pure la storia della mail truffa?).
La coltre di silenzio è spessa come una lastra di cemento armato con i tondini da 16.

Ieri un autorevole ex collega ci ha scritto sostenendo che per il Festival “l’Azienda ha realizzato una formidabile operazione di corporate image …”. Non ne siamo molto sicuri che sia avvenuto proprio questo e, se nella “narrazione” di questo “successo” prevale la storia dei “trenini dei dirigenti in trasferta” qualcosa non torna. Se poi aggiungiamo qualche “problemino” di comunicazione, come quello che si legge in un pezzo ANSA dove si titola “Sanremo: Rai, ascolto medio delle 5 serate più alto da 2000” e poi si legge attentamente la tabella allegata e si trova che il dato del 2020 è uguale a quello del 2005, qualcosa non torna. Qualcuno sbaglia. E non è una cosa bella per la credibilità del Servizio Pubblico.
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