Ripetiamo l’incipit: c’è poco da girarci intorno. Gli stessi
partiti che vorrebbero, propongono, auspicano una riforma della Rai sono gli
stessi che ora, subito, domattina, esigono e pretendono che a dirigere Viale Mazzini
ci siano donne o uomini di loro stretta fiducia o, ben che vada, a loro vicini
o simpatizzanti. Non gli viene lentamente il pensiero che potrebbe essere la
volta buona la possibilità che queste nuove future nomine vengano effettuate
con criteri trasparenti sulla base di esperienza, capacità, professionalità e
indipendenza. Il fatto stesso che Tizio o Caio sia considerato “in quota” o “gradito” potrebbe essere motivo sufficiente
per assegnarli un punteggio “ad
escludendum”. È pure incomprensibile gli stessi partiti non sostengano questo criterio di nomina basata sul merito
possa essere garanzia anche per loro.
Come non pensare che un direttore “in quota” può reggere lo spazio di un
Governo o di un equilibrio politico, pronto a cadere non appena sopraggiunge
uno nuovo. Quindi: affidabilità vicino allo zero. Come non ricordare che il Piano Industriale è stato approvato subito dopo un presunto e mai smentito incontro tra l'AD e il segretario del PD Nicola Zingaretti?
Questo Governo avrebbe in mente di avviare un percorso di
riforma del Sistema delle telecomunicazioni. C’è poco da stare tranquilli. Al
suo interno, per quanto detto, di sistema per ora importa poco: importante che
Tizio Caio o Sempronio possano occupare posti a loro graditi … non si sa mai.
A suo tempo, il consigliere Laganà voto contro il Piano
industriale proprio su questo terreno “Nel
piano industriale non ci sono le mie richieste di trasparenza relative ai
percorsi professionali, criteri di merito…”si legge su PrimaOnLine dello
scorso 8 marzo. Lo vogliamo vedere ora all’opera in queste circostanze insieme alla
consigliera Borioni (che pure ha votato contro il Piano industriale) "La riforma aziendale offre tante
nuove poltrone ai partiti. E i programmi di approfondimento finiranno tutti
sotto un solo direttore, saranno a rischio così le trasmissioni più coraggiose
come Report e Petrolio" (repubblica.it del 28 febrbaio). Staremo a
vedere quando si tratterà di nominare un direttore di rete noto per aver
gongolato come un bebè per aver riportato Raffaella Carrà in video con un format
banale comprato dal solito potente agente di turno. Dovrebbe essere lo stesso
direttore che dovrebbe gestire una rete dove buona parte del day time è di “proprietà”
di una nota società di produzione esterna (Endemol: dal Corriere dello scorso
27 ottobre). Ci sarà da ridere …o piangere .. scegliete voi.
Comunque, di corda in casa dell’impiccato non ne parlano
solo i partiti ma anche una parte di dirigenza Rai che, è sempre bene
ricordarlo, non ha fatto il Concorso nazionale pubblico per titoli e meriti per
diventare o essere assunto come dirigente. Non sono pochi coloro che hanno
fatto un terno al lotto e quelli che invece se la sono guadagnata sul campo e
non poche volte si sono visti scavalcare nel ruolo e nelle competenze dai nuovi
arrivati da fuori che pure loro di concorsi per titoli e meriti ne hanno fatti ben
pochi. Su questo schema è costruita l’architettura
manageriale di Viale Mazzini: a fronte di tanti capaci, esperti e di elevata
capacità professionale convivono altri con un coacervo di ingerenze, di
vicinanze, di similitudini, di compiacenze con i partiti dove succede, talvolta, di riscontrare livelli di inefficienze, di incapacità e di cultura aziendale di livello spesso
discutibile.
Ad onore di cronaca e memoria ricordiamo alcune dichiarazioni
del presidente Adrai, Luigi Meloni, rilasciate lo scorso 13 maggio all’ADN quando
venne chiamato a difendere i dirigenti Rai da Matteo Salvini che li voleva
licenziare: “Ad e Presidente persone perbene ma non hanno autonomia sufficiente
… Pur di togliere di mezzo tutte queste idiozie e attacchi ingiustificati, siamo pronti anche alla privatizzazione.
Abbiamo le capacità di stare sul mercato, basta che non ci vengano calate
dall'alto leggi che minano la nostra capacità competitiva”.
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