Benvenuti nel club di quanti
avvertono sulle difficoltà e le confusioni che albergano anzitutto nella
politica, nei partiti esattamente (e al loro interno più specificamente). L’articolo
citato ripropone ancora una volta la nauseante minestra dei nomi che potrebbero
essere presentati in Cda per le nuove direzioni, sia quelle “in vigore” con l’uscita
di Freccero, sia quelle previste dal Piano Industriale. Viene da pensare e
supporre che ogni volta che si legge un titolo del genere “Politica e
informazione Rai, guerra sulle nomine i dem si riprendono il Tg3” c’è qualche
telespettatore indignato che corre a fare un abbonamento a qualche Netflix o Amazon Prime e magari poi il Tg se lo vedono su SkyNews24
oppure l’approfondimento giornalistico lo fanno con le maratone di Mentana.
Questa sensazione fa venire l’orticaria a chi crede ancora alla funzione
prevalente e insostituibile del Servizio Pubblico. Lo abbiamo scritto e lo
ripetiamo: le nomine non è scritto da nessuna parte che debbano essere fatte
per forza con le sole risorse interne che pure ci sono e vanno sempre
valorizzate invece che, come talvolta accade, abbandonate nello sgabuzzino e poi buttata la chiave. Attenzione all’accento: non con le “sòle” come si dice a Roma. Non
è scritto da nessuna parte che appartenere ad una “quota” di un partito sia garanzia
di capacità, autonomia, esperienza e professionalità. Per non dire poi di un
tema che ormai rischia di diventare da “prima repubblica”: la trasparenza. Siamo
tutti in attesa di sapere come e quando finora è stata applicata negli ultimi 18 mesi. Se
non si riesce a trovare il candidato migliore all’interno, lo si può cercare
all’esterno: provate a pensare che segnale devastante nei confronti dei partiti
che si vogliono “riprendere” qualcosa in Rai!!! Ma per questo ci vuole coraggio
e, per quanto ne sappiamo, non ne gira granchè.
Veniamo a notizie hard core. Ieri un nostro lettore molto
attento al tema risorse, ci allertava su quanto potrebbe avvenire a partire
dalle prossime settimane sul canone. La lettura incrociata di quanto emerge
dalle ultime dichiarazioni di esponenti politici spiana la strada ad un rischio
sempre più forte di rivedere, anche per quest’anno, l’esproprio dell’extraggettito.
E fin qui, avverte il nostro lettore, potrebbe quasi essere considerato il male
minore, purché almeno rimanga salvo il canone per intero, cosa tutt’altro che
scontata. Che si tratti di argomento esplosivo ce lo ricorda stamattina il
Ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia del PD sulle colonne del
Gazzettino di Venezia, a firma Alvise Fontanella “Questa Rai è simbolo del
fallimento della vecchia televisione. Le tv locali in Veneto hanno fatto quello
che dovrebbe fare il servizio pubblico. Hanno raccontato l'alluvione e le
sofferenze di Venezia, facendo un servizio pubblico che avrebbe dovuto fare la
Rai.. ” per poi concludere a palle incatenate “L'attuale assetto non è più accettabile:
sosterrò tutti coloro che in Parlamento chiedono che una quota del canone Rai,
il 10%, vada al sostegno del pluralismo e dell'informazione oggi assicurata da
tv locali, giornali e siti locali”. Ecco, appunto, tanto per ricordare che la
guerra è appena all’inizio. Superfluo ricordare che il canone, la componente
fondamentale delle risorse Rai, è il pilastro del suo funzionamento e la
benzina per il suo percorso. Superfluo ricordare che il Piano Industriale dovrebbe
poggiare almeno su questa certezza, visto che l’altra risorsa è traballante e
incerta nonché tendenzialmente in riduzione. Giova ripeterlo: la
riorganizzazione interna prevista dal Piano non è e non potrà essere
sufficiente a ridefinire la missione del Servizio Pubblico che continua ad
essere il cuore del problema della Rai rispetto al suo pubblico, rispetto al
ruolo che deve assolvere nel Paese. Ma, evidentemente, per queste
considerazioni i lobi cerebrali del Governo non sembrano proprio in connessione
tra loro ed ognuna tra le tante parti in causa è avviluppata nei propri meandri
senza connettersi con le altre.
Infine, una notarella di colore editoriale. Sta per
chiudersi la quarta edizione del “Il Collegio” in onda su Rai Due. Sollecitati da
tanto entusiasmo dei numeri come leggiamo pure stamattina sul Messaggero a
firma Tiziana Lupi siamo andati a vedere di cosa si tratta. Chi vi scrive è
padre e nonno e in casa transitano spesso e volentieri decine di “giovani” di
varie estrazione e provenienza sociale, geografica e culturale. Bhè, se i ”giovani”
protagonisti nel programma dovrebbero rappresentare il resto dei loro coetanei
nazionali, siamo messi maluccio. Provate ad immaginare di avere un figlio del genere
in casa e poi ne parliamo. Per carità,è solo opinione personale, mentre i numeri
forse danno ragione alla Rai che considera il programma “un vero e proprio esperimento
televisivo e sociale”. Auguri.
bloggorai@gmail.com
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