In ordine: ieri erano attesi i CV dei candidati Superdirettori della Superriorganizzazione con
i Superbudget che questa mattina il Cda Rai avrebbe dovuto votare. Il giorno
precedente l’AD Fabrizio Salini è stato audito in Vigilanza sul Piano Industriale.
Nei giorni ancora precedenti c’era stato il solito intenso traffico di valutazioni”politiche”,
di appartenenza in “quota”, di simpatie politiche
vere o presunte di Tizio o di Caio fintanto che, sembrava, fosse stato raggiunto
una sorta di “accordo quadro” dove ognuno si ritagliava la propria rappresentanza
nella ripartizione delle poltrone. Sembrava, solo sembrava. Perché quando
invece sono scesi nel dettaglio allora è saltato il banco.
Le interpretazioni prevalenti sono due: la prima, quella più
accreditata tra gli scafatissimi lettori politici è racchiusa nella logica del
mancato raggiungimento dell’accordo tra i partiti. La buccia di banana della quale
tutti parlano sarebbe Mario Orfeo, accreditato come uomo di stretta marca
renziana e dunque poco gradito al resto della compagnia (già... sospettano
alcuni, di quale compagnia si parla? Solo quella 5S o anche altri?) a tal punto
da far riportare a molti cronisti una presunta negazione formulata direttamente
da Di Maio. Si tratta di una lettura verosimile, credibile, ma non del tutto sufficiente.
È credibile perché sottolinea che nulla è cambiato: la politica, i partiti, non
mollano la presa su un boccone troppo ghiotto. Non è sufficiente perché gli
strumenti, i modi, per fronteggiare tali aggressioni ci sono tutti. Il
problema, semmai, è che non si è capaci o non li si vogliono utilizzare.
Comunque, come tutte le realtà, troppo semplice, troppo facile, per essere
rappresentata solo con questa fotografia. C’è dell’altro.
Veniamo alla seconda lettura. Come abbiamo dettagliatamente scritto
nei giorni precedenti, da tempo è in atto una guerra di guerriglia mirata da
erodere il fondamento funzionale del Servizio Pubblico, il canone. I
guerriglieri in azione non sono camuffati
nella giungla vietnamita ma sono allo scoperto, hanno nome e cognome ed hanno
pure i gradi di generale. Sono anzitutto il capo politico del principale partito
di Governo e con lui uno dei suoi ministri più importanti, al suo fianco un altro ministro che spara a
palle incatenate anzitutto sulla natura del canone e, ben che vada, auspica con
un emendamento che si debba ridurre del 10%. Di fronte a tutto questo, l’AD in
Vigilanza paventa che il Piano industriale non possa reggere il colpo e che
quindi le nomine in tale contesto si configuravano a rischio. Giusto, corretto,
ed è credibile che Salini possa ritenere che tutta l’impalcatura del Piano sia
a rischio.
La lettura incrociata dei due piani porta ad una sola direzione:
la capacità di essere autonomi e in grado di gestire situazioni complesse come
questa. A Viale Mazzini fanno i salti mortali per accreditare la seconda
ipotesi, molto più facile (qualcuno ha sostenuto “nobile”) da comunicare
rispetto alla prima, quasi da far apparire l’AD come paladino della difesa
canone a tal punto da far sapere da nostre fonti che ”… abbiamo ragionevoli rassicurazioni
che l’emendamento del 10% sarà ritirato”. Nella prima lettura appare evidente
come questa capacità, non solo da ieri, non si percepisce (mai smentito l’incontro
con Zingaretti) e mai detto che non verranno prese in considerazione candidature
“in quota”. La politica, i partiti, dettano e a Viale Mazzini scrivono: Tizio è
mio e Caio me lo gestisco io. Mario
Ajello sul Messaggero di oggi termina il pezzo scrivendo “Ciò che non cambia,
nonostante paroloni e buone intenzioni, è il rapporto di potere tra politica e
Rai. Una comanda, l'altra obbedisce”. Punto. La seconda lettura invece vorrebbe accreditare
una posizione “garantista”: non è colpa mia, sostiene Pereira, se i partiti sono confusi e non
sanno cosa fare del Servizio pubblico.
Per entrambe le letture la soluzione è sempre a portata di
mano e ci sono precedenti illustri: il più recente è il precedente DG Campo
Dall’Orto che quando gli venne bocciato il piano sull’informazione si è
dimesso. Punto. Le dimissioni di Celli invece sono altra storia che pochi hanno
raccontato completamente.
Che il Piano industriale fosse a rischio,al di la delle
dichiarazioni di facciata, era chiaro da tempo ed era chiaro esattamente sul
tema risorse. Non è uscita ieri dal cilindro la storia della riduzione del
canone come pure non è notizia di ieri che gli andamenti della raccolta
pubblicitaria sono negativi (lo stesso piano, a pag. 266 prevede una riduzione
dell’8% tra il 2010 e i 2021). C’è forse
bisogno di coraggio, da parte di tutti.
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