Ora è successo che ieri
sera ci perviene il testo di una proposta di Legge, firmata dalla deputata
Paxia, (poche ore dopo aver rilasciato dichiarazioni alla stampa) datata 16
luglio scorso dove nel titolo si legge: “Abolizione del canone di abbonamento
alle radioaudizioni e alla televisione e della relativa tassa di concessione
governativa”. Da notare che prima di ieri di questo testo non se ne trovava la versione ufficiale.
Pochi se ne sono accorti (a parte il solito bene informato
Angelo Zaccone Teodosi) e ancora meno quelli che se preoccupano. Un rapido giro
di telefonate a Viale Mazzini e si sente dire “Le solite c…ate” …”perché perdere
tempo con queste amenità” e così via. Sarà, forse hanno ragione loro. Però, in
mancanza di meglio, proviamo a ragionare. La deputata Paixa appartiene al M5S, lo stesso
partito di Governo che ha in cantiere una proposta di riforma firmata dalla
deputata Liuzzi e del senatore Di Nicola che nei giorni scorsi ha promosso un
dibattito sulla riforma della governance Rai. Nei giorni scorsi, inoltre, il
solerte Anzaldi (renziano di Italia Viva) si associa al coro dell’anti canone e
inizia la raccolta firme. Il retroterra di queste iniziative, da non
dimenticare, è la famosa indagine SWG del 2016 con la quale si rilevava che il
canone “è la tassa più odiata dagli italiani” perché, aggiungeva il Censis, la
Rai non offre in cambio prodotti di qualità. Allora, non sembra poi tanto
peregrino interrogarsi sul perché “a volte ritornano” tali iniziative che,
ripetiamo e sottolineiamo, non sembrano poi tanto lontane dal sentire comune di
tanti parlamentari.
Attenzione: la Paixa propone la “sostituzione “ del canone
con la fiscalità generale e la revisione dei tetti di affollamento
pubblicitario. Il finanziamento del Servizio Pubblico dovrebbe avvenire con il
30% dal bilancio dello Stato, fino al 40% dall’imposta sui servizi digitali (quali sono e a quanto ammontano?),
fino al 20 % da una tassa sui ricavi delle emittenti commerciali, e fino al 10
% da una tassa sui ricavi delle pay Tv. Si tratta di un meccanismo complesso e si riferisce pure a tassazioni tutte da definire nelle modalità e nella quantità. Attenzione: non è un eresia affrontare
questo tema. Ora, intendiamoci, che sia grande la confusione sotto il cielo è
cosa nota, però, forse, un filo piccolo piccolo di preoccupazione farebbero
bene ad averlo a Viale Mazzini. Certo, in questi giorni hanno ben altro a cui
pensare: le nomine incombono e le idee sono confuse. Come pure, forse, all’interno
del M5S un filo piccolo piccolo di chiarezza non sarebbe del tutto negativo.
Ora, è bene ricordare il mantra che ci vede tutti concordi:
il canone è garanzia di autonomia e pluralismo per il Servizio Pubblico ma …ma…
fino a punto in cui questa pietra miliare viene messa in discussione da due
elementi: l’uso improprio che ne fa il Governo e l’uso talvolta improprio che
ne fa l’Azienda. I due elementi spesso combaciano. Però, bisognerà pur
spiegarlo a chi paga il canone che ne vale la pena.
Ieri l’Eco di Bergamo
e oggi Leggo con un breve trafiletto danno notizia dell’inizio della poderosa
opera di alfabetizzazione informatica avviata dal Servizio Pubblico con il
comico siciliano che da ieri ha iniziato le trasmissioni su Rai Play. Che
stranezza: le grandi firme della carta stampata forse lo hanno dimenticato,
visti i risultati sia in digitale che sul Web (vedi i dati Auditel Digitale
pubblicati ieri). Ce ne faremo una ragione e attendiamo i nuovi dati per la prossima
settimana.
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