Ieri abbiamo scritto della presentazione
del piano che la Rai si appresta a varare in vista dello switch off relativo del passaggio al DVB-T2. Abbiamo riportato uno stralcio del documento
presentato dal CTO nel giugno dello scorso anno dove si legge che per sostenere
tale impegno si prevedeva di spendere circa 200 milioni. Riceviamo e precisiamo
volentieri: a seguito di quanto sostenuto nel documento e di quanto
successivamente svolto in sede istituzionale,
nella finanziaria dello scorso anno sono state recepite indicazioni a favore
del Servizio Pubblico che hanno ridotto a circa 100 milioni tale impegno per
attivare i circa 100 nuovi impianti necessari a garantire la completa copertura
del 100% del territorio. Ottimo: bella notizia che, immaginiamo, sia stata
ampiamente condivisa con il CdA. Rimangono però gli interrogativi che abbiamo
posto: ci sono queste risorse? Il Piano industriale recentemente approvato le
prevede? Ecco quanto si legge:
Parliamo di 200 milioni per i tre
anni di validità del Piano, inclusi gli adeguamenti immobiliari (lo
smantellamento dell’amianto di Viale Mazzini, ad esempio?). Qualcosa non torna.
E poi queste spese chi dovrebbe sostenerle,
Rai o Rai Way? Qualche malpensante ha già immaginato uno schemino conosciuto:
Rai Paga e gli azionisti (privati) nonché i dirigenti di Rai Way (il suo AD percepisce un compenso
doppio, oltre 450 mila Euro, dell’AD di Viale Mazzini … tanto per capirci) godono con i lauti dividendi che gli vengono riconosciuto
grazie al Contratto di Servizio che gli garantisce da Rai oltre l’80% del
fatturato.
Questo terreno però induce ad
altre riflessioni correlate. La prima riguarda gli utenti dei quali nell’articolo
di ieri Serafini ha parlato poco. Il complesso di queste operazioni, che si
vorrebbe anticipare già a partire dal prossimo anno, hanno un costo anche a valle: gli utenti, i
telespettatori, saranno costretti a rottamare di gran carriera i vecchi
televisori per adeguarsi ai nuovi standard di trasmissione e dovranno comprare
un nuovo apparato, una smart Tv che li porta dritti dritti nelle braccia della
concorrenza attraverso la porta di connessione alla rete. Di questo si parla:
mentre Rai spinge e sostiene, in parte giustamente, verso il mondo broadcast, un’altra
parte del mondo spinge e sostiene il broadband. Sembra di capire che la tendenza è più nell'investire nelle frequenze che non nella rete. Tutto qui.
Dunque la platea, l’arena della competizione globale, vede l’operatore pubblico
arrancare nel disperato mantenimento di una posizione che potrebbe non avere un
grande futuro. Tra l’altro, investire
nella rete non significa solo nella componente strutturale, ma anche nella
componente contenuti che, di fatto, è la merce pregiata sulla quale si sviluppa
il mercato. E qui torniamo ai dolori: da tempo si sente parlare (e il Piano
industriale lo prevede) del rilancio e potenziamento della piattaforma Rai Play
dove, al momento l’unico nuovo contenuto previsto è la striscia di Fiorello.
Abbiamo scritto “previsto” e non certo perché, a quanto si legge, il relativo
contratto non sembra sia stato ancora firmato. Del resto, andate a vedere lo
spot con cui il comico annuncia il nuovo programma (per vostra comodità lo
trovate quì):
“…per vedere Rai Play … bisogna …
andare ..non proprio andare … bisogna vedere … ehhhmmm…non proprio vedere …
ehhmmm”. Ma un povero telespettatore pensionato, dopo aver visto uno spot del genere, cosa deve fare? a chi si deve rivolgere?
last minute a questo proposito: da poco è comparso sul sito Dagospia un intervento del solito informatissimo Antonellis. Da non credere: questa operazione " porterebbe la Rai a stracciare i competitor del settore digitale" e poi "Un’operazione, dunque, multipiattaforma che, se riuscirà, potrà mandare in pensione la vecchia Rai. Proprio alla vigilia della piena operatività del nuovo piano industriale." Ma chi gli suggerisce queste informazioni ??? da non credere !!!!
last minute a questo proposito: da poco è comparso sul sito Dagospia un intervento del solito informatissimo Antonellis. Da non credere: questa operazione " porterebbe la Rai a stracciare i competitor del settore digitale" e poi "Un’operazione, dunque, multipiattaforma che, se riuscirà, potrà mandare in pensione la vecchia Rai. Proprio alla vigilia della piena operatività del nuovo piano industriale." Ma chi gli suggerisce queste informazioni ??? da non credere !!!!
C’è altro da aggiungere? Si, molto: ad esempio che la Rai non sa
comunicare se stessa. Che pure quando c’è qualcosa di buono da dire,
diffondere, far conoscere, questo avviene poco o male. Prima, ad esempio,
abbiamo scritto che qualcosa non torna sul Piano industriale come, ad esempio,
per quanto leggiamo che la Maggioni lascerebbe RaiCom perché il canale in
inglese non sarebbe più come lei (lei ???) lo immaginava. A parte i
condizionali e il gossip aziendale, ma non sarebbe il caso che l’AD chiamasse giornalisti,
studiosi, esperti per esporre i contenuti non a tutti del tutto chiari sul
Piano Industriale e chiarisse, una volta per tutte, i punti controversi? Questa
è comunicazione, questa è trasparenza, questo è coraggio che Salini vorrebbe
dagli altri, forse meno da se stesso.
bloggorai@gmail.com
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