Questa mattina la dedichiamo ad un solo fatto. Basta e
avanza.
Chi dirige la comunicazione Rai? Come è stato scelto? Ha Fatto
un concorso nazionale per titoli e meriti? Ha presentato un curriculum e questo
è stato poi confrontato con quello di altri professionisti?
Tutto questo per sollevare un problema che, a nostro avviso,
è molto grave. La scorsa settimana è comparso un articolo sul quotidiano Italia
Oggi, a firma Andrea Secchi, dove si leggono dettagli importanti sula prossima
partenza del piattaforma RaiPlay tecnologicamente
rivista e corretta e corredata dalla presenza di Fiorello.
Cosa è successo? Per quanto ci hanno raccontato, è successo
che questo argomento, con tutti i dettagli di grande rilevanza e interesse
pubblico, è stato trattato in modo “privato”. È successo che invece di
convocare una normale conferenza stampa, trasparente e accessibile a tutti i
giornalisti accreditati, è stato organizzato un “incontro” riservato a poche e
selezionate persone. In altra parole, è stata operata una divisione tra “amici
degli amici sono miei amici” e il resto del mondo, in buoni e cattivi, quelli
che solitamente “scrivono con simpatia” e quelli che notoriamente stanno li a
rompere le scatole. Come si scelgono, quali criteri dividono i giornalisti belli o brutti, maschi o femmine, gay o etero, di destra, di centro o di sinistra, della Roma o della Lazio?
Quando si prende questa piega si sa da che parte si inizia
e non si dove si finisce ma quello che appare più grave è la visione, il senso
della professione giornalistica, la gestione di materia preziosa come le informazioni
che possono essere manipolate, gestite e distribuite a seconda delle
convenienze e delle opportunità.
Eppure, questa storia di Rai Play, per i contenuti
affrontati da Stefano Ciccotti (CTO) e Elena Capparelli (direttora Rai Digital)
e per quello che si è potuto leggere (oltre Italia Oggi, Primaonline e Wired) avrebbe meritato ben altra attenzione e
sarebbe stata necessaria, doverosa, una comunicazione quanto più estesa
possibile. Perché non è avvenuto? Si temevano domande scomode?
È una brutta storia che avremo preferito non raccontare ma
ci dobbiamo arrendere. Questa la Rai del cambiamento. Stiamo messi bene.
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