Forse il titolo del post di ieri non era molto suggestivo,
fatto sta che abbiamo rilevato un lieve calo di visualizzazioni. Un nostro affezionato
lettore è molto attento ai nostri titoli che, a suo avviso, richiamano un testo
importante di Joseph Conrad, Cuore di tenebra. Grazie, troppo buono !!! In
effetti però, quando il titolo del post è molto aggressivo (ad esempio “miccia
corta” ha avuto un numero di visualizzazioni superiore alla media) si registrano
picchi più elevati, concentrati in determinate fasce orarie. Comunque, per tornare al post di ieri, consigliamo vivamente e, in particolare ai
consiglieri di amministrazione qualora lo avessero perso, di dedicarci qualche minuto
per leggerlo.
Oggi non c’è nulla sulla stampa, a parte qualche entusiasmo
giornalistico per la prossima messa in onda della fiction su RaiUno de “I ragazzi
dello Zecchino d’oro”. Come abbiamo scritto, esattamente la cifra editoriale
della Rai in questo momento, per la maggior parte dedicata al passato remoto, possibilmente
lontano. Allora, ne approfittiamo per proseguire qualche discorso.
Ieri abbiamo iniziato una parte di discorso sulla trasparenza
in Rai e vedremo se e come potrà proseguire. Abbiamo poi riportato una parte
della conferenza stampa di Fiorello avvenuta lo scorso lunedì. Già, di Fiorello
e in subordine di RaiPlay. È una
storiella che merita di essere raccontata perché fornisce la dimensione
tangibile, quasi millimetrica, di cosa è l’Azienda in questo momento, quanto è
in grado di sostenere sfide e confronti sui diversi scenari dove è chiamata a competere.
Per rimanere in tema Rai Play, ieri abbiamo appena accennato
ad un problema di dimensioni molto rilevanti: gli algoritmi del Servizio Pubblico.
La Rai possiede già una banca dati fenomenale e si riferisce agli abbonati al
canone, ora riscosso tramite la bolletta. Ora si porrà il problema dei big data
provenienti dalla piattaforma che, si suppone, debbano avere criteri di
gestione e utilizzo diversi. Il possesso e la manipolazione di queste informazioni,
la profilazione degli utenti, ad esempio, può essere determinante per la
raccolta pubblicitaria. Uno spot, finora e con i rilevamenti tradizionali, è
calcolato sul ”costo contatto” in un determinato arco di tempo. Nella piattaforma
Web tutto questo è completamente rivoluzionato: il prodotto potrà essere fruito
in modalità e in tempi difficilmente frazionabili e riconducibili a griglie di attenzione
del potenziale consumatore e relativa propensione alla spesa. Ma, per
questo aspetto, siamo ancora in ambito di politiche di marketing “puro”. Altro
discorso invece se ci riferiamo alla profilazione sociale, culturale, politica
degli utenti e quindi all’offerta di prodotti editoriali modulati su specifiche
caratteristiche di adesione a modelli e linguaggi sociali che potrebbe avere
pure scarsa presa di mercato. Cosa succede se i dati di flusso evidenziano una
scarsa propensione di quel determinato pubblico ad un certo prodotto audiovisivo
caratterizzato da una elevata cifra di contenuti sociali? Tutto questo merita grandissima
attenzione. Voler competere con gli OTT, come è stato detto a proposito di Rai
Play, significa esattamente voler
competere in questa arena e nessuno, men che meno in conferenza stampa, ha
sollevato questo problema. Il filo rosso che poi sostiene e lega questa
competizione, come abbiamo scritto, sono le risorse economiche che si dovranno
impiegare per raggiungere pubblici molto diversi tra loro. Non una parola su tutto
questo … a Fiorello interessa altro.
Lunedì scorso, sul palco di Via Asiago agivano tre
protagonisti: Fiorello, l’AD Salini e i
comunicatori Rai. Sul primo c’è poco da dire: ha fatto e sa fare bene il suo
lavoro, specie se lautamente retribuito. Aggredisce gli spazi scenici, se ne
appropria, detta i tempi, affida i ruoli, canta e suona e tra le battute
irriverenti cela, nemmeno tanto sottilmente, le sue profonde verità. Potrà
essere divertente o meno, potrà interessare un certo tipo di pubblico oppure un
altro, il suo ritorno in video potrà funzionare o meno ma certamente parliamo
di un personaggio di grande presa. Durante la conferenza stampa non ha dato
tregua a nessuno, ha tagliato tutti i ponti e i fili di interlocuzione che gli altri
attori presenti sul palco che avrebbero potuto avere con la platea che, è bene
ricordarlo, era composto da giornalisti perché era una conferenza stampa e non
una kermesse teatrale. Il secondo protagonista, dopo una “sobria” introduzione
del tema dell’incontro è stato preso in ostaggio dal comico e non se ne è più
liberato dove la battuta più felice è stata “AD … sta per le iniziali di ADDIO…”.
Salini è stato vittima di guerra comica incapace
a liberarsi dalla morsa della satira e di prendersi la scena e padroneggiarla come sarebbe stato lecito e
dovuto. Il padrone di casa era lui, il
prodotto che si presentava era RaiPlay, occasionalmente promosso da Fiorello.
Questa sfida di RaiPlay è importante, lo abbiamo scritto e costituisce una
possibilità di far uscire il Servizio Pubblico dalle secche di un confronto con
gli altri OTT con i quali vorrebbe competere. Crediamo che potrebbero esserci
questi presupposti, sia dal punto di vista tecnologico e sia dal punto di vista
editoriale. Quindi la comunicazione Rai doveva essere più forte e autorevole e
chi rappresenta l’Azienda al suo livello più elevato avrebbe dovuto “comunicare”
esattamente questo, cioè il senso della capacità di essere convincente e
credibile, anche oltre le battute comiche.
Veniamo al terzo incomodo: i “comunicatori” Rai. Di questo incontro non ce n’era pubblica
traccia: normalmente le conferenze stampa vengono annunciate sul sito dell’Ufficio
Stampa e tramite una apposita mail inviata a tutti i giornalisti registrati.
Curiosamente, questa volta non è successo. Sono state date alcune spiegazioni
poco convincenti: la mail è stata inviata ai direttori e ai capiredattori e poi
loro avrebbero valutato chi inviare perché ci sarebbero stati problemi di “sicurezza”
in quanto la sala era agibile per soli 50 posti (erano presenti invece oltre
150 persone) .. e poi è stato detto che si voleva limitare la partecipazione
alle sole testate iscritte al Tribunale nel registro della Stampa ignorando la
Legge (per le testate on line non lo
prevede qualora la testata abbia un giro di affari superiore a 100 mila euro e non intende
avvalersi di contributi pubblici) e così via per arrivare al cuore del
problema: la gestione del tempo è stata così costipata che, superate le 13.30,
sono rimasti pochi minuti per le domande dei giornalisti e le domande poste che meritavano tempo e
attenzione non hanno avuto le risposte doverose: ad esempio, quanto costa
Fiorello? Amen.
Questa storia fa il paio e segue direttamente quella che l’ha
preceduta sullo stesso argomento quando, come abbiamo scritto, nelle settimane
scorse, è stato invitato un gruppetto di giornalisti (non si sa con quali criteri
selezionato) ad un incontro “riservato” con Ciccotti e Capparelli in Via Teulada.
Cioè: la comunicazione del Servizio Pubblico gestita in modo privato. Non c’è
bisogno di aggiungere altro.
bloggorai@gmail.com
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