domenica 1 dicembre 2019

Uso e abuso di potere


La politica “abusa di potere” quando ingerisce nella gestione del Servizio Pubblico oppure è la Rai e i suoi organi dirigenti che subiscono passivamente le intrusioni dei partiti? In questo momento (vedi post di sabato) siamo indotti  a ritenere che sia  buona la seconda. 

La legge del 2015 assegna a questo AD e, in accordo con questo CdA, poteri più rilevanti rispetto al passato e, per quanto riteniamo questa Legge nefasta per come tiene sotto scacco l’autonomia dell’Azienda rispetto al Governo, non c’è ombra di dubbio che all’AD in prima battuta sono in capo competenze e responsabilità tali per cui se volesse dare visibili e tangibili segnali forti, autorevoli, di autonomia  e indipendenza era ed è in grado di farlo oggi, subito, domani. Non sembra averlo fatto prima in occasione delle prime nomine e non sembra averlo  fatto ora, come non sembra essere  intervenuto in modo determinante sui grandi problemi che interessano la Rai. Senza andare troppo lontano  senza nemmeno ricordare la notizia mai smentita dell’incontro con il segretario del PD alla vigilia della bollinatura del Piano Industriale, citiamo solo un piccolo esempio, piccolo piccolo, di come i problemi non si affrontano direttamente: a ottobre si è svolto un Cda dove era all’ordine del giorno la crisi degli ascolti. Leggiamo dal comunicato stampa successivo:  “… sarà oggetto di costante monitoraggio e attenzione da parte dell’Amministratore delegato per le opportune valutazioni…”  Siamo ancora in attesa …

Sabato scorso il Sole 24 Ore, ha pubblicato un articolo a firma Gianni Dragoni, dove leggiamo “Balzo del fatturato della società che realizza «Che tempo che fa». Ricavi quasi triplicati da 3,83 milioni a 11,05 milioni di euro nel 2018 per L'Officina Srl, la società costituita da Fabio Fazio (socio al 50%) insieme a Magnolia Spa (detentrice dell'altro 50%) per realizzare il programma tv «Che tempo che fa». I ricavi derivano solo dall'appalto con la Rai per realizzare 64 puntate all'anno. Oltre ai soldi versati alla Officina, la Rai riconosce direttamente a Fazio un compenso di 2,24 milioni lordi l'anno”. Per tenerci aggiornati con la memoria, ricordiamo l’articolo del 27 ottobre sul Corriere dove abbiamo letto che buona parte del day time di RaiUno è in mano ad una sola società di produzione esterna e se poi ricordiamo … ancora una volta … a caso … che esiste una redazione giornalistica con oltre 180 persone che realizza un notiziario che nel 2018 ha avuto uno share medio dello 0,6% e che nei giorni scorsi questa testata, secondo Audiweb, si colloca al 32° posto dei siti di informazione  quando TgCom è al 5° posto (ripreso da Prima OnLine) e così via,  torniamo a bomba e prepotentemente sull’argomento all’ordine del giorno: il canone.

Ormai non passa momento in cui autorevoli e quotatissimi dirigenti Rai,  studiosi, esperti di varia natura e provenienza,  spendono molte energie per ricordarci che il canone Rai è tra i più bassi in Europa, che è stato ridotto e che pure sulla riduzione spesso e volentieri avviene uno scippo da parte dello Stato che ne utilizza una parte per destinazioni improprie.  Pochi invece, si avventurano sul difficilissimo compito di dare al canone un senso sociale, un fondamento etico e culturale come pure tecnologico che lo giustifichi, non tanto e non solo per quanto la Rai oggi oggettivamente svolge in termini di prodotto complessivo che rivolge ai cittadini tutti, compresi quelli che non lo pagano, quanto più per la dimensione prossima futura che dovrà assumere in un contesto di cambiamento che la vedrà in grandi difficoltà. Le argomentazioni da ragioneria generale sul canone potrebbero non essere più sufficienti: la politica sembra averlo intuito prima ancora dell’AD e del CdA. Il nemico è alle porte.

Nei giorni scorsi un autorevole dirigente nel mentre si commentava l’andamento dell’operazione Fiorello e dell’obiettivo di “alfabetizzare gli italiani” sosteneva che, semmai, è vero il contrario: sono gli italiani che alfabetizzano la Rai che ora è costretta a rincorrere con grande affanno per fronteggiare la progressiva erosione di telespettatori  giovani mentre si stabilizza un pubblico tendenzialmente sempre più adulto (ricordiamo pag. 24 del Piano Industriale con un titolo eloquente:” I device digitali nella mani dei più giovani, il telecomando in quelle dei più anziani”). Che succederà quando il telecomando sarà sostituito da un assistente vocale? Per cambiare canale alla 24a volta che si rivede il Commissario Montalbano e i suo Ladri di Merendine che proprio quest’anno ha celebrato i 20 anni dalla prima messa in onda, sarà sufficiente dire “Ehi Google … cambia canale e passa a Netflix”.
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