martedì 3 dicembre 2019

L'impero e la provincia


Ogni giorno che il Buon Dio manda in terra siamo costretti ad assistere ad un fenomeno ricorrente quanto odioso: il tallone di ferro delle politiche imperiali. Lo spunto ce lo fornisce questa mattina Federico Fubini dalle colonne del Corriere. Il tema è la crisi del WTO (World Trade Organizazion) che non riesce più ad essere il regolatore del commercio internazionale a vantaggio dei “duri” di turno (russi, cinesi o americani) che impongono unilateralmente le proprie regole.

L’Italia e l’Europa cercano disperatamente di trovare una propria identità, di affermare valori positivi, di sostenere un mercato di scambi libero ed equo e magari gli riesce con grande difficoltà (pure al suo interno) e … zacchete .. arriva l’imperatore del momento che mena randellate come su un tamburo. Che succede e come tutto questo riguarda il Servizio Pubblico? Semplice: la Rai opera in un contesto di mercato dei prodotti audiovisivi dove un soggetto rilevante in questo momento sono gli OTT che sfuggono ad ogni regolamentazione, nazionale e continentale, e la fuga più significativa la fanno proprio nel modo più piratesco, cioè nell’evasione fiscale da quarto mondo. In questo caso parliamo di Trump che appena gli tocchi i gioielli di famiglia (FB, Google, Apple Disney etc) minaccia di ritorcersi conto la nostra sana mortadella, parmigiano, prosecco etc. Il Servizio pubblico, per quanti volessero ancora sostenere che debba diventare una specie di RaiFlix, non può e non dovrebbe competere su questo piano, dove la variabile costi/investimenti è improponibile, ma può e deve competere nella variabile normativa e regolamentare con l’obiettivo di porre tutti sullo stesso livello e allora spostare l’asse del confronto sulla qualità dei contenuti, sulla credibilità e autorevolezza del servizio prestato in cambio di canone.   

Veniamo ora alla provincia. La prima nota che proponiamo è un aggiornamento su un piccolo argomento: a che punto è il Piano industriale di Viale Mazzini? Sono ormai trascorsi quasi due anni da quando avrebbe dovuto essere presentato ed approvato a seguito del Contratto di servizio da cui è emanato. Al termine della prima proroga è stato presentato in Cda a marzo e poi è iniziato il calvario prima al Mise e poi in Vigilanza. Da non dimenticare che il Piano Industriale si accompagna strettamente con quello editoriale dove il primo non richiede il”nulla osta” della Vigilanza mentre il secondo dovrà essere “bollinato” per competenza. Dopo il recente “atto di indirizzo” dove venivano espresse raccomandazioni ed inviti a fornire maggiori dettagli in merito alla sostenibilità finanziaria del piano medesimo e impegna la Rai  a “in relazione alle nuove direzioni orizzontali, titolari di budget, e al conseguente accentramento decisionale sui contenuti, mettere in atto ogni misura volta ad impedire un appiattimento dell'offerta televisiva secondo un'unica sensibilità …” sembra ora essere in stallo, almeno per quanto riguarda, appunto,una criticità fondamentale: la minaccia di intaccare tutto o parte del canone.

Questo il cuore del problema che magari si accompagna pure alla beghe su Mario Orfeo che o diventa direttore di un Tg o fa causa alla Rai e magari la vince pure, come pure la Maggioni che se ne va in giro in Medio Oriente a fare interviste esclusive ad Assad e nessuno sa poi cosa farne. Già: ma lei non è l'AD di Rai Com e che c’entra con Assad? Gli vogliamo vendere Montalbano? Ma soprattutto, chi ce l’ha mandata? E perché? Riusciranno a fare le minacciate nomine entro Natale? Con questi chiari di luna al Governo ci sarebbe da dubitare ma, se non ci riescono, ci sarebbe da dubitare pure sulla sopravvivenza di questa governance di Viale Mazzini. Si accettano scommesse (panettoni, bottiglie di buona annata etc)

Infine, ora siamo ai quartieri periferici. Ci riferiamo ad una polemichetta da bassa cucina (vedi post di ieri) e riguarda Sanremo e gli “asset strategici” del Servizio Pubblico. Qualche genio della televisione vorrebbe invitare una certa Chiara Ferragni, reginetta dei social, sul palco dell’Ariston. Che c’è di male? Nulla, purtroppo, Sanremo nel bene e nel male rappresenta una parte di questo Paese, e come spesso è successo il Festival della canzone nazionale lo sintetizza e rappresenta più o meno bene. Il problema è che si vorrebbe con questa operazione cercare di interessare e coinvolgere quel pubblico “giovane” che lentamente e inesorabilmente si allontana dalla Rai. Pari pari come è avvenuto con l’operazione Fiorello dove è stato proposto Guè Pequeno agli anziani e Baudo/Carrà ai giovani.
Roma, addì  4 dicembre 2019, Anno del Signore

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