Chi vi scrive è nato e cresciuto in un rione popolare del
centro di Roma, tra il Tevere e Corso Vittorio. Era quasi un paese. Ci si conosceva
quasi tutti, andavamo alle stesse scuole (la Cadlolo, in via della Rondinella, vicino
a Piazza S. Salvatore in Lauro), giocavamo a pallone a Piazza Navona e passavamo
i pomeriggi ai giardini di Castel S. Angelo e sotto quel ponte era ormeggiato
lo “Stabilimento Balneare Ernesto Ciriola” dove con 10 lire, a noi “regazzini”
ci davano un bicchierone di acqua fresca e orzata.
Eh già, perché, a quel
tempo, le baby sitter non esistevano, non c’erano i centri sportivi dove
praticare pattinaggio, nuoto, tennis o calcetto. Eravamo abituati a stare in
strada, da soli, e nessuno era preoccupato e vivevamo tutti felici e contenti
(si fa per dire ma era così) e tutto sommato, siamo cresciuti abbastanza bene. Si
giocava a calcio dovunque e comunque ed era un lusso se si poteva giocare
almeno in uno dei campetti intorno ai Giardini del castello oppure, alla
grande, se si poteva andare in uno dei campi dei Cavalieri di Colombo (il più
vicino era al Ponte dell’Olimpico), ovviamente in terra battuta con breccole di
pozzolana grosse e ruvide come raspe dove, se eri fortunato, al termine della
partitella avevi le ginocchia frantumate.
Nei giorni di cattivo tempo c’erano
le Sale parrocchiali, quella della Traspontina in Via della Conciliazione era mitica perché c’era anche il cinema,
oppure si andava all’Oratorio di S. Pietro, dove ora è stato costruito l’Auditorium,
perché c’erano i biliardini. Non avevamo la televisione o meglio, ce n’era
una al bar (il posto preferito era di
fronte Porta S. Anna, all’ingresso del Vaticano) dove, in qualche sera
speciale, andavamo con i genitori e con
50 lire che venivano messe in una specie di macchinetta conta tempo da un
capofamiglia a turno, si poteva vedere lo
spettacolo. Partecipavamo agli stessi
riti sociali e alle cerimonie del Rione.
Tra questi, il 13 dicembre si andava in “pellegrinaggio” alla chiesa di S.Lucia
in Via dei Banchi Vecchi che, come appunto si diceva a Roma, è "la Santa patrona
dei cecati”, cioè di coloro che non possono vedere.
Oggi è il 13 dicembre e, purtroppo, per quanto riguarda il
Servizio Pubblico, non si legge nulla, non si sa nulla, nessuno parla di nulla. Per
porre rimedio a tutto questo S. Lucia, da sola, non basta. Finchè siamo noi,
sfaccendati, disoccupati e pensionati a non avere nulla da leggere è poco grave,
possiamo fare tante altre cose più o meno divertenti. È molto grave invece che
lo possano essere coloro che sono pagati e che sono stati eletti o nominati per
gestire l’Azienda e non rimanere in attesa di “chiarimenti”.
Nel frattempo, ogni giorno ventolate di fango di diffondono
nell’etere.
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