Care lettrici, cari lettori, confidiamo sulla vostra benevolenza e pazienza ma, potete bene immaginare, che c’è tanto da scrivere e molto da dibattere. Prendetevela comoda, molto comoda, potete pure leggere a puntate, non ci offendiamo, anzi.
Per gli appassionati di cinema (come il sottoscritto) c'è solo l'imbarazzo della scelta: si può andare da Pulp Fiction a Mezzogiorno di fuoco, da Apocalypse Now a La notte dei morti viventi, da Cronaca di una morte annunciata per finire con la battuta fondamentale de Il Gattopardo (…Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” che bene si accompagna a l’altra “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra”. In ognuno di questi titoli citati sono innumerevoli le metafore che si possono utilizzare per sintetizzare quanto avvenuto con l’elezione di Mattarella.
Ma un nuovo film sta per essere proiettato, bisogna solo decidere di quale genere potrà essere. Non siamo ai titoli di coda, non è il game over della politica, il cinema inizia adesso e potrebbe non essere un film comico. C’è un titolo e una sceneggiatura tutta da scrivere e potrebbe trattarsi di un racconto dell’ orrore: la Repubblica presidenziale.
Come abbiamo sostenuto, da tempo: era tutto già scritto e noto a tutti, da molto tempo. Era noto a tutti, da tempo, che i partiti, tutti, erano lacerati al loro interno e divisi nelle aree di riferimento (centro destra, centro centro, centro sinistra o sinistra - ??? - che dir si voglia). Da tempo, da anni, sono costretti a rincorrere un “tecnico” di turno perché incapaci a svolgere il lavoro per il quale sono stati votati: governare il Paese. Era noto da tempo a tutti che la pandemia ha aggravato la situazione e non poco. Era noto a tutti che il Covid si abbatteva come un maglio su un Paese economicamente e socialmente disastrato (2 milioni d nuovi poveri) che aspetta solo il soldi del PNRR per sperare di risollevarsi. Tutto era noto a tutti da molti tempo e il primo a cui tutto questo era particolarmente evidente era ed è proprio Mattarella che, da tempo, invece ha dato visibili e tangibili segnali di volersene tirare fuori (per non dire dei legittimi dubbi ci carattere costituzionale). Almeno un elemento non solo era chiaro ma talmente evidente che era pressoché impossibile ignorare: l’assoluta impossibilità di trovare/votare un nome “condiviso” dai diversi schieramenti interni ed esterni ai partiti. Ragionevolmente, qualcuno poteva credere alla bufala Berlusconi alla quale pressoché tutti hanno abboccato o fatto finta di abboccare fino a poche ore prima delle votazioni?
Dunque, hanno vinto tutti o perso tutti? Premesso siamo fermante convinti che Mattarella è la scelta meno peggio che poteva capitare e quindi tanti Auguri Presidente! Ma ribadiamo, è la scelta meno peggio ovvero, ancora una volta, una scelta di emergenza allo stato puro. Come ha scritto Verderami questa mattina sul Corriere: “…tutti escono a vario titolo sconfitti” Già, tutti, significa tutti, nessuno escluso.
Proponiamo una rapida riflessione sui diversi protagonisti di questa scellerata settimana i quali, tutti appunto, non cascano dall’albero del pero. Erano e sono complici e colpevoli, ognuno in quota parte.
Ma allora, posto tutto questo, Il Capo dello Stato, passato, presente e futuro, consapevole dello scenario anzidetto perché si è esposto a questa manfrina dei Tweet con gli scatoloni, del “ …torno a fare il nonno” (va tanto di moda), della nuova casa ai Parioli? Ne esce bene Mattarella? Forse proprio del tutto no. Lui, forse più di ogni altro, poteva supporre benissimo come potava andare a finire (e come poi è andata). E se non lo poteva nemmeno immaginare è un aggravante per chi, per il ruolo che ricopre, dovrebbe avere meglio e più di tutti gli altri messi insieme, il polso della situazione. Aveva ed ha tutti gli strumenti (sembra che si chiama moral suasion) per impedire lo sfascio al quale abbiamo assistito e invece si è arroccato sulla barricata del “sono cavoli vostri … ho altro da fare … i nipoti mi aspettano e devo mettere su casa” salvo poi, last minute, invocare “la Patria mi chiama”. No, qualcosa non torna.
E Draghi? Ne vogliamo parlare? Da tutti atteso e invocato come “garante della credibilità e della stabilità dell’Italia nel mondo” (garante per conto o verso chi? Financial Times, la BCE, lo spread, la borsa di Hong Kong. Il MIB ???), apparentemente neutro ma sostanzialmente in corsa (eccome!!!), arbitro e giocatore allo stesso tempo della stessa partita, somiglia a quei fantini che scommettono su se stessi. Ha lasciato intendere a chiare lettere che lui al Colle ci sarebbe andato molto, molto volentieri e invece mai e poi mai ha detto che invece no… lui al Quirinale non era interessato ed è lì solo per adempiere al compito che gli sciagurati e vituperati partiti gli hanno affidato per la sola “gestione dell’emergenza”. Insieme lui si sono sputtanati (perdonate l’eufemismo) tutti coloro che hanno sostenuto o condiviso questa ipotesi (ipotesi???) pensando di essere sempre un po’ più furbetti dell’avversario (quale che esso sia). Sarebbe stato tutto molto più semplice dire una sola parola: “No grazie, mi occupo di altro … almeno per ora mi occupo di Covid e di PNRR... poi, nel 2023 forse, se qualcuno mi elegge, si vedrà”.
Il primo che lo avrebbe ringraziato, forse, sarebbe stato il PD (o parte di esso) e in questo modo si sarebbe risparmiato le figure barbine (eufemismo) di cui ha dato prova. Per chi gioca a calcio, la metafora è facile: catenacciari senza una punta che butta la palla in porta. Ma il problema è che non avevano mai la palla. E pure quando l’hanno avuta, era una palla avvelenata (prima lo stesso Draghi e poi la Belloni). Suggeriamo vivamente di riavvolgere il film del pomeriggio di giovedì 27 con la maratona di Mentana (ce n’è pure per lui): prima compare Letta e lascia intendere che si è raggiunto un accordo e si tratterà di una donna; poco dopo arriva Salvini e conferma (abbiamo proposto tre donne) e infine arriva Conte e ci mette il timbro con la storia della donna. Se non che, a quel punto Mentana annuncia glorioso e gongolante “E’ la Belloni al 99%”. Amen. Tutti a casa a pallonate in faccia.
Stendiamo volentieri un velo pietoso su Salvini che se lo è steso da solo. Del resto, anche questo era tutto già previsto e noto da tempo. Qualcuno ragionevolmente, poteva supporre veramente che avrebbe potuto svolgere il ruolo del “king maker”? evidentemente si, visto come sono andate le cose per il credito che gli hanno dato (tutti). Invece di togliere terra sotto i suoi piedi, da buoni catenacciari, gli avversari hanno solo giocato sperando di un suo passo falso (puntualmente avvenuto) ma invece di una rapida ed efficace manovra di contropiede, si sono attestati alla sorte del calci di rigore e sperare che almeno una palla vada in rete, come è poi avvenuto. Fu vera gloria? C’è da fare le congratulazioni a qualcuno? No, non ci sembra, anzi… in un paese normale ci sarebbe la fila a dimettersi e cambiare mestiere.
In primi in fila dovrebbero essere tanti tra i vari 5S. Conte come ne esce? Facciamo fatica a mettere due parole sensate in fila. Vogliamo ricordare il Tweet di Grillo su “Signora Italia benvenuta” riferito alla Belloni? No, pietà… abbiamo già dato. Vogliamo ricordare il capo del partito che voleva Draghi al Quirinale, un certo Di Maio? Passo …
Per tutti gli altri partitini o fronzoli … lasciamo perdere (Renzi elevato a gigante, salvatore della Patria per aver scongiurato, da solo, il pericolo della 007 al Quirinale, come già avvenuto con illustri colleghi … vedi Putin o Al Sisi). Ma come è potuto solo immaginare una storia del genere? Chi è stato il Rapustin che l’ha inventata e fatta sostenere (anche dal PD)?
Ora alcune note sull’informazione: anzitutto una notizia fresca fresca. Leggiamo da Elaborazioni dello Studio Frasi su dati Auditel che ieri il Tg5 al momento del superamento del quorum ha battuto il Tg1 con oltre 600 mila telespettatori in più. Qualcosa vorrà pure dire dopo che la Maggioni ha tenuto banco per giorni con il suo salotto buono, dove molti erano sempre pronti a battere le ciglia spenzanzose in Draghi presidente o, in valida alternativa, alla Belloni prima donna al Colle. Ma su questo specifico aspetto, una citazione al valore la merita Mentana. Giù il cappello per la tenuta psicofisica sua e dei suoli collaboratori (pure simpatici) ma da rimettere subito in testa e spernacchiare con prontezza quando ha dovuto scoprire le carte e manifestare chiaramente la sua simpatia nonché la sua stizza, quando ha dovuto prendere atto che i suo cavalli pregiati (Draghi e Belloni) stavano per essere disarcionati dall’anziano trottatore di lungo corso Mattarella.
E ora, ci hanno chiesto alcuni lettori, in Rai cosa potrà succedere visto come sono andate le cose e l’azionista di maggioranza di Fuortes non si può certo dire che ne esca particolarmente rafforzato? Ci giungono “voci” incontrollate di un certo nervosismo al VII piano e non solo , anche al V. Anche questo lo abbiamo scritto tante volte: A, l’aria è cambiata e non per la direzione migliore; B, ora iniziano i dolori e non saranno pochi. Se Fuortes poteva riporre speranze che il suo nume tutelare potesse fare uno scarto di forza ha perso la scommessa ed ora è verosimile supporre che se già prima le cose non andassero per il verso giusto (ricordate di quando la Tamburino su La Stampa ha scritto di “malumori di Palazzo Chigi sulla gestione di questo AD?) ora potrebbero andare anche peggio. Prendete il calepino e il calendario alla mano: anzitutto gli scongiuri su Sanremo, poi a seguire “ci vediamo in Tribunale” prima con l’udienza spinosissima sul caso Sinisi (la lettera di licenziamento l’ha firmata Fuortes dopo appena pochi giorni dal suo arrivo) poi con la prima udienza del ricorso Usigrai per l’art. 28 (comportamento antisindacale) e, solo per rimanere a tempi ravvicinati, la convocazione “urgente” in Vigilanza sulla storia del taglio della TgR. Sullo sfondo di tutto questo c’è sempre in ballo la discussione sul nuovo Contratto di Servizio e il nuovo Piano industriale, del quale si sa che ci sono le linee guida, e infine le proposte di riforma delle governance in discussione al Senato.
Sintesi forse banale ma forse altrettanto credibile: simul stabunt vel simul cadent …o forse anche no, nel senso che nel furore della battaglia che certamente avrà inizio presto sia nel Governo e, in quota parte anche a Viale Mazzini (vedi la messa a terra del nuovo modello organizzativo per generi) è verosimile che si possa anche andare “ognuno per se e Dio per tutti”. Che la Battaglia abbia inizio!
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