Non ci resta che piangere. La mancanza di una risata la
seppellirà. Parliamo di Rai, di programmi, di prodotti, di contenuti. A costo di ripetere concetti banali quanto fondamentali:
la televisione è ciò che trasmette, la Rai è ciò che propone al suo pubblico, il
Servizio Pubblico prestato si materializza con la sua offerta editoriale. La
Rai non “produce bulloni” come una volta qualcuno amava affermare, la Rai non
dovrebbe “vendere” contatti” alla pubblicità, la Rai non dovrebbe riscuotere
solo il “successo” dei “cuoricini cuoricini” di Sanremo e la Rai non misura la
sua efficienza con i dati di ascolto. La Rai non sostiene la diffusione di
malattie sociali come la ludopatia pur di portare a casa i soldi dei “pacchi”
di RaiUno. La Rai non dovrebbe gongolare per il premio di trasmissione dell’anno
a Belve. La Rai, infine, non dovrebbe essere vittima e succube dello strapotere
editoriale degli agenti artistici e delle case di produzione esterne, veri padroni
del palinsesto. E nessuno ci venga a dire che questo è un fenomeno nuovo.
Eppure, tutto questo tema, questa riflessione, passa quasi
inosservata, sottotraccia, senza sollevare battito di ciglio. Tutti presi dai grandi
temi istituzionali, dalle sfide tecnologiche, dalle incombenze economiche. Oggi
riprendiamo pari pari il commento di Aldo Grasso sul Corriere dove si parla di “«Facci
ridere», uno dei programmi più brutti della storia Rai”. Lo abbiamo visto
anche noi e l’imbarazzo era notevole. Leggiamo
ancora Grasso: “ … è più interessante porsi altre domande: perché la Rai è
così allo sbando? Perché i nuovi palinsesti, appena presentati, non hanno nulla
di nuovo e, per ironia della storia (della tv), il volto più esposto è stato
quello di Roberto Benigni?”.
Già, perché la Rai è così radicalmente e profondamente allo
sbando? Questa è la domanda centrale che Bloggorai ha posto da tempo
laddove è del tutto evidente che la risposta non si può e non si deve cercare
sole nelle ir/responsabilità e nelle incompetenze o incapacità di Tele Meloni. Come non ricordare
che uno dei collaboratori editoriali più vicini all’AD Rossi è Stefano Coletta,
considerato “persona di punta dell’ area progressista” tanto da volerlo nominare
direttore del “coordinamento generi” dove, tra l’altro, nello stesso documento
riservato sui palinsesti si decreta e si scrive nero su bianco il fallimento
della “riforma per generi” come lo stesso DG Sergio ha sostento da tempo.
Come appunto abbiamo scritto a proposito del documento
riservato sulle linee Guida del Palinsesto 2025-27 il grande “buco nero” dove
sprofonda l’Azienda Rai è la sua identità editoriale, come si legge nel documento
segnatamente e totalmente smarita per Rai Due e Rai Tre e in parte svanita quella
di RaiUno, annegata di repliche e di Techedeche in prima serata. Naufragato il day
time ora è a rischio pure il prime time, tenuto a galla da quel poco che passa
il convento.
Bene, oggi da segnalare un’interessante
intervista comparsa sul Messaggero a Stefano Graziano, deputato PD in Vigilanza
Rai con il titolo “Legge sulla Rai, serve una fondazione e il controllo di
qualità sui programmi”. Sulla Fondazione abbiamo detto e scritto chiaro
e tondo che si tratta di una porta, un portone, spalancato vero la
privatizzazione e nonostante che pure nei giorni scorsi la valutazione negativa
su questo concetto sia stata ribadita in occasioni pubbliche, Graziano insiste
a riproporlo. Esattamente su questi temi, su questi punti che è difficile “trovare
una quadra” all’interno dell’opposizione laddove sappiamo da tempo che non sono
pochi in area “dem” coloro che sono rimasti affascinati dal tema
privatizzazione: ricordate il referendum e chi lo ha sostenuto? Ricordate le “suggestioni
di Prodi? Ricordate Boccia (attuale vicesegretario PD) e la sua idea di canone? Sostiene Graziano: “Quindi c'è modo di trovare la quadra? «Faccio notare che
oggi è la maggioranza a essere divisa in tre: Fratelli d'Italia che vuole
occupare la Rai, Forza Italia preoccupata dalla dinamica pubblicitaria, e la
Lega che vuole privatizzare e regionalizzare il servizio». Non è vero, caro
Graziano che è solo la maggioranza ad essere divisa in tre. Ad esempio, sul
tema numero 1, il primo in assoluto, il canone, Il PD è diviso almeno in due,
come forse lo è il M5S che vorrebbe abolirlo del tutto e non sappiamo, non abbiamo
bene capito come la vede AVS la cui proposta in Senato non ne parla proprio. Con
questi chiari di luna, con questi lodevoli propositi, hai voglia a “lavorare
sui tavoli”. Tanti auguri.
Però un punto a favore Graziano lo
merita quando affronta il tema del prodotto Tv e sostiene “Servirebbe un
monitoraggio qualitativo dei programmi televisivi. L'unico modo per rendere
davvero trasparente e chiaro il servizio”. Il concetto non è chiaro, anzi. Però
intanto è interessante sollevare il problema e dibatterne. Poi, si vedrà.
Chiudiamo: la maggioranza sembra
avere le idee chiare. Ieri abbiamo letto una nota ANSA: “Roberto Rosso,
capogruppo di Forza Italia in Commissione di Vigilanza e relatore del testo
della riforma Rai insieme al presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato
Claudio Fazzone, spiega all'ANSA i tempi di approvazione della riforma della
Rai, ora che la discussione sembra entrare nel vivo. L'8 agosto è prevista l'entrata in vigore
del Media FreedomAct, la normativa europea che, tra le altre cose, prescrive
che venga garantita autonomia dei servizi pubblici dai governi. L'opposizione
da tempo protesta per la lentezza dell'iter, evocando il rischio di
un'infrazione europea. L'infrazione non è certo automatica - sostiene Rosso -.
Possono passare anche anni prima che venga erogata. In ogni modo l'obiettivo è
che a settembre la riforma possa arrivare in aula al Senato, per poi passare
alla Camera e far sì che entro fine anno diventi legge".
Corri riforma ... corri … corri.
Bloggorai@gmail.com
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