Abbiamo una vaga sensazione: che i meccanismi della memoria, i neuroni cerebrali, siano più efficienti a “destra” piuttosto che a “sinistra”. Sembra che la “destra”
è maggiormente in grado di metabolizzare, organizzare e gestire i “ricordi” molto
meglio di quanto non sembra capace di fare la “sinistra”.
Allora, complice la calura facciamo cultura. Approfittiamo delle
ore in cui dobbiamo stare in casa e non prendere un colpo di sole per rivedere
o leggere qualcosa di utile. Ci siamo ritrovati tra le mani un prezioso volume:
“Inferno Tv. Berlusconi e la Lege Gasparri” pubblicato nel 2003 a firma
di Carlo Rognoni, già senatore DS e consigliere Rai dal 2005 al 2008. Il 17
maggio 2005 la Vigilanza Rai elegge per la maggioranza Bianchi Clerici,
Malgieri, Staderini e Urbani e per l'opposizione Curzi, Rizzo Nervo e Rognoni.
In una nota del Corriere di quel giorno si legge: “La linea di Prodi resta
sempre la stessa: non c'è ancora alcun accordo tra maggioranza e opposizione e
non sarà possibile un accordo se la Cdl non avanzerà una proposta condivisibile
di due figure di garanzia per la presidenza e per la direzione generale”. L’accordo
si concluse con la nomina di Petruccioli presidente e Meocci DG.
Perché è utile fare questi passi indietro e rinfrescare la memoria? Perché, a nostro modesto avviso, si ritrova tutto ciò che sta avvenendo oggi in forma rivista e corretta, aggiornata al nuovo quadro politico. Il volume di Rognoni, al capitolo 13, si sofferma su un tema interessante: “Dove ha sbagliato il centrosinistra?” il tema di fondo è quello posto dal titolo: la Legge Gasparri n. 112 del 2004, la famigerata “legge di sistema” quella del Sic (sistema integrato delle comunicazioni) ovvero la Legge del “mostruoso conflitto di interessi” Berlusconi/Mediaset come Rognoni racconta dettagliatamente nel suo lavoro. Leggiamo: “Perché il centrosinistra quando era al governo non ha fatto una buona legge di riforma del sistema radiotelevisivo? … Tuttavia non è vero che non ci provò… c’è un numero, il “1138”, che negli anni è diventato il simbolo del fallimento, dell’impotenza dei governi Prodi, D’Alema, Amato nel dare una soluzione ad un problema marcio”.
Quel marcio era, ed è
tutt’ora, riferito al conflitto di interessi. Quel “marcio” lo abbiamo
ritrovato molti anni addietro, quando arrivò la riforma Renzi, la 220 del 2015,
con la quale avvenne il passaggio epocale dell’ingerenza del Governo sulle
nomine Rai. Quel “marcio” rischiamo di ritrovarcelo pari pari oggi laddove i
temi in ballo sono esattamente gli stessi di quelli raccontati da Rognoni: la riforma,
il canone e il Cda Rai. E qualche nome torna sempre in primo piano: Gianni
Letta e Maurizio Gasparri. Torniamo al volume: “Era il primo venerdì di
settembre 2002 e il Consiglio dei ministri era a convocato nel primo pomeriggio
… poco dopo le sette il ministro Gasparri prende la parola e.. quand’ ecco il colpo
di scena: Berlusconi con un gesto teatrale da grande istrione, si alza e se ne
va … accompagnato dal suo fedele ciambellano Gianni Letta… e sarà lo stesso a
pretendere che tutto venga messo a verbale, per dare il massimo dell’ufficialità
al gesto”. Non c’è dubbio: la lettura di questo volume è avvincente e di grande
pregio: tutto torna, esattamente come abbiamo scritto ieri, un Gioco dell’Oca dove
si torna sempre al punto di partenza.
Arriviamo ai giorni nostri, a queste ore. Nei prossimi giorni
sapremo il calendario delle prossime audizioni in commissione VIII del Senato. Come
pure abbiamo scritto: inutili e irrilevanti o, bene che vada, buone a futura
memoria per una riforma lontana a venire. Oggi, nero su bianco, ci sono solo due
proposte di riforma che meritano “attenzione” (forse riassumibili in una sola)
a firma del “solito noto” Maurizio Gasparri: la n. 1481 dell’8 maggio dove è
significativa e rilevante la proposta di nominare il presidente Rai in Vigilanza
con la maggioranza semplice invece dei due terzi come oggi si prevede (e come
oggi, di fatto, impedisce la nomina della Agnes, fortemente sostenuta da Letta
e dal loro partito di riferimento, Forza Italia appunto, di cui Gasparri è autorevole
esponente) e quella di Fratelli d’Italia, la n. 1521, dove si propone la stessa
modifica. Meritano attenzione solo per questo aspetto specifico che non è poco.
Ora, in giro, con le solite quattro chiacchere al bar del Circolo trattoristi della Bassa Val Tiberina, si avverte una bizzarra puzzetta che non si capisce bene se determinata dal calore estivo o da qualche astuto calcolo politico. Molti, quasi tutti, convergono: la riforma non ci sarà in tempi brevi, è semplicemente impossibile. Ad essere ottimisti, sarà necessario almeno un anno, con buona pace dell’8 agosto e dell’EMFA e di chi vorrà presentare ricorsi non si sa bene dove e contro chi. Allora, ecco lo spunto di ragionamenti che si avvertono sottotraccia: esploriamo altre strade, cerchiamo di rimescolare le carte in tavola o proviamo a fare saltare il banco.
Per la
maggioranza ci potrebbe essere la suggestione, solo quella, di tentare uno “strappo”
parlamentare, evitando il lavoro della Commissione e andando direttamente in
aula. Difficile ma non impossibile. Per l’opposizione, in mancanza di meglio,
si sta facendo strada l’ipotesi di una forte “moral suasion” verso i due
consiglieri di Majo e Natale per indurli a dimettersi con la speranza di chiudere
la partita con “questo Cda”. Si tratta, per quanto a noi noto, di un’ipotesi suggestiva,
praticabile e dai possibili effetti immediati. Ci risulta che in casa PD ci sia
qualche mal di pancia e pure in casa M5S si avverte qualche brontolio. C’è pure
una terza strada, forse comune ad entrambi gli schieramenti: lasciare tutto com’è,
in attesa che i “tempi” possano maturare in altri equilibri ancora sconosciuti.
Alla maggioranza, in fin dei conti e tutto sommato, il “presidente” Marano sta
bene dov’è e all’opposizione di fare le pulci alla legittimità di questo Cda
non sembra esserci grande voglia. Chissà cosa pensano i due consiglieri: Hic
manebimus optime? Tanto tanto, è passato quasi un anno da quel famoso 26
settembre 2024.
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