giovedì 10 luglio 2025

Mediaset e RAI: il Colosseo prossimo venturo

by Bloggorai ©

“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare” e il gioco consiste nel mettere in ginocchio e azzannare alla gola l’avversario. Parliamo di Berlusconi Jr e della Rai dopo la presentazione dei palinsesti Mediaset di ieri.

Non è nelle corde di Bloggorai fare la comparazione dettagliata dei programmi e dei personaggi dei due concorrenti però siamo in grado di “leggere” i passaggi essenziali del progetto editoriale (e politico) dell’operatore privato e di quello Pubblico. Tra i tanti articoli di questa mattina che raccontano i particolari mutamenti dell’offerta Mediaset per la prossima stagione tre meritano attenzione. Il primo è del Corriere dove si legge il cuore della sua strategia: Mediaset attacca il fronte dove oggi appare più debole, ovvero l’access e il prime time laddove Rai ancora resiste. Il secondo è del Sole dove si riferisce l’aggiornamento delle mosse di MfE sullo scenario europeo con la trattativa su Prosiebensat (ricadute sul dossier Rai Way) e il terzo su La stampa dove si leggono interessanti considerazioni sull’aggiornamento e il “revisionismo” dei reality che portano tanta gloria a Mediaset.    

La sensazione, la lettura verticale per quanto sommaria che ne ricaviamo dai due palinsesti è tutta nel tema identitario. Mentre Mediaset è alla ricerca di una sua nuova dimensione, di un “aggiornamento”, di un riposizionamento e rafforzamento della sua offerta editoriale (compresa l’informazione dove PSB ha dichiarato “Vogliamo dare all'informazione un respiro più ampio e raccontare l'attualità con più profondità”). Rai invece a Napoli ha mostrato tutti i segni della sua debolezza strutturale riproponendo un modello di offerta logoro, stantio e privo di nuove idee e contenuti attestandosi alla difesa ad oltranza del “suo” pubblico stabilmente “over” oltre il quale c’è il baratro. Ed è proprio in questo campo, spaziale, temporale e di contenuti che la contesa si fa sanguigna e dove non si fanno prigionieri.

Quando a suo tempo abbiamo seguito il dibattito sul rinnovo del Contratto di servizio abbiamo rivolto una critica severa alla logica dei KPI (Key Performance Indicator) tanto cari alla ex presidente Soldi e ai suoi epigoni. Forse, a rivedere il film sul Contratto, ci si può chiedere se qualcuno ha sbagliato acronimo dove magari si pensava ai LEP (Livelli Essenziali di Prestazioni) che il Servizio Pubblico deve garantire anche in termini di qualità della propria offerta.  

In questo contesto, una frase di Berlusconi ci ha colpito assai: “Mi chiedo solo una cosa: è giusto che la tv di Servizio Pubblico mandi in onda un game al limite del gioco d'azzardo?” Bloggorai lo ha scritto forte e chiaro: No, non è giusto!!! Ora, è evidente che l’atto di accusa è fortemente strumentale al fatto che si riferisce al diretto concorrente di Striscia, ovvero il gioco dei “pacchi” di De Martino. Ma è pure del tutto evidente che l’accusa è forte, solida, granitica e fondata su un elemento indiscutibile. Il gioco dei “pacchi” in onda su Rai Uno alle 20.35 di ogni giorno è sostegno indiretto alla logica, alla struttura mentale, del gioco d’azzardo allo stato puro, primordiale. Parliamo di una malattia sociale devastante nella quantità delle persone colpite e nelle lacerazioni profonde che provoca. Parliamo di un fenomeno di assoluto rilievo che interessa, secondo una recente indagine di Nomisma nel 2024 “… 20,7 milioni (48 percento) gli italiani di età 18-75 anni che hanno partecipato almeno una volta a giochi con vincite in denaro”.

Se sostituite i “pacchi” con una leva di slot machine, con un gratta e vinci o con una monetina non cambia nulla: non si richiede nessuna abilità, capacità o esperienza ma solo una “botta di fortuna”, ovvero l’ultima spiaggia di chi non riesce a farcela o di chi invece vuole di più di quanto già possiede. Il Gratta e vinci” o il gioco del lotto o la lotteria nazionale non riguardano solo i poveri come pure l’alcol e il fumo: sono malattie sociali “democratiche” perché investono tutti, indistintamente dalla collocazione sociale o culturale. Lo abbiamo già scritto da tempo e lo ripetiamo: il Servizio Pubblico non deve sostenere la diffusione di questa malattia sociale. Non lo doveva già da anni, quasi da decenni, eppure nessuno ha mai battuto ciglio, compresi i tanti nostri amici. Questi nostri “amici” molto impegnati nelle proposte di riforma Rai, magari, se gli scappa, ogni tanto, alla bisogna, un pensierino al “prodotto”, ai contenuti, ai programmi TV potrebbero anche farlo.

Ha scritto nei giorni scorsi Valentini sul Fatto : "Se quella era “sottocultura televisiva”, come la definì Eco, questo è un gioco d’azzardo che rischia di sconfinare nella ludopatia ... Pazienza finché questo avviene sulle reti commerciali. Sulla televisione pubblica sarebbe meglio evitarlo, se non altro per il rispetto che si deve a chi paga il canone d’abbonamento".

Forse, oltre e insieme alla “riforma della governance” è necessaria anche una riforma della “missione” del Servizio Pubblico, ovvero del suo senso etico e morale. Su questo tema però i "tavoli di lavoro" non si fanno, non rendono e non creano future candidature.

bloggorai@gmail.com

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