https://webtv.senato.it/webtv/altri-video/convegno-sfide-servizio-pubblico
Tutto il resto è noia, a parte l’autorevolissimo e condivisibile saluto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella oggi largamente e giustamente ripreso e messo in testa agli articoli dei giornali. Scrive il Corriere: “No alla spartizione alla Rai» Il messaggio di Mattarella su pluralismo e difesa del canone Il presidente: il servizio pubblico sia cornice di libertà e inclusione”. Poi La Repubblica: “Sì al pluralismo, no alla spartizione" Il richiamo di Mattarella sulla Rai”. Poi il Sole 24 Ore: “Il monito di Mattarella sulla Rai: Ci sia pluralismo e non spartizione” e così via. La battuta della Gucciari sul messaggio del Presidente è stata fulminante: “ … ha preso così a cuore il tema fuori i partiti dalla Rai che se ne tiene talmente lontano tanto che è volato in Cina”.
A voler essere sinceri, non è tutta noia. Gli spunti interessanti di dibattito e riflessione sono tanti, troppi e molto complessi per così poco tempo. Ma tutti si sono tenuti ben lontani dall’affrontare per le corna la sfida principale del Servizio Pubblico: l’autonomia e l’indipendenza dal Governo e dai partiti. Questo nodo cruciale viene rinviato ai lavori dell’8a Commissione Senato che ha raccolto le otto proposte di Legge di riforma della RAI. Peraltro, tutti ben consapevoli che sarà un’arena di combattimento senza tregua: tra chi vuole abolire il canone e chi ha in mente la Fondazione ci sono pochi margini di convergenza. Il “clima di dialogo” tanto auspicato dovrà necessariamente partire da qui. Come pure, ed è il tema sottotraccia ma nemmeno poi tanto del confronto in aula di ieri, l’altra grande sfida immediata per la Rai è nominare il/la presidente oltre il contenzioso tra i partiti. Su questo punto oggi il "dialogo" è a zero: Agnes si o no a seconda se si troveranno due voti in Vigilanza che la sosterranno e questo potrà avvenire solo attraverso un accordo tra i partiti. Ribadiamo, l’unica che lo ha detto chiaro e tondo, con vivo disappunto di qualcuno in sala, è stata la comica Gucciari quando ha sostenuto che “parlare di tenere fuori i partiti dalla RAI è come organizzare un convegno sul gioco d’azzardo a Las Vegas” raccogliendo un vagamente percettibile malmostio tra i presenti in sala (“Come si permette di parlare male dell’Azienda per cui lavora” oppure “Si va bhè… poi però ha le mani in pasta un po’ dovunque”).
A rivedere gli appunti che abbiamo preso e in parte riportato nel post di ieri sera, e a risentire le impressioni di amici ed ex colleghi che erano presenti o hanno visto il dibattito in streaming rimane ben poco. Rimane forse una buona intenzione, la sensazione di un’occasione mancata, di un vorrei ma non voglio, di un potrei ma non posso. Rimane poi, sottotraccia ma nemmeno tanto, la sgradevole sensazione di una commedia mal riuscita, di un gioco delle parti senza soluzione, un cubo di Rubik che non si compone mai. Appare francamente difficile affidare credibilità a chi, fisicamente, vedi di fronte a te e pensi subito, come ha detto la Gucciari “ma che ci stanno a fare qui?”. Ci riferiamo a chi è stato imposto dal Governo e nominato dai partiti (alcuni). Parliamo di tutti coloro che pure erano e sono ben consapevoli che la nomina di questo Cda, tanto autorevolmente rappresentato in sala ieri, era ed è viziato da una tara insanabile: è il frutto malato di un albero avvelenato, ovvero la Legge Renzi che tutti vogliono abolire e che pure sono stati tanto celeri a volerla applicare ancora quando si poteva e doveva fare di meglio e di più. Ne hanno avuto la piena possibilità senza scomodare grandi proposte di riforma: c’era una piccola riforma disponibile subito, gratis, eppure è stata beatamente ignorata: nominare i nuovi vertici Rai con criteri aperti, trasparenti e non discriminatori come previsto dal MFA che tutti, oggi e solo oggi, si spellano le mani ad applaudire. Si avverte un certo fastidioso senso di ipocrisia istituzionale che pesa, aleggia come un fantasma sul palcoscenico e non è facile ignorare. Si poteva fare/applicare subito una riforma concreta semplicemente applicando quanto già previsto dalla Legge, ovvero scegliere i nuovi amministratori di Viale Mazzini con una selezione aperta, una comparazione per titoli e meriti. Non l’hanno voluta fare come hanno volutamente ignorato il ricorso al TAR. E invece, in sala tra calorose strette di mano e abbracci fraterni, erano presenti tutti quelli usciti dal cilindro dei partiti che ora invocano “Fuori partiti dalla RAI” non paghi del tradimento del 26 settembre "prima la riforma e poi le nomine". “Ciao caro, mi dicono che potresti anche essere il prossimi presidente se le cose sulla Agnes non dovessero andare al posto giusto”. Silenzio imbarazzato. Come pure imbarazzante osservare che, ad un certo punto, il vertice aziendale, dopo l’intervento di Rossi è svanito, eclissato, e sono rimasti, non a caso, i consiglieri usciti dal cilindro dei partiti e qualche dirigente volenteroso e curioso di sapere come andrà a finire. La qualificatissima rappresentanza Mediaset invece ha tenuto duro fino all’ultimo.
Oggi si prosegue e chissà se nel pomeriggio si paleserà sulla scena il convitato di pietra, il PD, che finora sembra aver signorilmente ignorato lo spettacolo. Dicono, pare, forse, al dibattito “politico” potrebbe partecipare il senatore Nicita, ovvero una parte del PD, cioè colui che si dimise da relatore di minoranza in Vigilanza Rai quando si stava chiudendo il Contrato di Servizio a settembre scorso, e sappiamo poi come è andata a finire.
Staremo a vedere.
bloggorai@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento