Prima di tornare alle nostre solite piccole beghette sulla
RAI, chiudiamo il racconto di questa ignobile avventura tra scaldabagni, guarnizioni
e chiavi inglesi.
Ormai ci siamo, tutto è pronto per l’offensiva finale. Il Supertrapano
Bosch da 7Kg è pronto, sta lì, fumante,
non vede l’ora di entrare in azione. Le sue punte al titanio fremono ruggenti e
il mandrino sembra già girare da solo. Ma, prima di lui, deve entrare in azione
la “fanteria leggera”, ovvero il nipote piccolo, il trapano a batteria 12v con
percussione e una punta da 4 per “invitare” poi il pezzo più grande con una
punta da 12. Si tratta di prendere la posizione dei fori in modo supermillimetrico,
non ci sono margini di errore, deve andare bene per forza, non è concessa una seconda
possibilità. One way … one shoot! Mi predispongo comodo: l’attrezzo è pesante e
lo devo tenere con una mano sola.
Via .. dai ... si parte: prima un piccolo foro e poi giù
duri, pesanti, senza esitazioni. La punta vibra, ruggisce, il gres è durissimo
e sembra resistere, fuma, si oppone, reagisce come può, capisco al volo che è
necessario cambiare la “postura”: giro la chiavetta della percussione e cambia
la musica, la punta scivola e apre il foro. Prima uno e poi l’altro. Missione compiuta,
per ora. Bisogna riprendersi dallo sforzo e allora rivolgo lo sguardo in alto
dove il flessibile dello scaldabagno con il dado del 21 mi guarda beffardo. Che
fare?
Mia moglie è tornata con una chiave del 21 nuova fiammante,
lucida, perfetta, un gioiello (pure per il costo, necessario aprire un mutuo
per avere la serie completa) ed è giunta l’ora del giudizio … ora o mai più. Non
la faccio lunga e vi risparmio tutti i pensieri malevoli e malmostosi che mi
sono passati per la mente in quei terribili momenti. Tutta la vita professionale
mi è scorsa davanti. Ho pensato a me da piccolo mentre smontavo vecchie radio a
valvola. Mi sono tornati gli attimi di quando avevo un Gilera 98 e la gioia più
grande è stata quando ho smontato e rimontato un carburatore Dell’Orto ostico
come una cena andata di traverso. Mi posso fare intimorire da un dado del 21?
No, no …no ce la fara! Ebbene… invece si… ce l’ha fatta! Mi si erano prospettate
due soluzioni: o andavo all’arma bianca e demolivo una parte di muro per
cambiare la sede di allaccio oppure, buon viso a cattivo gioco, lo lasciavo lì
e poi, un giorno, quando magari troverò un idraulico vero, se ne riparlerà. In fin
dei conti, ho pensato, è solo il flessibile dell’acqua fredda e quindi la plastica,
la guarnizione, dovrebbe avere tenuto. Così è ma, a maggior sicurezza, metto una
seconda guarnizione di silicone. Va bene. Pace. Attimo di pausa. Allora,
procediamo con il secondo flessibile, quello uscita acqua calda. Nuovo di fabbrica,
un ninnolo. Anche lui più prezioso di un BOT a cinque anni con rendimento dell’1,75%.
Mi hanno spiegato che fino a due anni fa costava poco meno di 3 euri, ora più
di 5. Amen. Sembra andare a meraviglia, quasi quasi fischietto per la gioia. Sembra
… sembra …
Allora, ricapitoliamo: la parte elettrica sembra chiusa (una
pernachietta all’elettricista che mi ha detto che per le prossime settimane
sarà tutto impegnato). I due flessibili “sembrano” a posto. Ora dobbiamo
chiudere la partita con il sanitario. Il tempo stinge, le energie si stanno
rapidamente esaurendo, il potassio e magnesio hanno esaurito la loro carica propulsiva.
Dajjjeeeeee!!!! Ricapitoliamo: fori a posto, silicone in posizione, manicotto
con relativa maxi guarnizione nuova in ordine. Tutto è pronto per la grande manovra.
Deve andare tutto bene… non ho vie di fuga, ora o mai più… sono ancora in tempo
a dire agli ospiti in arrivo che, purtroppo, non sono in grado di accoglierli come
meritano. No. Non si può fare. Allora, prendo fiato, mi concentro, sento
freddo, una perla di sudore, lentamente, mi scivola sugli occhi e ne sento il
bruciore, la vista si appanna. Piano piano, invito i bulloni di serraggio in
sede e, nel frattempo, tengo d’occhio il manicotto che non si deve muovere,
deve giocare tutto in simultanea. Si!!!! È andata … “sembra” tutto bene. Un sottile
fremito di orgoglio mi corre lungo la schiena, mi faccio i complimenti da solo!
Bravo, ottimo lavoro, good job!!! Well done !!! bene, non mi resta che riaprire
la valvola dell’impianto centrale, riattaccare la corrente e provare. Sono fiducioso,
dovrei avere fatto tutto a dovere. Giro la farfalla, sento l’acqua scorrere. Dal
rubinetto si avverte un tuono di aria che compensa il suo rientro nel circuito.
Tutto freme: lo scaldabagno sembra avere un toro impazzito al suo interno, ed
emette strani ruggiti, il rubinetto vibra furente e… e… che ti vedo? Vedo che
il dado del flessibile caldo perde copiosamente: la guarnizione che pure mi
avevano spergiurato tenesse perché “quella nuova” e quindi giustificare il
prezzo più elevato, non tiene… semplicemente non tiene!!! Panico, disperazione
e imprecazioni di vario genere…mentre già vedo il pavimento allagato, chiudo repente
la valvola a farfalla e blocco l’emorragia. Allora, dovete sapere che una volta
si usava la canapa, poi il Teflon e ora queste nuove guarnizioni che … non reggono
… dannazione … non tengono. Rapido: lo smonto, prendo un ring di silicone per
aumentare lo spessore, faccio qualche giro di Teflon (che, ovviamente, mi cade
e si rovina tutto) e lo rimetto in sede e stringo a morte con la 22. Incrocio le
dita. Riapro la valvola a farfalla. Sembra tenere anche se ... anche se ... si
vede una perfida goccia. La sopporto, non ho più tempo. Bene: prova finale:
tiro giù lo scarico e mi prende uno stranguglione, avvero un forte capogiro e
mi tremano le mani: un forte rivolo d’acqua esce dl muro!!! E mo che faccio??? Dramma
vero. Non posso rismontare tutto. Ho una sola speranza: cercare rapidamente un
nastro idraulico termoastringente. Mi precipito dallo smorzo giù a valle. “Lascia
fare il nastro, dagli di silicone tutto intorno e stai tranquillo” ... ancora
con Tranquillo che a Roma è sempre morto di pizzichi. Bene, non ho scelta, mi
devo fidare. Eseguo, richiudo i cantieri, ripongo gli arnesi e rivolgo un pensiero
fiducioso verso l’avvenire, uno sguardo metafisico verso il futuro radioso che
ogni giorno si prospetta di fronte a noi.
Bisogna solo attendere che il silicone faccia il suo effetto
e il destino di tanto lavoro sarà segnato! Ovviamente, la parafrasi è di Antonio
sulla piana di Filippi alla vigilia della battaglia “Ah, se solo sapessi la
fine di questo giorno … il mio destino sarà compiuto”.
Per la Rai, c’è tempo!
bloggorai@gmail.com
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