lunedì 3 maggio 2021

RAI: XXX

Da ieri sera ci stiamo lambiccando il cervello per trovare un titolo giusto per il post di questa mattina. Abbiamo pure avuto suggerimenti: “Quel pasticciaccio brutto brutto di Viale Mazzini”… “Salini &Co: il giorno dopo” …”Rai: oltre il giardino” … “La Caporetto del Servizio Pubblico” ed altri ancora più o meno dello stesso tenore. Avremmo voluto seguire la pista della farsa ma purtroppo siamo indotti verso quella della tragedia. Alla fine, forse il più semplice sintetico XXX potrebbe esprimere bene tutta la confusione che regna intorno all’Azienda Rai, al suo interno anzitutto ma anche al suo esterno.

Attenzione: nel tentativo di scrivere qualcosa con un minimo senso logico, non saremo proprio sintetici, anche perché abbiamo riscontrato che pure i “pezzi” lunghi sono stati apprezzati. A questo Blog non spetta l’onere della sintesi ma quello della riflessione e, per questo, occorre spazio.  

Premessa: preghiamo di incorniciare il noto aneddoto su Petrolini che, durante una recita, avverte dal loggione una persona che disturbava. Interrompe lo spettacolo e gli si rivolge: “Non ce l’ho con te ma con chi ti sta accanto e che non ti butta di sotto”.

Su quanto successo sabato Primo maggio c’è materiale a sufficienza per scrivere un capitolo dell’Enciclopedia Italiana di Storia Moderna. Il problema è trovare il punto giusto da dove iniziare. Ci proviamo ma, vi avvertiamo, siamo costretti a prenderla da lontano: il 31 luglio 2018. È una data chiave per comprendere tutto ciò che è avvenuto dopo e ci ha condotto ad oggi. Sarebbe un errore, infatti, iniziare dalla coda se non è chiara la testa e se non è bene in luce il contesto di quanto avvenuto. Si tratta esattamente di quel “contesto” al quale si fa esplicito e diretto riferimento nella telefonata incriminata che vi preghiamo di ascoltare attentamente (più avanti il link di quella integrale).

Chi ha guidato l’Azienda, come, con quali risultati è giunto alla conclusione del suo mandato? Chi ha il “controllo editoriale” su quanto manda in onda? Chi risponde dei possibili illeciti? Queste le domande di contesto che è necessario porre prima. Se non sono chiari questi passaggi, tutto appare confuso e disordinato e tutta vicenda Fedez si presta a letture disordinate, parziali e improprie.

Riassumiamo i presupposti della nomina di questo Cda, con Salini AD e Foa Presidente, rispettivamente addebitati “in quota” il primo al M5S e il secondo alla Lega, e quattro consiglieri di fonte parlamentare (rispettivamente in quota PD, Lega, FdI e M5S) e uno eletto dai dipendenti in obbedienza a quanto disposto dalla nefasta Legge 220 del 2015 che riportava la Rai sotto il tallone di ferro del controllo governativo. A quel tempo il Governo era sostenuto da una maggioranza, appunto M5S e Lega, con il PD all’opposizione. Cambia il quadro politico e si passa al Governo Conte 2 con M5S e PD e la Lega all’opposizione per arrivare ai giorni nostri con tutti dentro meno Fratelli d’Italia. Dunque, all’inizio dell’estate 2018, molti si aspettavano che il M5S aprisse la Rai “come un scatola di sardine”, si parlava di “cambiamento”, di trasparenza, di merito e amenità varie.

Appena insediato, il Cda Rai si trova scodellato sulle scrivanie una pietra incandescente: il Piano Industriale 2018-21 e, non avendo avuto il tempo materiale per studiarlo, si chiede e si ottiene dalla Vigilanza Rai una pausa mettendo in atto quel lento e inesorabile processo che porterà lo stesso Piano al suo congelamento e alla sua attuale scadenza. Nel frattempo, si procede a nomine varie e rimescolamenti di direzioni nelle reti e nelle testate senza apparenti e giustificati motivi, dove ogni partito (quasi tutti) ottiene ciò che vuole, direzione in più o una in meno. Trascorrono quasi due anni di passatempo, dei quali si fatica a trovare tracce di innovazioni di prodotti, di sistemi, di nuova efficienza, di attenzione agli obblighi previsti dal Contratto di Servizio. La stessa “reputazione” della Rai nel 2020 rimane sempre al di sotto del 50% della fiducia che riscuote e si riprende, in parte, con l’inizio della pandemia:

              Immagine tratta dal Report settimanale realizzato dal Consorzio Opinio Italia per conto Rai

Questi tre anni hanno consolidato l’immagine di una Azienda di Servizio Pubblico in crisi sui tre grandi pilastri dei quali vi scriviamo da tempo: anzitutto sul fronte economico con i recenti dati di bilancio (in sostanziale pareggio ma con una posizione finanziaria negativa per oltre 500 mln); poi sul fronte editoriale dove si leggono ascolti che nonostante l’obbligo di rimanere in casa si confermano tendenzialmente in calo; infine, sul fronte tecnologico con il refarming delle frequenze di settembre alle porte. Ma ciò che è più in crisi è il modello editoriale complessivo, il senso generale del suo ruolo come Azienda di Servizio Pubblico, la sua missione, la sua collocazione in un mercato che non è quello dove la Rai è nata e che sarà sempre più diverso nei prossimi mesi, e anni. Su questo fronte, da tempo, non si avverte segnale di fumo, da nessuna parte. Se non è chiaro questo contesto difficile comprendere tutto il resto.

La vicenda di cui parliamo non dovrebbe sorprendere più di tanto: è perfettamente nel quadro di un’Azienda che da tempo non produce ma mette in onda, che acquista ma non controlla, che sopravvive e segue l’onda ma non la cavalca, che attende e non anticipa, che guarda più al passato che non al suo futuro.

Tutto questo avviene da anni, sotto lo sguardo complice e colpevole di chi ha potuto e non ha voluto, di avrebbe dovuto e non lo ha fatto. Partiti ipocriti e falsi come quatto soldi bucati: hanno fatto finta di proporre qualcosa che poi non hanno voluto/potuto/dovuto realizzare pure avendone tutto il tempo e le possibilità. Oggi leggiamo il corifeo del lamento: “Subito la riforma Rai” oppure “fuori i partiti da Viale Mazzini”.  C’era tutto il tempo per fare la riforma della Legge 220 del 2015, bastava un soffio e questo c’era con il Governo Conte1, poi con quello Conte 2 e ci sarebbe stato anche con il Supertecnico Draghi già dal suo insediamento. Tutti sapevano e sanno che questo Cda, di fatto, è già scaduto. Invocare, oggi, la riforma della sola governance Rai è una pezza più piccola del buco che vuole coprire e serve solo a mascherare la mancanza totale di visione del Servizio Pubblico: non sanno cosa farne e come dotarlo di risorse adeguate a renderlo forte, autorevole competitivo. Anzi, molti non perdono occasione per attaccare la sue fonte di reddito più rilevante: il canone.   

Con quanto premesso, si potrebbe ora dettagliare e cercare di valutare correttamente quanto avvenuto il Primo Maggio e posizionare alcuni punti fermi. Il primo punto, granitico e indiscutibile, consiste nel fatto che la Rai  e suoi dipendenti, sono obbligati a seguire la Costituzione, le Leggi dello Stato e il Contratto di Servizio. Sembra superfluo ripeterlo, ma forse a molti non è del tutto chiaro. Il secondo è che la manifestazione è di “proprietà” di CGIL, CISL e UIL che, a sua volta hanno concesso ad un società la gestione del concerto che, a sua volta, ha ”venduto” a Rai diritti di ripresa e messa in onda. Il terzo è che, formalmente, non è stata esercitata “censura” in senso proprio in quanto poi Fedez ha detto quanto voleva. Semmai si potrebbe ipotizzare una forma di pressione preventiva, una induzione ad autocensurarsi che, per certi aspetti, è più perfida e grave della censura stessa. Ed è esattamente su questo punto che merita soffermarsi. 

Per quanto riguarda i fatti realmente accaduti, dovrebbe fare testo la registrazione integrale della telefonata (https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/05/02/caso-fedez-laudio-integrale-della-telefonata-al-rapper-limbarazzo-di-rai-e-organizzatori-nessuno-si-vuole-prendere-la-responsabilita/6184936/ ) che merita particolare attenzione, dove meglio di ogni altra situazione, si comprende perfettamente il “clima” culturale”, politico e aziendale che copre questa vicenda. Da ascoltare la voce, in sottofondo, con la quale si chiude la telefonata: “…la situazione è drammatica”. La Rai risponde: "ci vedremo in Tribunale"

Ora si può aprire un altro capitolo: chi è Fedez e perché si parla tanto di lui? Cosa rappresenta il personaggio, cosa significa il suo ruolo di “influencer” e quanto pesa nella dinamica ed evoluzione dei media audiovisivi? Forse, più, ancora, quanto i “social” si stanno sostituendo o accompagnando prima alla televisione e poi alla politica? Quanto tutto questo interviene nei sofisticati meccanismi della comunicazione politica? Infine, quanto un “Fedez” è in grado di influenzare i lavori parlamentari, nel momento in cui denuncia, forse anche correttamente, ritardi e inefficienza ingiustificabili?

Si tratta di un personaggio che da solo vale più di qualche partito che sostiene la maggioranza di governo. I suoi follower, insieme alla moglie e sodale Chiara Ferragni, sono stimati in oltre 34 milioni e ogni loro esternazione vale decine di migliaia di euro (a proposito, quanto vale l'immagine del suo cappelletto con il logo della Nike?).  Si tratta dello stesso personaggio che, proprio nelle scorse settimane, insieme a Mara Maionchi è stato oggetto di un forte “supporto” promozionale da parte di Rai Tre e RaiUno per LOL, la loro trasmissione in onda su Amazon Prime. Si tratta dello stesso personaggio che, direttamente o indirettamente, ha concorso a influenzare la classifica di Sanremo con i “like” suoi e di sua moglie e così via.   

Forse, siamo andati oltre lo spazio consueto. Ci aggiorniamo presto, la battaglia per la Rai del futuro è appena iniziata.  

bloggorai@gmail.com

 

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