mercoledì 5 maggio 2021

La Rai nella tempesta perfetta

Una citazione al giorno e toglie il medico di torno. Questa è quasi obbligatoria: “Quando non si vede bene cosa c'è davanti, viene spontaneo chiedersi cosa c'è dietro” di Norberto Bobbio. 

Si dibatterà ancora a lungo sul significato, sul contesto, sul “sistema”, sulle “opportunità” di dire o non dire certe cose in diretta Tv, su chi ha parlato e su chi ha taciuto (raramente come in questa circostanza sono più significativi i silenzi che non le parole e ne citiamo uno su tutti: Landini, il segretario generale della CGIL che, nel cuore della notte, per quanto abbiamo letto, avrebbe ricevuto una telefonata da Fedez). Comunque, all things must pass, e anche questa presto sarà una storia da archiviare. In questo senso, vi potete anche risparmiare la fuffa dei giornali di oggi e magari ritagliare e conservare l’immagine che abbiamo pubblicato ieri pomeriggio che, da sola, vale più di dieci articoli.

Certamente pesa e peserà per quanto potrà avvenire presto alla Rai. Si stanno ridisegnando velocemente nuovi equilibri, nuove aree grigie di interessi congiunti, di opportunità e coinvolgimenti incrociati. Si tratta del grande gioco della politica, esattamente ciò che la rende tanto odiosa quanto amata. Si tratta di quel grumo di pensieri e parole che oggi ti vedono da una parte e domani dall’altra e chi osserva fatica a comprendere dove si vuole dirigere lo sguardo. Fedez è un pretesto, una pietra d’inciampo che invece di essere a terra è caduta dal cielo ma non inattesa. Non è un meteorite sfuggito dai radar, era tutto già scritto e previsto, nel dettaglio, nei tempi e nei modi e a Viale Mazzini sapevano tutto e tutti: chi è il personaggio, quanto “pesa” la sua immagine, cosa significa, di cosa parla e di cosa si occupa, financo quanto vale l'immagine del suo cappellino con i loghi in bella vista, sempre bene inquadrati.

Fatto sta che questa vicenda cade nel momento giusto della tempesta perfetta che si sta per abbattere su Viale Mazzini. Riprendiamo la citazione di Bobbio: per capire ora cosa potrà succedere, ci potrà essere di aiuto quanto abbiamo scritto già dalla fine dello scorso anno su questo Blog. Il 2021 è un anno cruciale, uno snodo strategico per la vita del Paese. In ordine di rilevanza: inizio del semestre bianco di Mattarella (fine luglio), elezioni amministrative nei grandi comuni (settembre) ricambi al vertice di circa 500 società tra consociate e partecipate dello Stato. Per la Rai, nel dettaglio, il rinnovo del Cda, l’avvio del refarming delle frequenze a settembre, la possibile riscrittura e/o aggiornamento del Piano Industriale, l’avvio delle discussione per il nuovo Contratto di Servizio in scadenza nel 2022. Tutto questo in una circostanza politica e sociale particolare e straordinaria: la pandemia e il Governo Draghi.

Ora, per scendere ai piani bassi della cucina di Viale Mazzini, come noto, è in pieno svolgimento la grande battaglia per il rinnovo dei suoi vertici e si stanno scontrando le due scuole di pensiero: la prima vuole che tutto sia nella mani di Draghi (vedi post di ieri) e l’altra che invece vede ancora una volta i partiti a dare la carte. Alla prima scuola si associa il teorema applicato per il Governo: Il MEF nominerà AD e Presidente e i partiti si prenderanno le bega di nominare i quattro consiglieri di fonte parlamentare. Potrà anche essere così. Abbiamo qualche dubbio che pure su questi due nomi i vari Salvini, Letta, Di Maio &Co rimangano in finestra, ma potrebbe anche succedere. Proviamo a seguire questo ragionamento. Draghi si dovrebbe assumere una grande responsabilità esattamente nel momento in cui su di lui ne gravano di ben altre e di ben altro rilievo. Nella contingenza, la prima è mettere in sicurezza i soldi del Recovery Plan e non sarà una passeggiata. Quando si tratterà di mettere le mani sui malloppi e gestirli ci sarà da ridere (vedi la storia del Ponte sullo Stretto). Poi, quella che lo riguarda direttamente e che interessa tutti i partiti: la corsa per la presidenza della Repubblica. Si tratta di una competizione per certi versi già iniziata e che nelle prossime settimane entrerà ancora di più nel vivo. Domandina: Draghi si può permettere di fare errori nella nomina dei nuovi vertici Rai, magari nominando una persona stimata o stimabile che prima di capire dove si trova dovrà impiegare un anno? Attenzione: il nuovo AD, verosimilmente, dovrà mettere mano, subito, al rinnovo di reti e testate che, notoriamente, sono sotto le ferrea logica della spartizione politica alla quale tutti i partiti dell’attuale maggioranza hanno partecipato. Il capo del governo sa bene che non si tratta solo di togliere castagne dal fuoco roventi dalle ceneri di Viale Mazzini quanto più di avere un fianco di battaglia relativamente placato. La Rai e le sue reti e testate giornalistiche parteciperanno, direttamente o indirettamente, a formare il “sentiment” dei cittadini che, a loro volta, influenzeranno i comportamenti dei partiti. Due spettri si aggirano per le aule di Camera e Senato: la durata della legislatura e quale Parlamento sarà chiamato ad eleggere il nuovo Capo dello Stato. Draghi ha bene in mente tutto questo scenario e sa che non potrà commettere errori, posto e non concesso che siano chiari e noti i suoi obiettivi. Potrebbe, infatti, non essere interessato a succedere a Mattarella perché più attratto da Bruxelles dove potrebbe tornare con un nuovo e più prestigioso incarico, al posto di Ursula Von den Leyen o di Charles Michel, presidente del Consiglio Europeo.

In questo quadro sorgono le nostre perplessità in merito ai due temi di cui si dibatte in questi giorni. Il primo lo abbiamo ripetuto ieri: per questa legislatura non è e non potrà essere all’ordine del giorno una riforma della sola govenance Rai senza mettere mano allo stesso tempo a tutto il sistema delle TLC. Ciò significa che Draghi potrebbe essere indotto a fare una scelta di “mezzo tiro”: un Cda “tecnico” di transizione, persone capaci ed esperte sulle quali non ci dovrebbe essere polvere da sollevare, al più qualche nasino storto. Forse, tutta la storia di Fedez un risultato positivo lo ha portato:  fintanto che si leggono nomi di interni “in simpatia” o “graditi alla Lega” di questo o quel partito (vedi oggi su La Repubblica), il nostro candidato interno si rafforza. Da alcuni giorni, molti lettori ci stano chiedendo il nome e noi volentieri lo forniamo.

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