C’era una volta … tanti anni fa … quando qualcuno aveva immaginato che
la Rai, ovvero il Servizio Pubblico Radiotelevisivo, fosse o dovesse somigliare
una cosa simile ad un’Azienda privata. Qualcuno pensava, allora, che potesse addirittura
fare profitti. Qualcuno pensava che potesse essere simile ad una “fabbrica di bulloni”.
Qualcuno cominciò a pensare che si potesse e si dovesse “esternalizzare” tutto
il possibile. Qualcuno poi, nell’era moderna, non molto tempo fa, introdusse “concetti
nuovi” come, ad esempio i famigerati KPI (Key performance Indicator) e qualcuno
se ne innamorò a tal punto che esultò pieno di gioia quando questo concetto venne
introdotto nell’attuale Contratto di Servizio. Qualcuno, in fin di conti, è
rimasto fermamente innamorato di una vecchia idea che, sotto sotto, ha ancora
il suo fascino: la privatizzazione totale o parziale della Rai.
Il bello è che tutto questo non proviene da una cultura brutalmente
ultra liberista e mercantile ma è sottesa in tante parti di aree progressiste o
riformatrici. Per intenderci, quelli che si professano “amici” del Servizio
Pubblico e magari qualcuno, forse, siede pure in Cda. Queste persone, in un modo o nell’altro,
hanno sempre quello scheletro nell’armadio del loro lontano passato di quando
pure hanno avuto importanti responsabilità politiche e financo governative. Vedi,
tanto per capirci, l’idea della “fondazione” come modello di gestione inserito
in ipotesi di riforma delle quali si vorrebbe e dovrebbe dibattere nei prossimi
giorni. Come abbiamo più volte scritto ed argomentato, la “fondazione” ci
appare come l’anticamera della privatizzazione sotto mentite spoglie.
Bene, andiamo avanti ovvero torniamo indietro. Ieri sera si
dovrebbe essere conclusa l’ennesima pagina nera degli ascolti di RaiUno con la
fine ingloriosa di “Ne vedremo delle belle” che ha raccimolato un misero 12,6%.
Nota bene: la trasmissione è prodotta da Endemol Shine Italy e Rai proprio come
la trasmissione che l’ha preceduta, "Il gioco dei pacchi" condotto dalla nuova
star Stefano De Martino, prodotto sempre da Endemol Italia e Endemol Shine
Italy. Insomma, a farla breve, una serata tutta in famiglia “Endemol”. Giusto per rimanere nel solco delle prime serata di Rai Uno. Vedi il venerdì sera con “The
Voice Senior” prodotto da Fremantle Italia e ITV Studios oppure la fiction della
sera prima, Costanza, prodotto da Rai Fiction insieme a Banijay Studios Italy e
così via trotterellando.
Pensate voi se si dovesse applicare lo schema dei KPI dove
ovviamente, si dovrebbero prevedere le penalità in caso di mancato raggiungimento
degli obiettivi. Poniamo che Rai Uno non dovrebbe mai andare sotto il 15% e chi
sbaglia paga. Già, chi paga? Chi ne subisce le conseguenze di un programma sbagliato?
Se ci mettiamo di buon impegno di programmi sbagliati in questo ultimo periodo ce
ne sono in abbondanza.
Per non dire, infine, di Rai News24: perché ci si ostina a
tenerla in vita così com’è e lasciarla galleggiare con ascolti da prefisso telefonico
e non si rimette mano al famigerato “piano editoriale per l’informazione” per renderla diversa da come è oggi ???
Allora (ne abbiamo già scritto più volte) i termini di
valutazione del “successo” di Rai Uno che a qualcuno ogni tanto piace ricordare
si dovrebbero ricondurre entro due binari: il primo è il “modello” di offerta
editoriale come, ad esempio, l’ostinata determinazione di rivolgersi allo “zoccolo
duro” dei telespettatori over 64 senza mai avvertire un ben che minimo sforzo di
idee rivolte a quegli “altri” pubblici come, ad esempio, i “giovani” che tutti
vorrebbero ma nessuno li cerca. Per non dire poi, sempre a proposito di offerta
editoriale, constatare “come” si fanno gli ascolti: il caso dei pacchi merita uno
studio a parte ovvero il sostegno all’azzardo allo stato puro. Il secondo binario
da non dimenticare è quello dell’abbandono pressoché totale della autonoma
capacità di produzione di un qualcosa buono per la prima serata che non sia,
una volta l’anno, Sanremo o qualche replica di Montalbano.
In soldoni: come sanno bene chi li maneggia per professione.
I numeri dicono molto ma non dicono tutto e, in particolare non dicono “come”
si ottengono.
Bloggorai@gmail.com
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