mercoledì 4 settembre 2024

RAI: lo scambio "alla pari" tra Sangiuliano e Rossi

Foto di Michéle da Pixabay

Stavamo seguendo l’affare Sangiuliano tra il divertente e l’irritante, con occhio alquanto distratto. Quando, ieri intorno alla 18, arriva a Bloggorai un messaggio “Rossi ministro!”. Cioè? Che vuol dire? Poco dopo arriva la telefonata del nostro autorevolissimo amico/lettore “destro destro”: “Stai in campana perché sta circolando l’ipotesi che vedrebbe Rossi al posto di Sangiuliano”. Uhmmmmm … se non che, alle 19, ascoltiamo il Gr del Sole24 ore che, ad un certo punto dice: “Si sta pensando alla sua sostituzione: circolano 4 nomi … Giampaolo Rossi”. Al che, il campanellino è suonato e giocoforza convochiamo i soliti “quattro amici al bar”. Cadono quasi tutti dalle nubi meno uno che dice: “Si è vero, gira questa ipotesi e, semmai fosse percorribile, toglierebbe alla Meloni, e non solo, tante castagne dal fuoco”. Sui giornali di oggi il Corriere ha scritto due righe.

Accipicchia, si tratterebbe di uno “scambio alla pari”: Rossi al posto di Sangiuliano e Sangiuliano al posto di Rossi (ma non come DG, ci mancherebbe!!!). In fin dei conti vengono tutti e due dalla stessa parrocchia: FdI e RAI. Ora, in questo momento, è difficile ragionare con i se, con i forse  e con i vedremo. Però, l’ipotesi appare suggestiva e non del tutto peregrina. Vediamo: Rossi era ed è in sofferenza a Palazzo Chigi (almeno per una parte) e da tempo su di lui gravano nubi minacciose: sembra che la sola a difenderlo ad oltranza sia la Meloni mentre “altri” vedrebbero volentieri a Viale Mazzini una figura diversa, esterna all’Azienda, un manager “di area” (girano nomi e cognomi). Sangiuliano poi è in aspettativa dalla RAI e, qualora mai si dimettesse, il suo posto da "direttore di qualcosa" si può sempre trovare.

L’ipotesi, sempre peregrina ma non del tutto improbabile, a quanto sembra potrebbe dare un colpo decisivo all’empasse in cui si trova il Governo (e l’opposizione) nell’incapacità di trovare una soluzione al tema RAI subito, ora, al problema del nuovo Cda RAI oggi e non ai tempi di una futura e improbabile riforma. Diciamo pure, in sintesi, che si tratta di una ipotesi che potrebbe avvantaggiare molti: rimescolerebbe le carte e aprirebbe nuovi e interessanti scenari. Le prossime ore saranno decisive e, semmai, l’ipotesi non andasse avanti rimane sempre il 12 settembre dietro l’angolo e poi il 19 con il G7 della cultura (prima di quella data a meno che succedano eventi imprevedibili, difficile supporre che il Ministro possa dimettersi).

A questo proposito, veniamo proprio al Cda in carica ed a quello futuro. Ci sono stati sottoposti alcuni "problemini”. Primo. Chi e perché ha interesse a tenere la RAI in stallo con il Cda in prorogatio? Secondo: perché i due consiglieri di opposizione Bria e di Majo non si dimettono, imponendo in questo modo l’obbligo di procedere subito alle nomine? Terzo: che ruolo ha il consigliere eletto dei dipendenti Di Pietro a cavallo tra il vecchio Cda scaduto e quello nuovo non ancora nominato ovvero quanto pesa il suo voto? Infine, il consigliere anziano Sergio dispone  in Cda di tre voti: il suo come AD e quello di presidente in pectore che ne vale due. Appare una bizzarra anomalia difficilmente sostenibile a lungo. 

Ma è la seconda domanda, collegata a quella precedente, che merita attenzione. Perché Pd e M5S non hanno dato il via libera alle loro dimissioni, magari anche contestuali a quelle della Soldi? Sarebbe stato, ed è, un segnale forte, chiaro e comprensibile: non ci prestiamo alle camarille, agli inciuci sottobanco e riteniamo che l’Azienda debba essere governata subito e bene. E invece no: il sei di agosto se ne escono con la bizzarria del “prima la riforma e poi le nomine”, ovvero Bria e di Majo rimangono in attesa, vanno al Festival di Venezia a rappresentare l’Azienda, e poi magari per un anno ancora si vedrà.

Allora, quale può essere “l’interesse strategico” a tenere in vita con il boccaglio dell’ossigeno un Cda povero e debole, incerto e sospeso come quello attuale? All’ipotesi  riforma non ci crede quasi nessuno, tutti ben consapevoli che è ben difficile con questo Parlamento mettere in piedi, rapidamente, un percorso legislativo del genere in grado di accontentare tutti. Dunque, di cosa si tratta? Francamente, per quanto siamo in grado di sapere e capire e per quanto abbiamo chiesto, non abbiamo trovato una risposta convincente. La sola osservazione che ci è apparsa rilevante, per paradossale che possa essere, è talmente astratta e generica da sembrare incomprensibile: sulla RAI la “politica” tutta intesa, in questa sua determinata fase, è solo in grado di esprimersi attraverso l’interdizione che non con la proposizione. Ad oggi non c’è un “progetto” di servizio pubblico condiviso, non c’è una “visione” sulla RAI dibattuta e partecipata ma solo vaghi e generici spunti su una “riforma della governance” dove pure alcuni elementi noti (ad es. la cosiddetta “fondazione”) sono certamente discutibili (eufemismo). In soldoni: fuffa e nella fuffa buttare la palla in tribuna appare la sola soluzione praticabile.

Chiudiamo a proposito di soluzioni praticabili. Ieri abbiamo riferito delle tre che abbiamo letto sul Messaggero. A  quanto sembra la terza ha incuriosito più di uno. Si vorrebbe nominare solo il consigliere mancante e ricomporre il cd nella sua pienezza, dimenticando però che di fatto il Cda è semplicemente scaduto nella sua interezza. Per non dire poi che non è affatto chiaro chi dovrebbe esprimere il nome. La seconda invece (Gasparri docet) può avere margini di praticabilità: rimane tutto fermo, appunto, e poi si vedrà. 

Già, si vedrà. Questa frasetta la dovremo ripetere spesso e malvolentieri.

bloggorai@gmail.com


ps: salvo imprevisti, il 26 settembre è previsto lo sciopero generale RAI !!!

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