giovedì 19 settembre 2024

RAI: i giochi sono quasi finiti

Foto di Greg Montani da Pixabay

Les jeux sont faits, rien ne va plus !

Aggiorniamo il corso della partita:

     “Prima le nomine e poi la riforma”      2

     “Prima la riforma e poi le nomine”      0

La Squadra di Governo ieri ha portato a casa un altro gol che già era nell’aria da giorni e potrebbe aver chiuso la partita. Infatti, circolava da tempo la battuta di Conte “Proponete un nome “autorevole” e noi lo valuteremo”. Ieri questo concetto  stato ribadito chiaro e tondo: “Se ci fosse un presidente autorevole assolutamente non riconducibile a logiche partitiche certo che lo voteremmo, nell'interesse del servizio pubblico. Ormai è fatta: il 26 alla Camera e al Senato si voterà e, con molta probabilità, parteciperà anche il M5S che potrebbe confermare, come noto da tempo, il nome dell'attuale consigliere Di Majo. 

Come abbiamo già scritto, a quel punto il Cda di Viale Mazzini si potrà insediare e, in un secondo momento, potrà sottoporre alla Vigilanza il nome del/la presidente che si dovrà votare a maggioranza: ora con l’ingresso della Gelmini nell'area di Governo mancano solo due voti. Ovvio che almeno due dei quattro nuovi consiglieri potranno essere eletti dal Parlamento anche senza i voti dell’opposizione. Sarebbe certo un cda “monco” e difficile da gestire politicamente per la Meloni che però avrebbe buon gioco a sostenere che l’interesse della Rai e la tutela delle prerogative del Parlamento sono in questo momento superiori alla richiesta della riforma alla quale, peraltro, aderisce.  

I giochi, dunque, o sono chiusi o si stanno chiudendo. Mancano solo i dettagli: chi sarà il nome “autorevole” proposto (stamattina si legge ancora su Repubblica “ … convergere su un nome di garanzia — Giovanni Minoli o Antonio Di Bella i più gettonati…”) e come si potrà spartire il “bottino” tra nomi dei consiglieri e caselle da occupare dentro la RAI. Dettagli, appunto, facilmente superabili: basta saper dosare sapientemente gli ingredienti tra la direzione di una testata e una direzione di genere e, oplà, il gioco è fatto.  

Veniamo ora ad un tema che appare, ma solo appare, dirimente: la riforma della RAI. Già dirla in questi termini si parte subito con il piede sbagliato: un conto è immaginare solo una riforma della RAI e magari limitata alla sola governance, altro conto è ragionare su una riforma che interessa tutto il perimetro del sistema audiovisivo nazionale all’interno del quale la RAI opera. Si tratterebbe, in questo caso, di una Legge di sistema di rango analogo alla famigerata Legge 112 di Gasparri. Evidente il peso diverso tra le due impostazioni. Seppure si volesse prendere in considerazione la sola prima ipotesi, da che parte si potrebbe iniziare? Al momento, sul tavolo (o meglio nei cassetti impolverati) ci sono 4 modelli/proposte: DDL Di Nicola  (da definire se si tratta della stessa proposta precedente a firma Fico) ▪ PDL Fornaro  ▪ PDL Orlando e ▪ DDL Fedeli. Si tratta di proposte per molti aspetti analoghe ma con significative differenze. Nessuno però, finora, si è preso la briga di cercare di unificarle e renderle un solo progetto, ampiamente dibattuto e condiviso. Tutto ciò che c'è di nuovo è frutto di iniziative personali. si tratta comunque di proposte ormai “vetuste” e ben chiuse nei cassetti. Nel mentre e nel quando una, a firma Lega, sta producendo i suoi effetti concreti: la progressiva riduzione del canone del 20% annui.

Ecco allora venire alla luce l’esistenza di mondi diversi: uno gravita nelle orbite della contingenza e della necessità ovvero fare i conti con quanto oggi la politica, i partiti tutti, sono in grado di proporre sulla RAI mentre l’altro gravita nelle orbite limitate del probabile futuro immaginabile che fanno perno sulla sola RAI e non guardano l’Universo che la circonda. 

Il tema riforma RAI, infine, viene poi correttamente inserito nell’ambito del recente MFA che però, comunque, entrerà in vigore solo tra 14 mesi. Nel frattempo per la RAI, il Servizio Pubblico, ci sarà modo per poter assistere lentamente e inesorabilmente al suo processo di declino.  

La domanda ora appare peregrina: che farà il PD? Qualora il M5S rompesse il patto del 6 agosto e recentemente ribadito manterrà fede al suo proposito di Aventino? Per la cronaca: sappiamo, drammaticamente, come è finito l'Aventino del '24. Apparentemente, come ha ribadito ieri Graziano, il suo capogruppo in Vigilanza, potrebbe essere così. Mancano solo pochi giorni, forse ore, e sapremo tutto … o quasi.

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