sabato 22 giugno 2024

RAI: un sottile e languido silenzio


Abbiamo chiuso l’ultimo post di compleanno di Bloggorai scrivendo:

Bloggorai uscirà quando possibile... scriverà quando necessario.

Oggi è necessario scrivere. Non foss’altro perché sulla stampa di oggi non si legge nulla. Per alcuni si comprende il silenzio, per altri meno. Tutt’ora, nessuno è ragionevolmente in grado si sapere se, come, quando e chi potrà essere nominato per il prossimo Cda RAI. Ieri è stata fissata l’udienza al Consiglio di Stato per il prossimo 4 luglio dove verrà esaminato il ricorso con il quale si chiede di anticipare l’udienza di merito fissata dal TAR al prossimo 23 ottobre, ovvero si ricorre al Consiglio per chiedere di intervenire prima che si possa procedere alle nomine secondo i vecchi criteri della Legge 220.

È bene ribadire e sottolineare che il ricorso si configura essenzialmente come iniziativa politica che utilizza uno strumento giuridico impostato, supportato, coordinato e sostenuto da autorevoli e qualificati soggetti. Si tratta di una iniziativa di rilevo assolutamente politico perché tende ad affermare un principio universale e di interesse collettivo: il bene pubblico, il Servizio Pubblico radiotelevisivo, deve essere amministrato da persone di indiscutibile autonomia, capacità ed esperienza professionale riconosciuta e comprovata, ovvero debbono essere utilizzati criteri aperti, trasparenti e non discriminatori come appunto prevede anche il recente MFA.

È giusto, doveroso, impellente adoperare ogni mezzo al fine di sottrarre anzitutto l’ingerenza del Governo e quella dei partiti sulla RAI che potrebbero concorrere ad effettuare le nomine con accordi sottobanco. C’è troppo silenzio sul tema. Un silenzio imbarazzante che lascia intendere e rende leciti oscuri pensieri.

Il nuovo Cda nominato con i vecchi criteri è una sciagura per il futuro della RAI per almeno 4 buoni motivi solidamente intrecciati tra loro. Il primo è di carattere normativo: anzitutto l’adeguamento urgente ed obbligatorio al MFA, poi l’avvio del nuovo Contratto di Servizio e il conseguente Piano industriale (dove si prevede la cessione di una quota di RAI Way). Il secondo è di carattere tecnologico: entro la fine del prossimo agosto si dovrà avviare la fase di transizione al DVB-T2 con i noti e rilevanti problemi connessi. Il terzo è di carattere editoriale: nei prossimi giorni si dovranno comunicare i palinsesti di autunno/inverno in un contesto di ascolti critici e con una popolazione di telespettatori progressivamente sempre più anziana. Infine, il cuore di tutti i problemi: il canone. Non è un caso che proprio ieri è riemersa la notizia di un suo possibile ed ulteriore “ritocco” ovvero riduzione. Non è un caso che la notizia compare in questo momento e si intravvedono chiaramente le ragioni politiche. Appare del tutto evidente il tono sottilmente ricattatorio: attenzione a chi trama e complotta sul prossimo Cda RAI, le chiavi della cassaforte, delle risorse economiche, si sa bene nelle mani di chi sono.

La Lega sembra essere in sofferenza all’interno della RAI dopo i risultati delle recenti elezioni europee. La Lega ha candidato uno dei suoi uomini di punta: Antonio Marano, noto, esperto e navigatissimo conoscitore di problemi RAI. Una figura che potrebbe creare non poche difficoltà al Ticket di cui tanti scrivono a ritornello. L’altro “uomo in quota Lega”, Marcello Ciannamea, che già in passato sembrava candidato a tutto e ora non sembra più esserlo.

Dunque, sembra esserci grande turbolenza a Viale Mazzini e non solo all’interno della maggioranza. Il MEF dovrebbe proporre i due nomi di sua competenza, AD e presidente. Il Presidente dovrà poi passare al vaglio della Vigilanza che si dovrà esprimere con la maggioranza dei 2/3 che il Governo non ha.

Al MEF ora c’è Giorgetti, Lega, che per quanto potrebbe sembrare e per quanto ci riferiscono non avrebbe alcuna fretta ad accelerare i tempi. Come pure, a quanto sembra e ci risulta, pure a Palazzo Chigi, stanno “riflettendo” anzitutto in attesa degli esiti del ricorso e poi perché “non si vuole commettere errori”.

Per quanto riguarda l’opposizione, il quadro è molto semplice: nello “schema” noto gli spetterebbero due consiglieri che, grosso modo, andrebbero a PD e M5S. Due voti su sei (al netto del consigliere espresso dai dipendenti) e dove pure la recente esperienza dei voti espressi dal consigliere in quota 5S ha evidenziato spesso e volentieri accordi con la maggioranza. Un po’ pochino: il PD potrebbe e vorrebbe chiedere di più di un “semplice” consigliere. Già ma cosa potrebbe chiedere? La poltrona di presidente per come la si voglia chiamare “di garanzia” o meno? Busserebbe alla porta anche AVS con un consigliere “suo” candidato.

Registriamo intanto che tanti, troppi, comunque, tacciono sulle ragioni e il merito del ricorso. Non crediamo che, in queste circostanze, il silenzio possa essere di aiuto. Anzi, al contrario, riteniamo che possa agevolare colpi di mano oltre e dopo i quali tutto sarebbe molto, molto difficile e in primo luogo con tempi molto lunghi da recuperare.

La comunicazione, come sempre, è uno strumento politico comunque venga utilizzata.

bloggorai@gmail.com

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