martedì 18 giugno 2024

RAI: il punto di svolta, dove andare, cosa fare?


Come hai fatto a fare bancarotta ? chiese Bill.

In due modi - Mike disse – gradualmente prima e improvvisamente poi.

Chi ti ci ha portato?

Amici – disse Mike. Io avevo un sacco di amici. Falsi amici. 

(E.H. – Fiesta)

Le lettrici e i lettori di Bloggorai conoscono bene questa citazione: torna sempre utile. L’abbiamo usata ogni qualvolta si avvertiva chiara e forte la sensazione che la RAI si stava avvicinando ad un punto critico di rottura. Sbagliando, ritenevamo che questo fosse un punto fisso e invece abbiamo scoperto essere dinamico: si sposta costantemente e inesorabilmente in avanti. Non passa giorno ormai che senza avvertire o leggere segni di cedimento, di progressivo indebolimento.

Attenzione, per proseguire la lettura dovremmo convenire, una volta per tutte, su un punto inderogabile: questo processo non è iniziato con il Governo di destra, con la Meloni, ma viene da lontano, molto lontano e coinvolge tanti nemici del Servizio Pubblico ma anche qualche presunto “amico” fuori ma anche dentro Viale Mazzini.

La stagione che si appresta a chiudere con l’uscita di scena di questo Cda vede una fotografia destinata ad entrare nella storia: il passaggio di consegne tra l’AD Fuortes e l’arrivo di Sergio accompagnato dal DG Rossi, candidato a priori, a prescindere, al posto di Sergio che, a sua volta, si è autocandidato a fare il DG senza che nessuno gli obiettasse nulla. Non è stato detto e scritto a sufficienza sul suo significato e sulle conseguenze che ne sono derivate e che ne deriveranno presto, tanto da farlo passare quasi come “fisiologico” ovvero del tutto naturale. Così non è e le ragioni ve ne abbiamo portate a sufficienza.

Bene. Veniamo a queste ore. Ieri l’ANSA ha pubblicato uno stralcio del Digital News Report di Reuters Institute 2024 dove si legge (pag. 90) che “Italian television remains highly popular, yet its role as a primary source of news is steadily diminishing, with a decline from 85% in 2017 to 65% in 2024, as shown by our survey”.  In particolare, poi si legge che l’informazione RAI non solo scende di posizione rispetto allo scorso anno ma si attesta su questo livello:


In soldoni: RAI è al pari di Mediaset e Repubblica e ben al di sotto di altre testate.  

Sempre ieri, è uscita la notizia, pubblicata da Politico.eu, secondo cui “La Von der Leyen nasconde una denuncia che critica l’Italia mentre cerca il voto della Meloni … Ursula von der Leyen ha cercato di rallentare un rapporto ufficiale dell’Unione Europea che critica l’Italia per l’erosione delle libertà dei media, mentre cerca il sostegno di Roma per un secondo mandato come presidente della Commissione Europea”. Leggiamo quanto scrive Ilario Lombardo su La Stampa “Secondo quanto riportato da quattro funzionari alla testata europea è stato il gabinetto della Commissione a chiedere alla segreteria generale di tenere in sospeso il documento che doveva essere reso noto il 3 luglio. Si tratta di un rapporto annuale sulle condizioni dello stato di diritto dei singoli Paesi membri, nelle varie sue dimensioni, compresa quella fondamentale della libertà di stampa. Per Von der Leyen avrebbe, presumibilmente, rappresentato un problema”. Forse anche per la RAI avrebbe rappresentato un grosso, grosso, problema: il recente MFA colpisce al cuore di "questo" problema e impone un cambio di passo inderogabile, almeno per quanto attiene l’indipendenza del Servizio Pubblico dall’ingerenza del Governo. Altro che i 15 mesi che alcuni presumono essere data limite: la battaglia è qui ed è oggi.

Ultima piccola notizia, robetta di poco conto ma che la dice sempre lunga, che è passata pressoché inosservata: la Rai è stata condannata pure in Cassazione per una vicenda che risale al 2016 quando una scenografa, Chiara Biancheri “ ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova la Rai- Radiotelevisione Italiana s.p.a. (di seguito semplicemente RAI), assumendo di essere la creatrice dell’opera grafica «The scent of the night», lamentando la violazione del proprio diritto d’autore sull’opera, utilizzata dalla RAI come scenografia fissa per il Festival di Sanremo del 2016”. Ora, al di la della vicenda processuale e del ruolo svolto da RAI, la domanda semplice semplice è sempre la stessa: quando l’Azienda sbaglia  chi paga?

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