Oggi solo poche righe, invero alquanto cupe e rassegnate. Come ben sapete, il titolo di questo Blog è “La rai prossima ventura” e dunque ci interessa solo ciò che è in questa direzione e se non troviamo nulla di questo genere abbiamo poco da proporvi.
Potrà piacere o meno, ma il fenomeno è ormai ben chiaro: la Rai sta lentamente e inesorabilmente sparendo dalla scena del dibattito pubblico sul suo futuro. Le tracce di riflessione e analisi su questo tema si perdono nel vuoto, annaspano in sospiri afoni, si confondono in una melma nebbiosa e saporifera e la ragione entra nello stato di sonno profondo. Lo abbiamo già scritto: la Rai come l’Alitalia? Abbiamo citato Hemingway più volte: “.. come hai fatto a fare bancarotta? – chiese Bill. In due modi – Mike disse – Gradualmente prima e improvvisamente poi”. Sembra tutto già scritto in un libro del destino dove basta solo sfogliare le pagine una alla volta per assistere al suo declino? I capitoli sono noti: poche risorse, mancanza di idee, legge sbagliata e tecnologie senza investimenti. Ma tutto questo, evidentemente, agli italiani importa poco perché, alla fin fine … si però … gli esperti del Marketing di Viale Mazzini ci diranno che “va tutto bene” e saranno pronti a rispondere subito con una delle loro ricerche clandestine sul “gradimento” della Rai da parte del pubblico e si leggerà che sarà sempre un po’ sopra alla sufficienza.
Ieri vi abbiamo accennato di avere qualcosa su cui dibattere: abbiamo il panorama pressoché completo su quanto è stato possibile raccogliere sul “nuovo” modello organizzativo: il contesto del Piano industriale di Salini, le slides di Fuortes presentate in Vigilanza e le mission delle direzioni di genere. Con calma, ci studiamo sopra e nei prossimi giorni ne parleremo.
Andiamo avanti, ovvero indietro. Si stanno mettendo in fila tessere di un mosaico che comincia a far emergere un disegno opaco e inquietante. Il tema è l’informazione e la comunicazione pubblica e istituzionale. Ne abbiamo già parlato: ha iniziato il senatore Mario Mondi con “Bisogna trovare delle modalità meno democratiche nella somministrazione dell’informazione, in una situazione di guerra si devono accettare delle limitazioni alle libertà”. Gli ha fatto seguito Monica Maggioni pochi giorni dopo il suo insediamento come direttore “Niente voce ai NoVax al Tg1”. Poi è arrivato l’illustre monito di Mattarella con “Troppo spazio mediatico ai no vax”.
Ieri abbiamo raccolto un allarme ripreso da Art.21 che riassume bene la nostra preoccupazione: “…chi deve decidere cosa è importante che la gente sappia? Un magistrato, un investigatore o un giornalista? O ciascuno dei tre secondo la propria coscienza e la propria professionalità in virtù del ben più ampio Diritto di cronaca sancito dalla nostra Costituzione? La questione non è una controversia di nicchia. Riguarda il racconto della vita quotidiana di una società e di un Paese intero”. Sono tasselli che da tempo ci stanno girando intorno, già dall’arrivo di Draghi al Governo con il suo “stile” di comunicazione che poi verrà ripreso dal suo epigone Fuortes a Viale Mazzini. Da osservare che si tratta di uno “stile” alquanto singolare: non paghi di avere strutture aziendali da poco nominate, l’AD ha avvertito l’esigenza di “dotarsi” di un suo specifico consulente esterno per la comunicazione, Maurizio Caprara, mentre il direttore dello stesso ambito, Pierluigi Colantoni ha ritenuto opportuno di essere supportato da un illustre collaboratore sempre esterno, un certo Marcello Giannotti, già noto alle cronache di Viale Mazzini come suo predecessore.
Della serie: la comunicazione è materia incandescente, maneggiare con cura.
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