L’argomento Censis e Servizio Pubblico merita di essere
approfondito, oggi però limitiamoci a Viale Mazzini e cerchiamo di mettere ordine
alle tessere del puzzle sparse sul tavolo con la speranza di intravvedere qualcosa
di sensato.
Il passo indietro deve iniziare grosso modo alla fine della
scorsa primavera. Il CdA Rai stava per scadere e da più parti si sentiva
parlare di una sua possibile proroga al fine di completare il Piano Industriale.
Invece, a metà luglio, il Governo, il Parlamento e i dipendenti Rai propongono
i nomi di loro competenza. Mentre Laganà viene legittimante eletto, tutti gli
altri spuntano dal cilindro magico di Palazzo Chigi e segreterie dei partiti (e
lasciano fuori FdI che ora pretende la compensazione). Sapere con quali criteri
siano stati scelti è più grande del Mistero di Fatima. Con quale programma di
lavoro…peggio mi sento. Non una voce, un fiato da Draghi &Co su cosa avrebbe
dovuto fare Fuortes, su quale programma o traccia si sarebbe dovuto muovere. Ad
oggi, la sola voce nota è quella del ministro Colao che lo scorso 7 settembre ebbe
a dire “Io penso che la Rai abbia un’enorme opportunità di diventare un po’
come la Bbc, una fornitrice di verità. I miei figli sono cresciuti in un
sistema in cui, se qualcosa non li convince, vanno a vedere la Bbc”. Chissà
se i nostri figli, i cui genitori sono quelli descritti dal Censis vanno a
vedere il Tg1 etc? Ci corre qualche dubbio.
Toniamo a luglio scorso. Era il periodo in cui le commissioni
di Senato e Camera stava esaminando la bozza di DDl 288 che poi sarebbe stato
sottoposto all’approvazione del Governo. Si tratta di quel provvedimento capestro
tutto a danno della Rai per la nota questione della riduzione della pubblicità,
con un danno potenziale stimato intorno ai 100 mln. Da ricordare che il DDL è
stato poi approvato senza battere ciglio da parte di nessuno tra i partiti che
vorrebbero essere “amici” della Rai. Sempre a questo proposito, da non
dimenticare che gli stessi partiti sono i portatori sani del vaccino della
riforma della Governance di Viale Mazzini: giacciono dormienti ben 8, otto, proposte
di legge che ragionevolmente hanno scarse o nulle speranze di essere
riunificate (come pure si vorrebbe fare) e approvate in questa legislatura. Nello
stesso periodo riemerge la questione del ritorno all’esazione del canone nel
vecchio modo, con i bollettini pagati all’Ufficio postale (qualora fosse, si
prevede un ritorno all’evasione stimato introno ai 150 mln). Fuortes, a nome
del Governo (4 agosto) smentisce ma il problema rimane: l’Europa ce lo chiede.
In questo quadro che si fatica a definire chiaro e lucido, arriviamo
così alla nomina di Fuortes &Co il 16 luglio. Da lì a pochi giorni, il 4
agosto, si va in Vigilanza che deve pure ratificare la nomina della Presidente
Soldi. Le pagine dei giornali, in piena calura, si riempiono di titoli roboanti
e talvolta osannanti: “Ecco la rivoluzione Fuortes” è forse quello più
sintetico e significativo. In cosa consiste la “rivoluzione”, quali sarebbero i
suoi “cannoni”? In due proposte: la prima è riprendere pari pari il piano di
tagli sui budget approvato a febbraio scorso proposto dall’ex CFO Giuseppe Pasciucco
e la seconda riesumare la mummia del vecchio Piano industriale di Salini e Foa
nella sola ed unica parte riferita al “modello organizzativo per generi” dove
il tutto diventa e si riduce ad una parte e quella parte diventa il tutto. Sul primo
punto subito si infittisce il mistero: si tratta di tagli lineari, uguali per
tutti, e di quanto sono in percentuale sui budget? Con tutta la buona volontà, ancora
non ne siamo venuti a capo: vedi esempio di RaiPlay. Il tutto sapientemente
condito da battute spiritose tipo “diamoci del Lei”. Nel frattempo avvengono
fenomeni bizzarri: si provvede velocemente a rinnovare il contratto di Amadeus
per Sanremo (5 agosto) e si licenzia Sinisi per la vicenda del presepe dello scorso Natale (in Vigilanza Barachini ha richiesto espressamente a Fuortes di sapere come stanno le cose e tuttora non si è mai saputo nulla).
Il 9 agosto Fuortes batte il suo primo colpo e scrive al direttore
del Fatto Quotidiano e sostiene “Caro Padellaro, stiamo ridefinendo il Servizio
Pubblico Radiotelevisivo” già, peccato che non ci dice come e, infatti, chiude
la lettera scrivendo “…tutta la Rai è chiamata a confrontarsi con questa sfida
(Covid) … che rappresenta anche l’occasione per una ridefinizione del Servizio
Pubblico”: elementare Watson, thank you very much!!! Passano pochi giorni
ancora e, quasi a ferragosto, arriva la famigerata intervista della consigliera
Bria (19 agosto) sugli “algoritmi etici di Servizio Pubblico” e sono molti
coloro chi sono rimasti sulle spiagge o dispersi sui sentieri montani a meditare
sul loro profondo e intimo significato.
Arriviamo ai primi di settembre. Si dovrà pur formare una nuova
squadra che prenda le redini di Viale Mazzini e si procede … adelante ma con incognito
juicio. Viene nominato capo staff una persona di nota capacità amministrativa e
contabile ma di ignota competenza editoriale, tecnologica, normativa e di
relazioni istituzionali (su quest’ultimo aspetto vedi la recente nomina di
Maurizio Caprara come “consulente” della comunicazione). Vengono nominati il capo
della comunicazione e il capo ufficio stampa e il mistero sui criteri di scelta
e selezione è sempre più oscuro. Tutti tacciono. La squadra però non è ancora
al completo. Sarà necessario attendere qualche settimana.
Settembre è l’anticamera dell’autunno e il bello (o il
brutto) deve ancora venire. La storia, la raccolta e il posizionamento dei
tasselli del puzzle si leggerà in un secondo
capitolo.
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