sabato 4 dicembre 2021

Il Paese e la Rai: tra finzione e realtà

Foto di Gordon Johnson da Pixabay

Un brusco e gelido risveglio ci coglie in una luminosa giornata di sole invernale. La tramontana si è placata e sull’erba si intravvede ancora la bruma notturna. 

Come spesso avviene, la più fervida fantasia non riesce nemmeno lontanamente ad avvicinarsi alla realtà. Ci stavamo addentrando in una fumosa, contorta e complicata definizione di concetto chiaro o opaco e, appunto, ci eravamo lasciati alla Rai in stato confusionale ed ecco che stamattina ci siamo ritrovati in un Paese in preda al “… sonno fatuo della ragione, una fuga fatale nel pensiero magico, stregonesco, sciamanico, che pretende di decifrare il senso occulto della realtà” … “L’irrazionale che oggi si manifesta nella nostra società non è semplicemente una distorsione legata alla pandemia, ma ha radici socio-economiche profonde, seguendo una parabola che va dal rancore al sovranismo psichico, e che ora evolve diventando il gran rifiuto del discorso razionale, cioè degli strumenti con cui in passato abbiamo costruito il progresso e il nostro benessere: la scienza, la medicina, i farmaci, le innovazioni tecnologiche. Ciò dipende dal fatto che siamo entrati nel ciclo dei rendimenti decrescenti degli investimenti sociali” come leggiamo sul Rapporto Censis sulla situazione del Paese presentato ieri. 

Spesso ci chiediamo quale possa essere il rapporto tra causa ed effetto, chi e cosa ha contribuito ad alimentare, sostenere questo pensiero diffuso. La Rai con tutto il volume di informazione, comunicazione e intrattenimento che interessa e coinvolge decine di milioni di persone ogni giorno, ogni ora, è esente da tutto questo? E la politica, ovvero i partiti? Tutti alla finestra, tutti innocenti?

L’argomento Censis e Servizio Pubblico merita di essere approfondito, oggi però limitiamoci a Viale Mazzini e cerchiamo di mettere ordine alle tessere del puzzle sparse sul tavolo con la speranza di intravvedere qualcosa di sensato.

Il passo indietro deve iniziare grosso modo alla fine della scorsa primavera. Il CdA Rai stava per scadere e da più parti si sentiva parlare di una sua possibile proroga al fine di completare il Piano Industriale. Invece, a metà luglio, il Governo, il Parlamento e i dipendenti Rai propongono i nomi di loro competenza. Mentre Laganà viene legittimante eletto, tutti gli altri spuntano dal cilindro magico di Palazzo Chigi e segreterie dei partiti (e lasciano fuori FdI che ora pretende la compensazione). Sapere con quali criteri siano stati scelti è più grande del Mistero di Fatima. Con quale programma di lavoro…peggio mi sento. Non una voce, un fiato da Draghi &Co su cosa avrebbe dovuto fare Fuortes, su quale programma o traccia si sarebbe dovuto muovere. Ad oggi, la sola voce nota è quella del ministro Colao che lo scorso 7 settembre ebbe a dire “Io penso che la Rai abbia un’enorme opportunità di diventare un po’ come la Bbc, una fornitrice di verità. I miei figli sono cresciuti in un sistema in cui, se qualcosa non li convince, vanno a vedere la Bbc”. Chissà se i nostri figli, i cui genitori sono quelli descritti dal Censis vanno a vedere il Tg1 etc? Ci corre qualche dubbio.

Toniamo a luglio scorso. Era il periodo in cui le commissioni di Senato e Camera stava esaminando la bozza di DDl 288 che poi sarebbe stato sottoposto all’approvazione del Governo. Si tratta di quel provvedimento capestro tutto a danno della Rai per la nota questione della riduzione della pubblicità, con un danno potenziale stimato intorno ai 100 mln. Da ricordare che il DDL è stato poi approvato senza battere ciglio da parte di nessuno tra i partiti che vorrebbero essere “amici” della Rai. Sempre a questo proposito, da non dimenticare che gli stessi partiti sono i portatori sani del vaccino della riforma della Governance di Viale Mazzini: giacciono dormienti ben 8, otto, proposte di legge che ragionevolmente hanno scarse o nulle speranze di essere riunificate (come pure si vorrebbe fare) e approvate in questa legislatura. Nello stesso periodo riemerge la questione del ritorno all’esazione del canone nel vecchio modo, con i bollettini pagati all’Ufficio postale (qualora fosse, si prevede un ritorno all’evasione stimato introno ai 150 mln). Fuortes, a nome del Governo (4 agosto) smentisce ma il problema rimane: l’Europa ce lo chiede.   

In questo quadro che si fatica a definire chiaro e lucido, arriviamo così alla nomina di Fuortes &Co il 16 luglio. Da lì a pochi giorni, il 4 agosto, si va in Vigilanza che deve pure ratificare la nomina della Presidente Soldi. Le pagine dei giornali, in piena calura, si riempiono di titoli roboanti e talvolta osannanti: “Ecco la rivoluzione Fuortes” è forse quello più sintetico e significativo. In cosa consiste la “rivoluzione”, quali sarebbero i suoi “cannoni”? In due proposte: la prima è riprendere pari pari il piano di tagli sui budget approvato a febbraio scorso proposto dall’ex CFO Giuseppe Pasciucco e la seconda riesumare la mummia del vecchio Piano industriale di Salini e Foa nella sola ed unica parte riferita al “modello organizzativo per generi” dove il tutto diventa e si riduce ad una parte e quella parte diventa il tutto. Sul primo punto subito si infittisce il mistero: si tratta di tagli lineari, uguali per tutti, e di quanto sono in percentuale sui budget? Con tutta la buona volontà, ancora non ne siamo venuti a capo: vedi esempio di RaiPlay. Il tutto sapientemente condito da battute spiritose tipo “diamoci del Lei”. Nel frattempo avvengono fenomeni bizzarri: si provvede velocemente a rinnovare il contratto di Amadeus per Sanremo (5 agosto) e si licenzia Sinisi per la vicenda del presepe dello scorso Natale (in Vigilanza Barachini ha richiesto espressamente a Fuortes di sapere come stanno le cose e tuttora non si è mai saputo nulla).

Il 9 agosto Fuortes batte il suo primo colpo e scrive al direttore del Fatto Quotidiano e sostiene “Caro Padellaro, stiamo ridefinendo il Servizio Pubblico Radiotelevisivo” già, peccato che non ci dice come e, infatti, chiude la lettera scrivendo “…tutta la Rai è chiamata a confrontarsi con questa sfida (Covid) … che rappresenta anche l’occasione per una ridefinizione del Servizio Pubblico”: elementare Watson, thank you very much!!! Passano pochi giorni ancora e, quasi a ferragosto, arriva la famigerata intervista della consigliera Bria (19 agosto) sugli “algoritmi etici di Servizio Pubblico” e sono molti coloro chi sono rimasti sulle spiagge o dispersi sui sentieri montani a meditare sul loro profondo e intimo significato.

Arriviamo ai primi di settembre. Si dovrà pur formare una nuova squadra che prenda le redini di Viale Mazzini e si procede … adelante ma con incognito juicio. Viene nominato capo staff una persona di nota capacità amministrativa e contabile ma di ignota competenza editoriale, tecnologica, normativa e di relazioni istituzionali (su quest’ultimo aspetto vedi la recente nomina di Maurizio Caprara come “consulente” della comunicazione). Vengono nominati il capo della comunicazione e il capo ufficio stampa e il mistero sui criteri di scelta e selezione è sempre più oscuro. Tutti tacciono. La squadra però non è ancora al completo. Sarà necessario attendere qualche settimana.

Settembre è l’anticamera dell’autunno e il bello (o il brutto) deve ancora venire. La storia, la raccolta e il posizionamento dei tasselli del puzzle  si leggerà in un secondo capitolo.

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