venerdì 18 novembre 2022

La RAI e la sua fondamentale questione morale


Care lettrici, cari lettori, sarà un inverno lungo, freddo e faticoso … speriamo di poter garantire Bloggorai come da quasi 5 anni siete abituati. Anche ieri, nonostante non sia stato pubblicato nulla, un grande numero di contatti ci conferma che siamo sulla strada giusta e che vale la pena resistere e insistere.

Bene. Oggi non ci sono notizie ed è una buona occasione per proporre una riflessione sulla “questione morale” che interessa la Rai, il Servizio Pubblico. Nell’era moderna, Il 28 luglio 1981, sollevò il problema Enrico Berlinguer  quando rilasciò la famosa intervista a Eugenio Scalfari dove affermò: “I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai Tv, alcuni grandi giornali” e poi “La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare d’essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche”.

Dunque, il tema della questione morale è immanente e universale, perdura e si aggiorna via via che la società, la politica, la cultura sociale evolve si racconta e, in primo luogo, si rappresenta attraverso la sua “narrazione” audiovisiva e, in tal senso, riguarda pure la RAI e non a caso Berlinguer la cita.

Nei giorni scorsi, quando abbiamo affrontato il tema dei Mondiali in Qatar e del ruolo della Rai, un attento e affezionato lettore ci ha subito scritto ponendo una domanda cruciale  “Cosa c’entra la RAI? Che colpa ne ha se l’Italia non partecipa, che colpa ne ha se in quel paese non vengono rispettati i diritti fondamentali?”. Al che abbiamo risposto: “La Rai, il Servizio Pubblico in quanto tale c’entra sempre e dappertutto, a priori”. Cerchiamo di spiegarci. Provate ad andare in uno dei quei noti negozi svedesi di gadget tanto diffusi e di moda: all’ingresso troverete una scatola che contiene un mini tv con dentro lucine che simulano un focolare. Gli esperti di audiovisivi sanno bene che nei paesi scandinavi le immagini di un camino acceso, con o senza audio, a telecamera fissa, è in grado di raccogliere più “ascolti” di una trasmissione famosa. Senza scomodare note e consolidate teorie sulla fruizione della  televisione e di come e quanto essa possa “influire” nella formazione della “morale” comune, è ragionevole sostenere che il “racconto sociale” che la Rai propone senz’altro incide, in maniera forse indeterminabile, sulla composizione, sulla genesi, del sentire comune, del sentimento collettivo su ciò che è bene e su ciò che è male. Il docente del corso di Filosofia Morale che sto seguendo spesso ripete che su questo tema si apprende molto di più vedendo le serie tv che non dai testi di riferimento. In buona parte concordiamo.

Alcuni piccoli quanto significativi episodi dei giorni scorsi lo confermano: prima la pacca sul sedere durante una trasmissione poi l’esibizione di motti nazifascisti. Entrambe le situazioni appartengono alla sfera della “morale”  ovvero alle regole da rispettare, ovvero a ciò che è bene e ciò che è male. La questione dei Mondiali in Qatar vi entra a pieno titolo (oltre ai noti problemi di carattere sportivo ed economico sula convenienza o meno di aver mantenuto tutti i diritti e non averli invece ricollocati sul mercato almeno fino agli ottavi). Prima ci ha pensato Fiorello, poi questa mattina ci ha pensato Aldo Grasso sul Corriere.it a riproporre il problema dopo aver visto un interessante documentario Netflix sulla storia di questi mondiali:  “A seguire le puntate, fatta anche la tara su molte affermazioni, vengono i brividi, sia sulla storia della Fifa, il massimo organismo del calcio internazionale, sia su come il Qatar si è «comprato» questi mondiali. Sepp Blatter e i suoi funzionari — questo sostiene la docu-serie — parevano intoccabili, hanno sempre usato il calcio per i loro interessi, negli anni hanno rappresentato un modello cui le singole nazioni a poco a poco si sono adeguate”. 

Ecco il problema: ci si “adegua” a questi modelli? Ci si adatta a commercializzarli per uso “personale” come vorrebbe il Cda Rai che punta sulle risorse pubblicitarie dei Mondiali per cercare di mettere toppe al bilancio disastrato e disastrabile per come si è letto nel comunicato ANSA dei giorni scorsi? Dunque, il  Servizio Pubblico ha una sua “morale” a geometria variabile sempre a seconda delle opportunità, necessità e convenienze che, volta volta, possono riguardare i più disparati argomenti? Certo, i più sofisti possono argomentare sulla possibilità/necessità di una morale determinata e immutabile, cosa certamente complessa da sopportare. Proponiamo magari una via di mezzo: una morale in itinere, in corso d’opera, che si forma quando il “sentire comune” lo impone. In questo momento (vedi rivola in Iran, come pure altri paesi con in quali facciamo affari d’oro) il tema dei diritti civili lo imporrebbe in modo particolare. Torna in mente una riflessione proposta lo scorso anno, quando si cominciava ad avvertire la presenza di diverse “morali” sulla pandemia raccontate dalla Rai. Chi tra i lettori di Bloggorai ha la memoria lunga, ricorderà certamente quando, in piena pandemia, riferimmo dell’articolo di Gina Kolata del NYT sulla sua fine “sociale” in grado di anticipare quella medica (da rileggere e conservare: https://www.nytimes.com/2021/10/12/health/when-will-covid-end.html ).

La domanda, semplice semplice, che poniamo è: la Rai è in grado di porsi tali interrogativi? Se li è posti (come invece ha fatto la BBC)? Se mai ci fosse anche un sola, anche banale, risposta  quale mai potrebbe essere che noi non abbiamo colto oltre l’enfasi che si cerca di dare all’inizio dello “spettacolo mediatico sportivo” moralmente più inquinato dell’era moderna?

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