Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto un interessante
contributo di riflessione sul tema “genere approfondimento” in Rai. Lo
raccogliamo volentieri perché ci porta dritti al centro del dibattito sui talk
show in Rai con il proposito di regolamentarli e al cuore della nefandezza che
si vuole compiere il prossimo settembre con la striscia di Damilano su Rai Tre.
Anzitutto sarebbe necessario distinguere tra “genere
approfondimento” e “talk show” che potrebbe anche essere considerato altro
genere e perimetrare il tema ai soli argomenti di grande attualità (Covid e
guerra). “Report” e “Presadiretta” potrebbero essere “approfondimento” mentre “Cartabianca”
(ambedue su RaiTre) no. Si può giocare sulla terminologia e aggiungere “giornalistico”
per mescolare le carte, però rimane il punto che, in sintesi, fa emergere che in
Rai si “approfondisce” poco e si “talka” poco più.
E non è una bella sintesi per un Servizio pubblico che
proprio su questo fronte dovrebbe trovare la sua anima costitutiva. Sostiene il
nostro lettore: “1. il talk show è
l'emblema di una televisione impoverita produttivamente, a cui viene chiesto
una durata di programma sempre più estesa 2. l'approfondimento in immagini è
praticamente scomparso e con esso la possibilità di una riflessione profonda su
avvenimenti complessi”.
Perché siamo giunti a questo punto? Tutto deriva da una
degenerazione interna che, da tempo, ha rinunciato a far assumere all’Azienda
il ruolo che invece gli dovrebbe competere: in primo luogo la povertà/assenza
di un qualsivoglia progetto editoriale/informativo, modelli di organizzazione
interna inefficienti connessi ad una politica del personale disorganica e conflittuale
che non riesce a trovare disegni organici tra le diverse strutture produttive
ed editoriali. Si producono gestioni malaccorte dove le risorse interne sono oggi costrette a
lavorare in recinti in cui il valore della produzione è ridotta al minimo e
ancor più posta in costante competizione con risorse esterne e, il tutto,
condito da un apparato burocratico imperante e asfissiante. Leggiamo oggi su Il
Foglio che non solo Draghi quando vede le immagini Rai cambia canale ma che il
Direttore del “genere approfondimento, Mario Orfeo, avrebbe “poteri” (si fa per
dire) solo a partire dal prossimo 4 giugno.
Torniamo a bomba: i baricentri della crisi informativa della Rai sono diversi e intrecciati tra loro. Il primo si riferisce alle testate delle reti generaliste (mancanza di coordinamento), poi la Tgr (da non dimenticare la sentenza contro Fuortes e il taglio dell’edizione notturna)e infine RaiNews24 (circa 200 giornalisti per ascolti da prefisso telefonico). Capitolo a parte l’informazione on line che, da solo, meriterebbe una sezione speciale della Treccani. La somma di tutto questo ha un solo e semplice nome: "Progetto editoriale sull'informazione Rai" ovvero il famoso Allegato 4 del vecchio Piano Industriale. Se al VII piano lo hanno perso, possiamo dare una mano a recuperarlo.
Diventiamo
“benaltristi” allo stato puro: che senso ha questa storia della striscia su Rai
Tre alle 20.45 senza capo ne coda? Lasciamo perdere il piccolo dettaglio del
compenso (abbiamo letto che potrebbe essere simile a quello di un dirigente
Rai, cioè 240 mila euro, argomento sul quale non abbiamo ancora sentito un
soffietto di Anzaldi o Romano) e rimane la sola e più semplice domanda? Perché? Chi lo ha richiesto e chi lo ha sostenuto?
bloggorai@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento