Abbiamo la sgradevole sensazione di scivolare lentamente verso una piega fangosa e malmostosa, una palude dove sguazzano pericolosi e famelici coccodrilli. Il dibattito politico sulla più grande tragedia dell’era moderna come la guerra in Ucraina si trascina con fatica e fastidio dentro e fuori il Parlamento con il Paese che sembra alla finestra, attonito e stordito da uno scenario che incute timore. Sulla guerra in Ucraina nessuno ci ha mai spiegato perché ci siamo arrivati, perché non è stata evitata e quali sono state le cause mentre nessuno ancora più ci spiega cosa avviene oggi e cosa potrà avvenire domani, quali conseguenze dovremo pagare e quali rischi si corrono ad alimentare atteggiamenti ambigui e destinati a far crescere la tensione piuttosto che abbassarla. La Rai in tutto questo fornisce il suo contributo attivo.
Draghi sta a Fuortes come il Parlamento sta al CdA di Viale Mazzini. Sembra tutto molto semplice. Mondi che girano su orbite proprie dove si fatica a comprendere la traiettoria e la direzione. Il Capo del Governo sembra solo il garante di un equilibrio politico tanto incerto quanto appiccicaticcio dall’emergenza guerra. L’AD Rai costretto a guardare indietro perché impossibilitato a guardare avanti non avendo nessuna certezza sulle risorse sulle quali contare. Tornano in mente le famose dichiarazioni di Draghi del febbraio 2021 quando gli venne chiesto se avesse una visione con cui affrontare i problemi del Paese: “Francamente è una domanda molto vasta, mi trova impreparato. Non è che io abbia affrontato questa esperienza con una teoria a dello stato nell’economia …Il tempo delle grandi scelte economiche per cui si va in un indirizzo, si programma il futuro eccetera, secondo me appartengono di più alla normalità che non all’emergenza. Verrà, io spero che venga il tempo in cui io potrò risponderle sulle mie vedute in tema di struttura della società e dell’economia, ma per ora è presto”. Forse è ancora presto pure per Fuortes.
Già, purtroppo, siamo passati dall’emergenza vaccinale all’emergenza guerra ed è noto che durante le emergenze di tempo per pensare e dibattere ne resta poco. Pari pari a questo schema si adatta l'AD Rai: ora l’emergenza Rai è sui conti (e ne ha buone ragioni) e dunque per pensare al Contratto di Servizio e al successivo Piano industriale ( e non viceversa) ci sarà tempo. Parlamento e Cda Rai sembrano assistere inermi a questo schema. Siamo in guerra, esplicita e implicita, e nessuno ha spiegato al Paese quali sono o dovrebbero essere i nostri interessi strategici da tutelare oltre le generiche dichiarazioni di principio sulle quali, peraltro, ci sarebbe pure da discutere. Di pari passo, la Rai non aiuta a comprendere, a riflettere, a dibattere sulla guerra in corso. La sola trasmissione di approfondimento del Servizio Pubblico sui temi di grande attualità in prima serata rimane Cartabianca su Rai Tre che pure ad alcuni non va bene, da fastidio, perché accusata di avere ospiti sgraditi … che “sparano cazzate” in nome dello share. Si potrà convenire o meno ma allora qualcuno si incateni al cavallo morente di Viale Mazzini per chiedere qualcosa di più o di meglio. Allo stesso modo, Fuortes non sapendo bene cosa fare, con sei mesi di anticipo si inventa la bizzarria della striscia di Damilano a settembre senza capo ne coda e dal Cda Rai non si levano segnali di fumo cosi come pure non si avvertono rumori di fondo, qualche essi siano.
Ieri sera abbiamo fatto tardi per seguire su La7 un documentario sul bombardamento di Cassino del 1943 e il giorno precedente per seguire un’altra puntata sulla vicenda televisiva e politica del leader ucraino Zelensky. Abbiamo letto che gli ascolti sono andati molto male. Su Cassino già sapevamo tutto ma abbiamo dovuto faticare a ricordare la sua assoluta nefandezza e inutilità, costata la vita di migliaia di civili inermi, come pure abbiamo faticato a ricordare le mostruosità operate dalle truppe coloniali impiegate su quel fronte di guerra a danno delle donne italiane (Sofia Loren, La Ciocara). Come abbiamo già scritto, la memoria è faticosa e la storia impegnativa: potrebbero costringere a leggere gli avvenimenti di oggi con gli occhiali di ieri e rendere tutto più chiaro. Sul capo del governo di Kiev, la visione di quella serie televisiva (fonte del suo successo politico) suscita, bene che vada, non poche perplessità e si capisce bene perché il pubblico non lo ha gradito. Quella che viene raccontata è una storia torbida e misteriosa, opaca e confusa, che ispira poca simpatia e tantomeno adesione.
Infine, nel corto circuito generale, animato solo da qualche generico e sintetico Tweet, spicca lo stato confusionale in cui versa la Vigilanza Rai dove alcuni volenterosi vorrebbero dettare regole per il talk show. Leggiamo oggi sulla stampa che l’autore dell’atto di indirizzo (Barachini) potrebbe ripensarci … ma si .. dai .. ripensaci Presidente … forse è meglio.
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