Quanto basta per ritenere che il Piano industriale approvato la settimana scorsa parte con le gomme bucate, poca benzina e senza navigatore attivato, posto pure che sia valido, attuabile e in grado di sostenere lo sviluppo del Servizio Pubblico e non lo crediamo.
Perché e percome siamo arrivati a tutto questo? piccolo passo indietro di pochi giorni. Il 5 marzo compare un testo a firma di Carlo Rognoni sul sito di Art. 21 con il titolo "Riorganizzare la Rai ci vuole coraggio. Tanto coraggio" riprendendo il tema proposto nei giorni precedenti dall'AD Salini, alla vigilia della sua "convocazione" a Palazzo Chigi. Rognoni ricorda ancora le virtù - presunte - di un progetto datato ormai da 21 anni, a firma di uno stimatissimo e prestigiosissimo Renato Parascandolo in grado di superare le riforma del 1975 che paralizza il Servizio Pubblico nella sua divisione per reti e canali. Infine, si preoccupa di di chi e di come verranno nominati i direttori delle nuove direzioni. Sul tema incontro Salini-Salvini il 6 marzo si aggrega pronto Pier Luigi Celli, uno che certamente la sa lunghissima sui rapporti tra politica e Rai (oggi Travaglio dalle colonne del fatto gli ricorda gentilmente come diventò DG Rai) che invita l'AD a prendere il cappotto e andare via per poi aggiungere ricordando l'idea di porre la Rai sotto la governance di una Fondazione.
A stretto giro di posta si aggiunge Vincenzo Vita, già sottosegretario alle Tlc in tre governi, che sul PI vede le premesse peggiori possibili. Al netto delle difficoltà e dei problemi, Vita ritiene che ciò che rimane è "comunque interessante" per come si potrà superare l'attuale modello organizzativo di Rai, sempre che si possa mettere mano con una nuova legge a colpire il mostro bicefalo del sistema Tv italiano con due soggetti proprietari di tre reti ciascuno. Il 7 marzo, si aggrega la SLC CGIL, che si preoccupa del "ridimensionamento del progetto iniziale dello stesso" (quale?), concorda con la creazione di nuove direzioni orizzontali, è contraria alla nomina del nuovo DG (Ciannamea in quota Lega? e scrivere una frase del genere rende i tasti della tastiera duri come porfido rosso) e si interroga su come la Rai possa sostenere i costi del nuovo PI.
Il giorno successivo, l'8 marzo, compare su FB un testo a firma Riccardo Laganà che articola dettagliatamente i motivi del suo NO al PI con due pilastri di fortissima solidità: la trasparenza e le risorse economiche. Ribadisce la sua adesione alla filosofia del PI che "piace tantissimo".
Lo stesso giorno, arriva l'intervista al Presidente Marcello Foa sul Messaggero tutto ispirato alla difesa del pluralismo e contrario alla testata unica e, a proposito del quadro politico nazionale, lancia un messaggio al neo segretario PD Nicola Zingaretti: "conosce il valore del dialogo". Infine, questa campana viene ripresa da Stefano Balassone dalle colonne di Repubblica di sabato 9 marzo che si interroga dubitoso su cosa sarà Zingaretti "uomo o caporale"? e giù via infiocchettando sul futuro del segretario del PD. Detta da tale pulpito, si tratta di una predica significativa.
Giunti a questo punto,le idee cominciano a chiarirsi e poniamo una domandina semplice semplice: se oggi la Rai, come abbiamo scritto in premessa, si sente poco bene e non riesce a guarire da un atavico mal di pancia, qualcuno ne sarà responsabile o no? e questo qualcuno ha avuto o no le redini, i poteri, per intervenire o modificare o incidere sul complesso legislativo e regolamentare che impatta sul Servizio Pubblico o no? Alcuni tra i citati sopra, in buona compagnia di tanti altri altrettanto autorevoli e stimatissimi studiosi ed esperti, hanno qualcosa di ridire o da riflettere su perchè e percome seppure hanno avuto tante buone idee o non sono stati capaci di attuarle o non hanno potuto o peggio ancora non hanno voluto in nome di equilibri politici oscuri e malmostosi? Dice nulla, ricorda qualcosa, il Patto del Nazareno o gli inciuci dei periodi precedenti? Ca va sans dire ... In Italia, per molti anni, ha governato un certo signor Berlusconi e non è cosetta da poco.
Si ... si comincia a diradare la nebbia e si stagliano le figure di vincitori e vinti e si comprende sempre più perchè la Rai e il Paese si trovano in queste condizioni. Le pere cascano sempre dal pero.
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