lunedì 13 maggio 2024

RAI: i dubbi amletici

Foto di Raphael W. da Pixabay


La RAI è o non è ???

Something is rotten in the state of Denmark” disse Marcellus (W.S. Amleto, atto I, scena IV). La frase poi è stata tradotta in molti modi: la versione più comune è “C’è qualcosa di marcio in Danimarca” ma ne esistono altre più “morbide” come “V’ha nello stato / Di Danimarca qualche vizio occulto” oppure “V’è qualche molla corrotta nello Stato di Danimarca” e infine la più deliziosa “Pur troppo / V’è in questo Danio suolo inferma cosa” (da Treccani).

Del tutto naturale che una frase del genere si presta assai bene per essere usata nelle più disparate situazioni e a noi viene giocoforza poterla utilizzare, talvolta, per trattare la situazione della RAI ai giorni nostri. Per carità! Senza esagerazioni gratuite e generiche. E però … in questi mesi, settimane e giorni.. qualcosa di “strano” dentro e intorno a Viale Mazzini è avvenuto e altro potrebbe ancora avvenire. Chiariamo subito un concetto dirimente: la cosiddetta “Telemeloni” non nasce dal nulla, il cambiamento, il mutamento antropologico, culturale e politico della RAI è in corso da decenni. Il Governo attuale non ha fatto altro che raccogliere i frutti avvelenati di un albero malato che è cresciuto da anni nei giardini di Viale Mazzini.  

La “RAI di destra” per paradossale che possa apparire c’è sempre stata e, anzi, in un passato nemmeno poi tanto lontano e per molti aspetti, era pure più di destra destra. Per semplificare: Berlusconi a Viale Mazzini non è passato invano. Durante la sua stagione sono stati gettati i semi che ora vediamo germogliare. Forse è ancora troppo prematuro per valutare dettagliatamente le analogie e le differenze. Certo è che il filo di continuità e di contemporaneità non si è mai interrotto.

Ecco il punto: cercare di interrompere subito questo filo, provare a gettare sabbia nel meccanismo, tentare di invertire il controllo politico del Governo e dei partiti sulla direzione della RAI cercando di affidarla a chi può dar prova provata, confrontata,  di autonomia, esperienza e capacità.  

Nei giorni scorsi hanno tenuto banco i vari Amadeus, il caso Scurati, Franco Di mare, lo sciopero dei giornalisti, il confronto tra la Meloni e la Schlein, lo “strano caso” del televoto a Eurovision Song Contest e così via. Tutti temi di grande interesse. Ma è la somma di tutti insieme è la cifra che merita attenzione. Si sta disegnando una RAI incerta, confusa e asservita più di quanto mai è avvenuto prima. Inoltre, con una debolezza strutturale sulle risorse che la rende particolarmente esposta ad ogni crisi e debole nelle prospettive. Banale ripeterlo: il canone fragile e indeterminato e le risorse pubblicitarie tendenzialmente in declino.

Nei giorni scorsi è stato presentato un volume con il titolo “Chi vuole uccidere il cavallo?” dove sono raccolti vari interventi sul futuro della RAI. Manca però un interrogativo correlato: “Perché si vuole uccidere il cavallo?”. Rispondere al primo interrogativo potrebbe apparire relativamente facile: sono tanti i nemici del Servizio Pubblico, dei servizi pubblici quali che essi siano (sanità, scuola, trasporti etc) in quanto tale ma, aggiungiamo noi, anche qualche “amico” fortemente suggestionato o affascinato dal “mercato” in nome del quale si è pronti a sacrificare baracca e burattini. Da non dimenticare mai chi furono i pionieri delle privatizzazioni in Italia e chi, anche recentemente, chi ne ha raccolto l’eredità con grande enfasi di una certa “sinistra”: il salvatore della Patria Mario Draghi. La risposa al secondo interrogativo è quindi complementare e subordinata: meno “cavallo” e più mercato. Una RAI ridimensionata nello spazio che occupa e nelle risorse che attrae è vantaggioso per molti, per tutto il “mercato” audiovisivo e la riorganizzazione, la messa a punto di questa nuova dimensione, avverrà proprio a partire dai prossimi giorni, ovvero da quando sarà noto se e quando verrà composto il nuovo Cda di Viale Mazzini che condurrà l’Azienda verso il rinnovo della Concessione del 2027.

Ecco allora scendere il cielo sulla terra che ci porta a ribadire con chiarezza quanto stiamo scrivendo in questi giorni: non ci sono altre battaglie più rilevanti che non cercare di opporsi alla nomina del Cda RAI con i vecchi criteri della Legge 220. Tutto il resto è fuffa.

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